Il porporato ha celebrato stamani, 3 aprile, nella basilica di San Pietro, la Messa che ha concluso Seconda Assemblea sinodale della Chiesa italiana e nella sua omelia ha sottolineato che, in un mondo di imperante”, “sfacciato”, “sofferente”, “individualismo”, il cammino sinodale riporta alla dimensione essenziale della comunità. Occorre ripartire tenendo a mente l’invito del Papa a guardare “la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Unite “nell’amore a Papa Francesco”, le diverse Chiese e comunità italiane, che “hanno camminato” e si sono impegnate “in tante consultazioni e confronti” e che si sono ritrovate in Vaticano, dal 31 marzo al 3 aprile, per la Seconda Assemblea sinodale, hanno concluso oggi i lavori a mezzogiorno, con una Messa presieduta dal presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Matteo Zuppi.
La dimensione essenziale della comunità
Nella sua omelia il porporato ha richiamato all’unità: “Amiamo e difendiamo ad ogni costo l’unità, dall’Oriente all’Occidente che, poi, è sempre la premessa per la pace”, ha affermato. E ha evidenziato che il cammino sinodale riporta alla dimensione essenziale della comunità, “in un mondo di imperante”, “sfacciato”, “sofferente”, “individualismo”, che “fa star male, dove non a caso è prevalente la logica della forza, di vecchi nazionalismi che si rieditano e trovano tanto spazio proprio perché così poco c’è il senso di comunità e di comunità universale che si ritrova insieme”. E se, come ha detto Papa Francesco, “la tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi”, ha ricordato il cardinale Zuppi, “è lo Spirito che ci unisce, lo Spirito che diventa comunione che genera comunione, che fa cambiare strada o che ci fa trovare la strada, quel legame santo da amare e difendere sempre”. E allora bisogna stare “attenti a chi ci libera con l’arroganza delle proprie convinzioni che portano spesso a disprezzare l’altro come anche di rinunciare a portare la propria originalità”. Occorre ripartire tenendo a mente l’invito del Papa a guardare “la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo”, perché se “lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti, lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia”.
“Il cammino è insieme”
Per il presidente della Conferenza episcopale italiana, “nella sinodalità il cammino è insieme”, essendo “servi gli uni degli altri, relativizzandoci gli uni agli altri, costruendo relazioni affettive, perché la Chiesa non è un’idea ma un incontro, una relazione” dove “al centro c’è il Signore per cui perdere la vita” o le proprie “idee che la conservano”. Se, invece, “in primo luogo ci sono i nostri progetti, le nostre strutture e i nostri piani di riforma” si scade “nel funzionalismo, nell’efficientismo, nell’orizzontalismo e non porteremo frutto”, ha aggiunto il porporato citando ancora Papa Francesco. Perciò il cammino della Chiesa, “che non è un itinerario già predefinito, ma andare dietro a Gesù, ci fa incontrare” l’“umanità in cammino secondo lo Spirito, non un Parlamento” in cui “reclamare diritti e bisogni secondo l’agenda del mondo”, non è “l’occasione per andare dove porta il vento, ma l’opportunità per essere docili al soffio dello Spirito”. Da qui l’incoraggiamento del cardinale Zuppi a camminare insieme, “perché siamo chiamati ad essere un cuore solo e un’anima sola”, a discernere la voce dello Spirito che “di fronte agli incroci dell’esistenza, ci suggerisce la strada migliore da prendere”.
Testimoniare il Signore
“In un mondo di divisioni, di violenza e paura” è necessario “uscire”, “annunciare”, “non restare chiusi in noi stessi”, ha poi esortato il porporato, “essere una casa accogliente”, non concentrarsi solo sui propri “problemi e interessi, “sulla difesa strenua” delle proprie “appartenenze nazionali e di gruppo”, “aprirsi a tutti”. “La Chiesa non si programma e i progetti di ammodernamento non bastano”, ha proseguito il cardinale, spiegando che “lo Spirito ci libera dall’ossessione delle urgenze e ci invita a camminare” sulle “vie della testimonianza”, “della povertà”, “della missione, per liberarci da noi stessi e inviarci al mondo”. I cristiani, insomma, devono testimoniare non se stessi “ma il Signore, solo il Signore”, perché “siamo il riflesso dell’amore di Dio e lo siamo se mettiamo in alto la sua luce, ci liberiamo dal protagonismo”. “Gesù non riceve gloria dagli uomini. La gloria più grande è l’amore”, ha concluso Zuppi, chiarendo che “solo uomini spirituali”, ossia capaci di cambiare “il cuore nella fede” e che “si appassionano al mondo” possono “condurre l’umanità a un destino migliore”.