Post su X dall’account @Pontifex per i mille giorni del conflitto nel Paese est-europeo. Francesco chiede di pregare per la popolazione ucraina e ribadisce, ancora una volta, che “la guerra sempre è una sconfitta”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Mille giorni di guerra in Ucraina, quasi 200 gli appelli che il Papa ha lanciato per una terra definita a più riprese “martoriata”. Non uno stanco epiteto, ma l’assillo continuo perché il mondo non giri lo sguardo dinanzi al supplizio a cui è sottoposto il popolo ucraino del 24 febbraio 2022. A questi appelli, reiterati in ogni Angelus, Regina Caeli o udienza generale, Francesco ne aggiunge un altro lanciato dalla finestra virtuale del suo account su X @Pontifex in nove lingue nella giornata di oggi, 19 novembre, in cui lo scoppio del conflitto raggiunge il drammatico ‘traguardo’ dei quasi 33 mesi. Mille giorni da quelle 5 del mattino di due anni fa in cui il primo missile russo piombò su Kyiv.
La recrudescenza del conflitto
In 219 caratteri il Papa invoca quindi un impegno diplomatico e politico a fronte di una recrudescenza del conflitto. Dopo mille giorni si riparte infatti dai missili: quelli balistici russi, oltre 200, che hanno distrutto nelle scorse ore infrastrutture e ucciso civili, anche minorenni; quelli ucraini forniti dagli Stati Uniti e diretti nella profondità dell’entroterra russo, dopo l’autorizzazione di domenica del presidente uscente Usa, Joe Biden.
Invito alla preghiera
Dinanzi a prospettive catastrofiche, il Papa, tramite X, chiama in causa anche i fedeli di ogni latitudine, esortati ad un impegno spirituale. La preghiera. La stessa che lui – come ha sempre affermato pubblicamente –, assicura quotidianamente nel silenzio della sua stanza, dove conserva croci, immagini e altri simboli che rappresentano questi territori feriti.
Oneste trattative, onorevoli compromessi
Nell’immediatezza di un post il Papa torna a ribadire poi l’impegno per una pace “giusta e duratura” che, come ha detto in tanti discorsi – anche durante i viaggi apostolici – implica il coraggio del negoziato quale esercizio di saggezza oltre che di “costanza e pazienza in oneste trattative”, per impedire il prevalere degli interessi di parte, tutelare le legittime aspirazioni di ognuno e portare ad “individuare – come ha detto alle autorità del Lussemburgo – a onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace”. Con un unico obiettivo: far cessare la “follia” della guerra.