«Ormai da mesi i serbi scendono in piazza in manifestazioni di protesta guidate dagli studenti universitari, tanto che qui le chiamano “le proteste degli studenti”. La cosa straordinaria è che si tratta di manifestazioni pacifiche e molto bene organizzate dagli studenti che si stanno dimostrando davvero coraggiosi e capaci: io e la mia famiglia abbiamo partecipato alle ultime tre e devo dire che è sempre stata un’esperienza meravigliosa. Ma quello che mi stupisce è che, nonostante le dimensioni eccezionali delle manifestazioni, la copertura mediatica internazionale è scarsissima. Anche in Italia non ne parla quasi nessuno. Le vessazioni e le scorrettezze del Governo sono da lungo tempo note alla comunità internazionale, ma si è imposto un silenzio stampa che sta lasciando i serbi da soli in questa sfida epocale».
La riflessione, nonché appello, arriva a Famiglia Cristiana da parte di Paolo M., 50enne italiano, imprenditore, residente a Belgrado da tanti anni, sposato con un figlio. Preferisce restare nell’anonimato perché, spiega, gli stranieri ora sono molto attenzionati in Serbia. «Il clima è teso», dice Paolo, raggiunto al telefono, «e nel Governo c’è molto nervosismo». La goccia che ha fatto traboccare il vaso e scatenato la rabbia e la protesta è stato l’incidente del 1° novembre 2024, a Novi Sad, seconda città della Serbia, dove la tettoia della stazione ferroviaria in cemento, da poco restaurata, è crollata uccidendo 16 persone. All’indomani di quella tragedia tantissimi serbi a partire dagli studenti hanno cominciato a radunarsi nelle piazze per protestare contro la gestione del potere da parte della classe dirigente.
«Da ormai diversi anni», racconta Paolo, «i serbi soffrono le vessazioni di un Governo che è accusato di corruzione e di violazione dei diritti umani». Il presidente Aleksander Vucic è accusato di deriva autoritaria e di manipolazione dei mezzi di comunicazione, che lui conosce e usa molto bene, essensdo stato un reporter durante la guerra in Bosnia e avendo poi ricoperto il ruolo di ministro dellì’Informazione. «Una volta eletto per la prima volta presidente nel 2017, Vucic ha saputo consolidare bene e rapidamente il suo potere personale, cominciando da quello che sapeva fare: la gestione dell’informazione. E ha concentrato nelle sue mani un potere quasi assoluto, giocando su due fronti: su quello interno, a un certo punto nelle elezioni sono cominciate le irregolarità, che sono diventate sempre più pesanti, sono documentate, ma sono cadute nel nulla. Nelle ultime due tornate elettorali si è arrivati a una massiccia manipolazione, che ha provocato un allontanamento della gente dal voto, nella convinzione che tanto nulla potrà cambiare e che la comunità internazionale continuerà a chiudere gli occhi».
Sul fronte esterno, «Vucic ha fatto un po’ come i giocatori dei casinò che giocano su più tavoli contemporaneamente, pensando di vincere su tutti: ha consolidato i suoi rapporti personali prima con la cancelliera tedesca Angela Merkel, poi si è rivolto a Vladimir Putin, in seguito è andato a Pechino da Xi Jinping, nei Paesi arabi. A tutti ha fatto capire che la Serbia era a loro disposizione. Belgrado oggi è piena di russi che, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, girano tranquillamente con le loro auto con targhe russe, hanno aperto molte imprese in Serbia aggirando le sanzioni imposte dall’Ue. Insomma, nel cuore dell’Europa c’è un posto dove i magnati russi sono di casa e agiscono come vogliono». Nel 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la Serbia si è rifiutata di imporre le sanzioni a Mosca e, anzi, ha stretto accordi economici con la Russia. Tutto questo mentre la Serbia ha in corso il processo per l’adesione all’Unione europea. «I serbi hanno perso la fiducia nell’Europa. Il consenso verso l’Ue è crollato. I Balcani occidentali si sentono esclusi e così non si progredisce nel processo di allargamento». In questo momento il potere è tutto nelle mani di Vucic (che è stato rieletto nel 2022): «Il Primo ministro si è dimesso, formalmente adesso non c’è un Governo. Il Parlamento continua a operare, ma dal punto di vista pratico tutto quello che avrebbe dovuto fare il Governo ora dipende da Vucic». In Serbia oggi, continua Paolo, si concentrano interessi russi, cinesi, sauditi. «La città di Belgrado è ormai preda di una gigantesca speculazione edilizia, congestionata da un traffico spaventoso».
Poi, però, c’è l’altra faccia della medaglia: le proteste di piazza, il grande movimento di rivolta degli studenti e dei cittadini: «La bellezza di avere centinaia di migliaia di manifestanti intorno, come è avvenuto il 15 marzo a Belgrado, faccio quasi fatica a descriverla, perché in Italia non ho mai visto qualcosa del genere. E’ stata come una grande festa. Io e mia moglie abbiamo partecipato, portando anche nostro figlio adolescente. Gli studenti universitari danno prova di un’intelligenza collettiva incredibile, che io non avevo mai visto prima. Non hanno leader identificati, discutono in assemblee interne, sono estremamente fluidi e perfettamente organizzati. In queste manifestazioni non c’è mai stato un incidente, tutto è studiato nei dettagli, gli studenti controllano che non si infiltrino elementi violenti, sospetti, provocatori. E la gente li appoggia e li sostiene. Un movimento meraviglioso, assolutamente pacifico».
Queste proteste hanno già generato un cambiamento profondo: «Oggi è emersa una Serbia diversa, fatta di tante persone che sono molte di più quelle che hanno rovinato il Paese. E il movimento partito dagli studenti ha coinvolto tutti. La rivoluzione è già avvenuta e sta crescendo. Nessuno vuole più tornare indietro e quasi nessuno ha più paura di metterci la faccia. I ragazzi serbi che scendono in piazza stanno insegnando a tutti noi, italiani ed europei, che questo è il futuro dell’Europa. E se noi non li ascoltiamo e non li appoggiamo abbiamo fallito tutti».
(Foto Ansa: la grande marcia di protesta guidata dagli studenti universitari a Belgrado lo scorso 15 marzo)