Nevianonline.it
Sito ufficiale della Parrocchia Matrice San Michele Arcangelo. Neviano Lecce.

Usa-Iran, al via nuovi colloqui sul nucleare

La notizia dell’avvio di negoziati tra Washington e Teheran, previsti da sabato in Oman, è stata comunicata dal presidente degli Usa, Donald Trump, al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, durante il vertice alla Casa Bianca. Una mossa in contropiede durante un summit che non sembra essere andato secondo le aspettative di Tel Aviv. Tra gli altri temi di frizione anche i dazi e il rapporto con la Turchia.

Roberto Paglialonga – Città del Vaticano

L’avvio di colloqui “diretti e di alto livello” con l’Iran, che prenderanno avvio sabato e, se non avranno successo, “metteranno il Paese in grande pericolo”; la liberazione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas e il rilancio del piano “immobiliare” Usa per la Striscia; il tema dei dazi, sui quali “no, non stiamo esaminando alcuna pausa”, sono stati i principali elementi che il presidente degli Usa, Donald Trump, ha discusso con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, nel corso dell’atteso incontro tenutosi lunedì nello Studio Ovale alla Casa Bianca. Ma, nonostante i sorrisi e le esternazioni di grande sintonia (“Trump è uno straordinario amico”, ha detto Netanyahu; “sono il migliore presidente che Israele abbia mai visto”, ha sottolineato Trump), gli esiti del vertice hanno evidenziato più di un punto di criticità tra le parti. E diversi esperti hanno intravisto qualche scricchiolio già nel fatto che la conferenza stampa congiunta nella East Room, ampiamente annunciata in precedenza, sia stata poi invece annullata – forse per evitare domande scomode sull’andamento dell’economia – e sostituita con una breve sessione di domande e risposte con i giornalisti.

Negoziati tra Washington e Teheran in Oman

Sui negoziati tra Washington e Teheran, Netanyahu è parso costretto ad abbozzare: si è detto “favorevole” ad una soluzione diplomatica “sul modello della Libia” (l’accordo del 2003 tra Muammar Gheddafi e l’Occidente portò allo smantellamento totale delle infrastrutture nucleari di Tripoli, n.d.r.), ma ha anche ribadito che “non deve essere permesso” all’Iran di avere “l’arma atomica”. Tuttavia, sostengono alcuni analisti come Lazar Berman su «The Times of Israel», Netanyahu e i suoi collaboratori “sono sembrati sorpresi dall’annuncio” degli Usa. Un contropiede al quale il presidente Usa ha ormai abituato anche i suoi più stretti alleati. Da Teheran nelle ore successive hanno corretto in parte il tiro dell’annuncio americano, facendo sapere che i contatti saranno solo “indiretti”, perché “la negoziazione che gli Usa impongono attraverso pressioni e minacce, è di fatto una imposizione e noi non crediamo in questo metodo”, e che le riunioni si svolgeranno con la mediazione dell’Oman. Il Paese degli ayatollah ha poi smentito, come sempre, di lavorare all’arma atomica e anche stavolta ha respinto l’opzione di smantellare l’intero programma nucleare, perché “le nostre attività sono senza dubbio pacifiche”. Ma è indubbio che, pur tra molte incognite, qualcosa inizi a muoversi.

L’accordo sul nucleare del 2015

Tra Usa e Iran le relazioni diplomatiche mancano da 45 anni. L’intesa del 2015 tra Teheran e i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu – più la Germania, e con gli Usa sotto la presidenza di Barack Obama – aveva in qualche modo tenuto sotto controllo il programma nucleare iraniano grazie alla supervisione dell’Aiea, ma tre anni dopo l’intesa era stata stracciata proprio da Trump nel suo primo mandato alla Casa Bianca, portando al ripristino delle sanzioni secondarie, che ora dovrebbero rientrare nelle discussioni a partire da sabato. Il presidente Usa dice di voler puntare ad un accordo “diverso e forse molto più solido”, ma ancora non risultano definiti i contorni del piano: rimane sul tavolo una vaga minaccia di “opzione militare” in caso di fallimento negoziale.

