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World Index 2024 – Famiglia Cristiana



Italia male, ma non malissimo

L’Italia si piazza al 34° posto della classifica globale, dopo Spagna, Francia e Germania. E sebbene si collochi tra i Paesi con un’“alta implementazione dei diritti umani”, l’analisi disaggregata rivela una realtà meno rosea: soprattutto sul fronte dei diritti delle donne, il nostro Paese retrocede, collocandosi nella fascia di implementazione “moderata”, a causa del peggioramento delle opportunità economiche, dell’accesso all’educazione e della partecipazione ai processi decisionali. Sul versante dei diritti dei bambini, invece, l’Italia registra lievi miglioramenti legati principalmente alla salute, mentre preoccupano il capitale umano ed economico, minacciato da povertà intergenerazionale e diseguaglianze educative.

I Paesi nordici – Svezia, Islanda e Norvegia – si confermano al vertice della classifica, grazie a sistemi di welfare consolidati e alla centralità data ai diritti delle fasce più vulnerabili. All’estremo opposto, fanalino di coda è il Ciad, seguito da altri Paesi dell’Africa centrale e occidentale. Destano preoccupazione anche contesti come Afghanistan, Libano e Palestina, segnati da instabilità e conflitti che peggiorano ulteriormente le condizioni di donne e bambini.

Il focus tematico del World Index 2024 è il diritto delle giovani generazioni ad avere un futuro: un diritto che comprende la possibilità di vivere in un mondo che offra pari opportunità, sostenibilità e benessere. Per raccontarlo, WeWorld ha voluto ascoltare le voci dei diretti interessati: 10.000 bambini, bambine e adolescenti tra i 10 e i 18 anni, provenienti da 41 Paesi. Le loro testimonianze dipingono un mondo in cui povertà, disoccupazione ed epidemie rappresentano le principali paure per il futuro. Tra le risposte, emerge un paradosso: nei Paesi a reddito medio-alto i giovani sono spesso più infelici e incerti rispetto ai coetanei di contesti più svantaggiati. Meno felici, più ansiosi, meno consapevoli dei propri diritti. Come se il benessere materiale non bastasse più a dare senso all’esistenza.

Nel corso dell’evento, sono stati proiettati anche due brevi film per sensibilizzare sui diritti dell’infanzia: uno dedicato all’impegno di WeWorld in Tanzania e un corto animato inedito, Amal, realizzato da WeWorld con Factanza e finanziato da ECHO. Il film racconta la storia di una bambina siriana che ogni mattina si sveglia per andare a scuola, sfidando la precarietà del suo contesto. Una metafora potente di resilienza e speranza, che rappresenta milioni di altri bambini nel mondo.

«Abbiamo voluto amplificare la voce di bambini, bambine e adolescenti, ancora fortemente sottorappresentati nei summit internazionali» sottolinea con decisione Dina Taddia, CEO di WeWorld. «Si parla spesso di loro, in Italia e all’estero, ma non li si ascolta abbastanza». Taddia evidenzia come l’ascolto attivo sia un punto cruciale del cambiamento: «Questa è una delle maggiori evidenze dell’Index di quest’anno. Auspichiamo che questa consultazione partecipata possa fare da apripista per un futuro in cui vulnerabilità, bisogni ma anche speranze dei giovani vengano finalmente ascoltati, e in cui bambini e bambine vengano messi al centro dell’azione, non solo delle organizzazioni umanitarie, ma dei programmi di tutta la comunità internazionale».

Il report offre anche uno spaccato sulle condizioni concrete vissute dai bambini nel mondo. In Africa centrale e occidentale, quasi un bambino su tre non va a scuola regolarmente. In tutto il mondo, uno su dieci lavora e uno su sette con disabilità non frequenta le lezioni. L’insicurezza alimentare colpisce duramente i bambini con disabilità, aggravando ulteriormente il loro svantaggio. E più di uno su dieci dichiara di non sentirsi felice. È emerso inoltre che chi va a scuola e riesce a mangiare con regolarità tende a essere più felice. Esiste dunque un legame diretto tra diritti garantiti e benessere emotivo.

Dal punto di vista della consapevolezza, il quadro non è più rassicurante. Oltre un quinto dei bambini ha una percezione debole dei propri diritti. I ragazzi, in particolare, sembrano più disillusi rispetto alle ragazze. Questo divario è ancora più marcato tra chi proviene da famiglie con basso status socioeconomico. In molti casi, vivere in un contesto che promuove i diritti fa la differenza: chi si sente ascoltato e sostenuto dagli adulti sviluppa una maggiore coscienza di sé come soggetto titolare di diritti.

Anche in Italia le cose non vanno meglio. Un bambino su dieci dichiara di non essere felice, e il 6% lavora già. Quasi uno su cinque ha una percezione debole dei propri diritti, e più della metà lamenta che gli adulti non chiedano mai la sua opinione. Le maggiori preoccupazioni? Mancanza d’acqua, guerre e violenza. Più di uno su quattro afferma di non immaginare il proprio futuro in Italia. Un dato che fa riflettere, soprattutto in un Paese che spesso si percepisce come “avanzato”.

A questo proposito, Meg Gardinier, Segretaria Generale della ChildFund Alliance, invita a cambiare paradigma: «Le bambine e i bambini non sono semplici destinatari di aiuto: sono agenti attivi nel plasmare il proprio futuro. La nostra sfida ora è abbattere le barriere che impediscono la loro reale inclusione nei processi decisionali». Per Gardinier, non si tratta di un gesto simbolico, ma di un diritto: «Dobbiamo smettere di considerare la partecipazione dei bambini e delle bambine come un ‘valore aggiunto’ e iniziare a riconoscerla come un diritto non negoziabile».

Nel sondaggio globale, ai bambini è stato chiesto anche cosa dovrebbero fare gli adulti per garantire loro un futuro migliore. Le risposte convergono su cinque ambiti principali: garantire il diritto all’educazione, proteggere dall’abuso e dalle discriminazioni, ascoltare le opinioni dei giovani, offrire comprensione e rispetto, e avere figure adulte capaci di accompagnare, sostenere e guidare.

Cinque richieste semplici. Eppure, il solo fatto che siano ancora necessarie dice molto su quanto ci sia ancora da fare. Forse davvero, come ricorda Dina Taddia, «questo è il momento di passare dal parlare dei bambini ad ascoltarli». Solo così potremo garantire loro non solo un futuro, ma un presente degno.





Dal sito Famiglia Cristiana

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