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Zuppi: il Papa ha riacceso la gioia in credenti spenti e prigionieri della paura

Il cardinale presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha celebrato questo pomeriggio, 23 aprile, all’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, una Messa in suffragio di Francesco. Ha ricordato i gesti più significativi del Pontefice che “ha speso fino alla fine tutto della sua vita, con tanta libertà evangelica perché legato al Vangelo. Senza supponenza, scegliendo la semplicità”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Gli infiniti incontri, i dialoghi e i discorsi aiuteranno “a guardare avanti”. Dall’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha iniziato con queste parole, nel primo pomeriggio di oggi, 23 aprile, la Messa in suffragio a Papa Francesco, accompagnato da una delegazione della Cei. Il porporato ha rievocato le svariate visite del Pontefice “in luoghi di tanti santi e presenze importanti nella Chiesa italiana, che ha indicato come luoghi da cui ripartire, per una Chiesa che parla a tutti, che va incontro a tutti, che comunica con gioia il suo Vangelo”. Nella sua omelia, poi, ha rivolto anzitutto un ringraziamento a Dio “per gli infiniti doni” giunti alla Chiesa e a tutti attraverso Papa Francesco: “le sue parole, la sua presenza, il suo sorriso, la sua visita, le sue correzioni, le sue insistenze”, quindi ha richiamato gli ultimi gesti del Vescovo di Roma. In particolare, la sua visita al carcere di Regina Coeli, l’“essere misericordia verso i più vicini e verso tutti”, “andare in mezzo alla gente”.

Ha speso la vita con tanta libertà evangelica

“Sentiamo tanta emozione nel celebrare in questa casa” ha detto Zuppi, spiegando che la Basilica di San Pietro “ci riporta al ministero affidato da Gesù a Pietro, primato indispensabile che serve e rappresenta la comunione, antidoto al banale protagonismo, sconfitta dell’egoismo, dimensione presente e soprattutto futura”. E per il 265.mo Successore di Pietro Zuppi ha chiesto di pregare, esortando, come diceva lui, ad “andare al di là di quello che pensiamo”, ad “avere un cuore largo, perché il popolo di Dio è sempre più largo di quello che pensiamo noi”. “In questa casa comune che è il nostro Paese, ma che è anche il mondo segnato da tante divisioni”, dove gli uomini sono “incapaci di pensarsi insieme, di ascoltare il grido dei poveri” e ci “si lascia persuadere dalla logica della forza e non da quella del dialogo”, c’è da ringraziare Dio “per il dono di questo padre, pastore, fratello perché obbediente al Vangelo”, ha aggiunto il presidente della Cei. E ha evidenziato che il Papa “ha speso fino alla fine tutto della sua vita, con tanta libertà evangelica perché legato al Vangelo. Senza supponenza, scegliendo la semplicità”.

Il Papa ha riacceso la gioia in noi credenti spenti

Proprio sulla semplicità di Francesco si è soffermato il cardinale, specificando che questa semplicità “avvicinava gli altri”, ha reso familiare la Parola. E con le sue parole e i suoi gesti oggi “continua ad indicarci la via”, ha insistito, “a riaccendere la gioia, a rimettere al centro le parole di Gesù, il kerygma, liberandolo da tante glosse personali e ecclesiastiche che lo rendono inefficace, tanto da non parlare più al cuore”. “E allora sentiamo di nuovo Papa Francesco che si affianca, come ha fatto in maniera instancabile in questi anni del suo ministero, a noi credenti spenti di entusiasmo e resi prigionieri dalla paura”. Bergoglio ci ha fatto vedere fino alla fine come seguire la strada di Gesù e donarsi, sono state ancora le sottolineature dell’arcivenscovo di Bologna che, infine, ha ripetuto le tre parole pronunciate dal Papa a Firenze nel 2015 nel discorso che ha accompagnato e animato il cammino sinodale: quell’invito a essere “umili, disinteressati, beati per una Chiesa non difensiva per timore di perdere qualcosa”, ma che “deve avere il volto di madre che comprende, accompagna, accarezza”, “inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati”.



Dal sito Vatican News

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