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“Viva la poesia!”, in un libro il magistero del Papa sull’arte poetica


Pubblicata da Ares una raccolta dei testi di Papa Francesco sull’importanza della poesia e della letteratura, nella formazione e nell’educazione, come nel dialogo fra Chiesa e cultura contemporanea. In un biglietto autografo al curatore, padre Antonio Spadaro, Francesco esprime il desiderio che la poesia salga in cattedra nelle Università Pontificie

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Il romanzo, la letteratura legge il cuore dell’uomo, aiuta ad accogliere il desiderio, lo splendore e la miseria. Non è teoria. Aiuta a predicare, a conoscere il cuore”. Così si esprimeva Papa Francesco nel 2016 in un’intervista a padre Antonio Spadaro, allora direttore della rivista La Civiltà Cattolica. Oggi, quasi allo scadere del dodicesimo anniversario del Pontificato, il teologo e critico letterario gesuita, attualmente sotto-segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, riprende il filo di quella conversazione con il Papa e cura la pubblicazione di “Viva la poesia!” (Milano, Edizioni Ares, marzo 2025, pagine 224, euro 18,50) la prima antologia dei testi in cui il Pontefice argentino esprime il suo singolare magistero sulla poesia e la letteratura.

Si tratta di una raccolta di estratti da encicliche, esortazioni apostoliche, discorsi e messaggi, ma anche prefazioni, interviste e lettere personali, in cui il Papa si è riferito all’importanza della scrittura poetica. Tra questi, spiccano per profondità e chiarezza, la recente “Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione”, del 17 luglio 2024, e la sua “Lettera ai poeti”, pubblicata nel volume “Versi a Dio. Antologia della poesia religiosa”, edito, sempre nel 2024, da Crocetti.

La poesia è parte integrante del magistero

A introdurre i testi papali c’è un saggio critico in cui lo stesso Spadaro prova a fornire le chiavi di lettura per comprendere l’intelligenza letteraria del Pontefice, delineando l’ampio panorama degli autori – dagli argentini Borges e Marechal, a Dostoevskij, a Manzoni e Dante – che hanno costellato la sua formazione. “Nel suo magistero pontificio – scrive Spadaro – Francesco include il logos poetico e simbolico come parte integrante del suo discorso” – cioè cita spesso poeti e scrittori – “e questo è un dato decisamente rilevante”. Solo per fare un esempio, nell’Esortazione apostolica “Querida Amazonia”, il Papa riporta citazioni di ben 17 scrittori e poeti. In chiusura del libro, un’intervista al giornalista argentino Jorge Milia, alunno del prof. Bergoglio quando, a metà degli anni sessanta, insegnava al Liceo di Santa Fe in Argentina, svela alcuni aspetti della passione dell’allora giovane gesuita per la letteratura e l’arte. Il suo approccio didattico creativo, che si spingeva fino a invitare gli studenti a scrivere racconti – poi editi con prefazione di Jorge Luis Borges – e il suo contributo alla nascita in ambito scolastico di un gruppo rock giovanile ispirato alla musica dei Beatles.

“La poesia salga in cattedra”

Ad aprire il testo, c’è però soprattutto un breve autografo di Papa Francesco. Un biglietto in cui, oltre ad esclamare “Viva la poesia!” e a ringraziare il curatore del volume, il Pontefice afferma che dovremmo “recuperare il gusto per la letteratura nella nostra vita, ma anche nella formazione, altrimenti siamo come un frutto secco”. “La poesia – aggiunge Francesco – ci aiuta tutti a essere umani, e oggi ne abbiamo tanto bisogno”. Da sottolineare come nel testo il Papa esprima il suo desiderio che la poesia salga “in cattedra” nelle Istituzioni accademiche pontificie.

Una fede che non sa più immaginare

“Papa Francesco usa spesso la parola ‘poeti’: la letteratura, la musica e l’arte sono capaci per lui di esprimere e nutrire l’immaginario”, aveva affermato Spadaro nel 2022 in un podcast per Radio Vaticana Vatican News. “Uno dei gravi problemi della fede per lui consiste nel fatto che non riusciamo a immaginare le verità in cui crediamo: ci mancano le immagini potenti. La poesia dunque per il Papa è la sintassi dell’azione, che richiede genialità e creatività”.  

