Tra le ultime parole di Gesù sulla croce, “Consummatum est” ricorda gli attimi immediatamente precedenti alla sua morte. Parole “ritratte” da molti artisti. In un suo dipinto, Jean-Léon Gérôme ha creato una composizione originale, diversa da ogni altra, dove Cristo non si vede direttamente se non nella sua ombra proiettata sul terreno, evocando il mistero della morte e resurrezione con una potenza segreta simile a quella della musica
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Sullo sfondo si distende Gerusalemme, cinta da fortificazioni possenti, disseminata da palazzi e porticati; al centro si erge il tempio, solenne, magnifico. Guardiamo la città dall’alto di un monte roccioso che scende a valle con balze percorse da due sentieri. Il monte è il Golgota e si è appena compiuto qualcosa di eccezionale, che ha richiamato torme di gente che ora tornano in città in processione. Alcuni sacerdoti vestiti di bianco entrano per primi attraverso la porta delle mura, altri sono immersi nella penombra, infine chiudono il corteo dei soldati, chi a cavallo, chi portando una scala di legno, chi bandiere, altri brandendo lance. Solo gli ultimi si volgono indietro sollevando il braccio, con la bocca aperta per gridare. In queste piccole figure lontane si sente tutto l’orgoglio soddisfatto di alcuni, la violenza senza senso o una stolida indifferenza di altri.
Il cielo si sta facendo cupo, spinge via le nuvole rosate, mentre dall’orizzonte e da destra si fa largo una cappa scura. Stanno arrivando le tenebre. Di lì a poco un terremoto scuoterà la terra e il velo del tempio si squarcerà da cima a fondo.
Un’opera che scandalizzò il pubblico
Questo dipinto di Jean-Léon Gérôme, realizzato nel 1867 e ora nel Museo d’Orsay a Parigi, fece scandalo perché mostra un’iconografia assolutamente distante da quella codificata della crocifissione. Il suo titolo, Consummatum est, forse non a caso è noto come Golgotha o Jérusalem. Infatti, a un primo sguardo sembra la veduta di un paesaggio esotico e niente più. Osservando meglio il dipinto, a un certo punto, l’occhio è catturato da tre ombre oblique, in primo piano, che non sono casuali. È la proiezione di tre croci, i ladroni ai lati e al centro quella in cui si riconosce il profilo di Cristo inchiodato, proprio nel momento in cui, “chinato il capo, spirò”.
L’ombra di Cristo nel dipinto non è testimone di un’assenza, non rende meno drammatica l’iconografia consueta del volto dolente grondante sangue, di mani e piedi inchiodati, del costato ferito; parla invece perfettamente alle coscienze e le scuote nel profondo, ci fa sentire fisicamente presenti sotto le tre croci. L’allusione diventa più reale della rappresentazione e spinge a cercare nuovi significati, nuove ragioni.
Significato di Consummatum est
Approfondiamo il significato di quella che è una delle sette parole di Cristo sulla croce, che Gérôme ha scelto per il tema della sua opera. Consummatum est, “tutto è compiuto” sono le ultime parole di Gesù sulla croce secondo il Vangelo di Giovanni (30,19) nella Vulgata. Nell’accezione di molti, il significato sarebbe nel finito della morte. Se però leggiamo come viene resa la versione in greco del testo, che è anche più antica di quella in latino, troveremo il verbo Τετέλεσται, dal verbo teleo che ha un significato più complesso: “portare a compimento” e a ha un valore pienamente positivo. Inoltre il verbo è al tempo perfetto, che non indica un’azione definitiva ma di un passato che perdura nel presente. Le parole di Cristo non sono funeree, non alludono allo strazio del momento della morte, ma sono di vittoria. Cristo ha portato fino in fondo la sua missione salvifica. È il redentore degli uomini. “Ha versato il sangue per tutti”. E ha aperto alla speranza.
Consummatum estè un momento della passione dipinto da diversi artisti. In realtà non è sempre ben chiaro che si riferisca esattamente a queste parole: si tratta della figura di Cristo in croce, uno dei temi più cari e diffusi di ogni epoca dell’arte sacra. Beato Angelico, che dipinse nel Convento di San Marco a Firenze un ciclo di Crocifissioni, rende ognuna delle ultime parole di Cristo con un fumetto che gli esce dalla bocca. Nel caso di Consummatum est, si ritiene che corrisponda all’affresco della cella n. 42, in cui Longino trafigge Cristo al costato con la lancia, ma dell’iscrizione oggi non resta più traccia.
Ecco che l’opera di Gérôme, filologico nel rendere eventi storici – l’artista è celebre per le sue rievocazioni, specie di ambiente classico – ma acuto e attento nel trasmettere significati emotivi, sembra molto affine alla suggestione che solo la musica può dare, basti pensare alle molte trasposizioni delle Ultime sette parole di Cristo delle opere di Pergolesi, Haydn passando per Charles Gounod, César Franck e intensificandosi in tempi più recenti.
La musica ascolta l’immagine di Dio
Nel libro Le sette parole di Cristo edito dal Mulino alcuni anni fa, proprio riguardo alla sesta sonata di Haydn Il filosofo Massimo Cacciari chiede al maestro Riccardo Muti come “quel Consummatum est così potente possa accordarsi a qualsiasi timbro di consolazione” che risponde: “Prima il suono è potentissimo poi subentra una specie di eco mentre i bassi dell’orchestra continuano ‘Consummatum est’, ‘Consummatum est’… È come una discesa agli inferi tutta umana, mentre la parte superiore della linea melodica suggerisce un’elevazione. Quindi c’è un contrasto nelle due linee più importanti – quella grave e quella superiore – che evocano l’una l’elemento umano e l’altra a quella spirituale”. Queste parole sembrano descrivere moto bene anche il dipinto di Jean-Léon Gérôme.