Dal 31 marzo al 3 aprile si è tenuta a Roma la seconda Assemblea sinodale per l’approvazione del documento Perché la gioia sia piena in 50 Proposizioni, che però le ha ritenute inadeguate. È stata convocata una terza Assemblea, che voterà il nuovo documento il 25 ottobre, e spostata l’Assemblea dei vescovi da maggio a novembre. Pubblichiamo il “Primo piano” del direttore di Famiglia Cristiana che uscirà sul nuovo numero del settimanale.
di don Stefano Stimamiglio
Tutto rimandato e programmi saltati. Forse sta proprio qui, in questo imprevisto, la profezia emersa la scorsa settimana nel cammino sinodale della Chiesa italiana. Iniziato nel 2021 e giunto alla terza e finale tappa “profetica” (dopo quelle “narrativa” e “sapienziale”), ha visto riunirsi a Roma nella seconda Assemblea sinodale quasi mille persone tra delegati diocesani, membri del Comitato del Sinodo, vescovi e invitati. Essa ha fatto della debolezza di un ripensamento e di una riprogrammazione la sua forza. Quasi una “debolezza costruttiva”, emersa dalla capacità di rivedere il proprio percorso, di non essere ostaggio di tempistiche e programmazioni umane. La capacità dei vescovi, nello specifico, di ascoltare il popolo di Dio, rappresentato da quell’Assemblea che ha di fatto chiesto la revisione delle 50 Proposizioni, frutto e sintesi della terza fase “profetica” del cammino sinodale, ma preparate troppo in fretta a causa del poco tempo a disposizione (le sintesi dalle diocesi erano arrivate solo a fine febbraio), troppo sintetiche, troppo orientate al “fare” e troppo poco sviluppate a partire dai loro “perché”. Soprattutto riguardo alle priorità messe in luce dai gruppi che hanno lavorato alacremente in questi giorni: ruolo delle donne, ambienti educativi, giovani, formazione di catechisti e adulti, iniziazione cristiana, cura delle persone fragili, consigli pastorali, sviluppo umano integrale, integrazione delle persone in situazioni affettive particolari.
Se lo scopo è di offrire alle comunità cristiane in Italia orientamenti concreti in linea con quanto emerso nel gigantesco lavoro di interlocuzione e interrogazione con il territorio di questi quattro anni, serve altro tempo; serve, in continuità con quanto fatto finora, elaborare testi che rispecchino di più quanto lo Spirito ha fatto emergere. Se siamo davvero in una fase storica di passaggio occorre un nuovo modo di pensarsi come Chiesa e di agire in conseguenza. «Vino nuovo in otri nuovi» (Luca 5,37), questo ha chiesto l’Assemblea e questo hanno accolto i vescovi, come si legge nella mozione finale, votata alla quasi unanimità, per continuare «a cogliere i segni dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria». Il testo delle Proposizioni, che recavano il titolo Perché la gioia sia piena, viene ora affidato alla Presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale perché, insieme al Comitato e ai facilitatori dei gruppi di studio, provvedano alla redazione finale «accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi». Non un fallimento. Piuttosto qualcosa di simile a quanto accadde nel Concilio Vaticano II quando nel 1962 il primo testo sulla Chiesa fu bocciato per arrivare, prendendosi del tempo, allo splendore della Lumen gentium. Un precedente che fa ben sperare.