Immagine dalla copertina del libro "Viva la poesia!", curato da Antonio Spadaro

Immagine dalla copertina del libro “Viva la poesia!”, curato da Antonio Spadaro

“Serve un linguaggio nuovo e potente”

Le riflessioni di Francesco selezionate dallo stesso Spadaro in questo volume, oltre a sottolineare il ruolo fondamentale della poesia e della letteratura nella formazione umana e spirituale – per “comprendere meglio sé stessi e gli altri” – esplorano anche l’importanza della creatività e dell’immaginazione nella vita e nella fede, incoraggiando l’uso di un “linguaggio nuovo e potente” per comunicare il messaggio evangelico. “Il pensiero della Chiesa deve recuperare genialità e capire sempre meglio come l’uomo si comprende oggi per sviluppare e approfondire il proprio insegnamento”, affermava il Papa in un’intervista pubblicata su “La Civiltà Cattolica” nel 2013. “La poesia è piena di metafore”, dirà poi alla comunità de “La Civiltà Cattolica” nel 2017. “Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto”.

 

“La Chiesa deve stare attenta a non cadere nella trappola del linguaggio banale, delle frasi che si ripetono in modo meccanico e stanco”, scrive nel 2023 nella prefazione al volume “Una trama divina. Gesù in controcampo”, dello stesso Spadaro. “Il Vangelo – aggiunge – deve essere fonte di genialità, di sorpresa, capace di scuotere nel profondo”. “Faccio un appello: in questo tempo di crisi dell’ordine mondiale, di guerra e grandi polarizzazioni, di paradigmi rigidi, di gravi sfide a livello climatico ed economico abbiamo bisogno della genialità di un linguaggio nuovo, di storie e immagini potenti, di scrittori, poeti, artisti capaci di gridare al mondo il messaggio evangelico, di farci vedere Gesù”, scriveva ancora il Papa. “Compito dei credenti, e dei sacerdoti in particolare, è proprio ‘toccare’ il cuore dell’essere umano contemporaneo affinché si commuova e si apra dinanzi all’annuncio del Signore Gesù” – aggiungeva nella sua “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione” –  “ed in questo loro impegno l’apporto che la letteratura e la poesia possono offrire è di ineguagliabile valore”. E ancora nello stesso testo: “la letteratura aiuta il lettore ad infrangere gli idoli dei linguaggi autoreferenziali, falsamente autosufficienti, staticamente convenzionali, che a volte rischiano di inquinare anche il nostro discorso ecclesiale, imprigionando la libertà della Parola”.

Poeti capaci di farci toccare Gesù

Sembra chiaro dunque che, oltre all’importanza nell’educazione e formazione dei sacerdoti e degli agenti pastorali, la poesia e la letteratura siano, nel magistero di Papa Francesco, lo strumento più idoneo a favorire il dialogo tra fede cristiana e cultura contemporanea e dunque far comprendere e comunicare meglio il messaggio cristiano. “Io pure sento, vi confesso – ribadisce Francesco nella sua “Lettera ai poeti” – il bisogno di poeti capaci di gridare al mondo il messaggio evangelico, di farci vedere Gesù, farcelo toccare”.

La poetica di Francesco

Nella sua prefazione Spadaro approfondisce e interpreta alcune direttive del pensiero poetico di Francesco mettendole in relazioni con i suoi autori prediletti. “La vita è – spiega – il paragone delle parole, e dunque la parola poetica che Bergoglio ama è quella che ha un rapporto intimo con la vita e che fornisce le immagini, le metafore e i termini per esprimerla”. La sua “passione per la tragedia”, e quindi per i romanzi di Dostoevskij, nasce dalla sua attenzione per le “opposizioni polari”, come le chiama Romano Guardini. L’amore per una poesia che sappia cogliere la “complessità poliedrica” dell’esistenza deriva dalla sua predilezione per un “pensiero incompleto, per cui due più due non fa sempre quattro” che è il contrario del pensiero unico, globalizzato”. La sua passione per la letteratura classica, intesa come “popolare”, è stata coltivata dalla lettura di autori argentini come Hernández, Güiraldes e Marechal. Quella per le opere che mettono in campo la misericordia e la poetica della “classe media” s’incarna nelle opere di Malègue e Manzoni. E ancora quella per il cosiddetto “homo viator”, in missione, nell’Eneide di Virgilio, ma anche in Pemán e Tolkien.

Abbiamo perso le parole

“La nostra umanità, e a maggior ragione l’abilità al ministero pastorale, – conclude bene Spadaro commentando la “Lettera ai poeti” di Francesco – non si forma senza un contatto diretto con le storie raccontate. Abbiamo sviluppato una formazione troppo concettuale perché possa reggere al confronto con l’esperienza: abbiamo perso le parole e ripetiamo le formule”.



Dal sito Vatican News

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