Le pressioni per un nuovo cessate-il-fuoco a Gaza

Quanto al lavoro per riportare a casa i sequestrati dalla Striscia – è da segnalare tra l’altro che anche in queste ore decine di migliaia sono i familiari che protestano a Tel Aviv e a Gerusalemme davanti alla casa del premier – su pressione di Trump, che ha anche dichiarato come per gli Stati Uniti “avere una forza di pace americana che controlla e possiede Gaza sarebbe una cosa buona”, Netanyahu ha sottolineato di “essere al lavoro per un nuovo accordo, che speriamo abbia successo”. Una fonte egiziana informata ha riferito al quotidiano saudita «Asharq Al-Awsat» i dettagli di una nuova proposta avanzata dal Cairo che prevederebbe il “rilascio di otto ostaggi vivi in cambio di una tregua di 40-70 giorni”, ma nel frattempo non si segnalano novità significative in tal senso.

Trump non arretra sui dazi

Anche sulla questione delle tariffe l’allineamento non c’è stato. Il leader israeliano ha assicurato di voler eliminare “in fretta” il deficit e le barriere commerciali con gli Usa, ma Trump – nonostante la sua portavoce abbia definito ieri sera “produttivo” l’approccio di Israele – non ha fornito rassicurazioni sulla sua volontà di abbassare o eliminare i dazi, evitando di prendere impegni sostanziali in tal senso e ribattendo: “Non dimenticate, aiutiamo molto Israele. Diamo a Israele 4 miliardi di dollari all’anno, è tanto”. E anzi, parlando in generale e riferendosi a tutti i Paesi interessati dalle misure, ha minacciato che “le sanzioni potrebbero essere permanenti”, pur aprendo alla possibilità di negoziati. I dazi sui prodotti israeliani – tra i più colpiti, quelli dell’alta tecnologia, della chimica e della farmaceutica – sono al 17%, e non è servito al ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, disporre l’eliminazione delle imposte israeliane dell’1% sui beni statunitensi proprio pochi giorni prima delle imposizioni annunciate da Trump

La Turchia tra Usa e Israele

Infine, altro punto di – quantomeno parziale, sebbene significativa – discrepanza tra i due alleati è quello che ha riguardato la Turchia, in particolare rispetto al suo ruolo nella nuova Siria, ora governata da Ahmed al-Sharaa, dopo la messa in fuga di Bashar al-Assad. Presenza, quella turca, che si scontra con le mire israeliane su alcune zone a sud di Damasco e nei pressi delle alture del Golan. Trump ha assicurato di “poter risolvere qualsiasi problema tra la Turchia e Israele”, dopo che Netanyahu aveva detto di non volere che Ankara “o qualsiasi altro paese utilizzi la Siria come base per attaccare Israele”, rivendicando anzi di avere “un ottimo rapporto” con Recep Tayyip Erdoğan, uno dei leader internazionali più critici verso le strategie israeliane. “Mi piace e io piaccio a lui. Posso risolvere qualsiasi problema, a patto che sia ragionevole. Dobbiamo essere ragionevoli”, ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca rivolgendosi al premier israeliano.

Nella Striscia ancora raid sulla popolazione

Intanto sul terreno la guerra continua incessante. Anche stamattina almeno 29 persone sono state uccise in raid su Gaza City e ieri si sono registrate altre 26 vittime in tutto il territorio. Raid anche su Khan Yunis e Nuseirat. L’Idf, per parte sua, segnala di aver colpito nelle ultime 24 ore circa 45 obiettivi di Hamas: impianti per la produzione di armi, una postazione di lancio con razzi pronti all’uso, strutture militari, depositi di armamenti e cellule di miliziani. Inoltre, secondo l’esercito, a Rafah, sono stati localizzati ingressi di tunnel e distrutte infrastrutture sotterranee utilizzate per attività terroristiche.



Dal sito Vatican News

Visualizzazioni: 0
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito web usa i cookies per migliorare la vostra esperienza di navigazione. Daremo per scontato che tu sia d'accordo, ma puoi annullare l'iscrizione se lo desideri. Accetto Leggi altro

Privacy & Cookies Policy