Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan tira dritto e la Turchia cerca di resistere come riesce. La magistratura ha confermato l’arresto dell’ormai ex sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, dopo quattro giorni di interrogatori a lui e alle quasi 100 persone fermate mercoledì scorso. Il ministero dell’Interno lo ha destituito dalla sua carica e adesso gli occhi sono puntati su chi lo sostituirà.
L’ex primo cittadino andrà dunque a processo e dovrà difendersi da due capi di accusa: corruzione e favoreggiamento di organizzazione terroristica. La Prefettura ha vietato manifestazioni fino a mercoledì prossimo. Una decisione che, però, non sta disincentivando migliaia di persone dallo scendere in piazza nella megalopoli sul Bosforo come nel resto del Paese. Il dito di tutti è puntato contro il presidente, padre-padrone della Turchia moderna, Recep Tayyip Erdogan, per il quale Imamoglu rappresentava l’ostacolo più serio all’ennesima rielezione. Ci sarebbe anche la costituzione, che non prevede per lui la possibilità di ricandidarsi, ma su questo punto, con ogni probabilità, gli verrà incontro il partito curdo, che in parlamento potrebbe sostenere gli emendamenti proposti dalla maggioranza in cambio dei riconoscimenti costituzionali che attende da anni. Sarebbe una mossa clamorosa, frutto dell’accordo fra Recep Tayyip Erdogan e Abdullah Öcalan, il fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan, in prigione sull’isola di Imrali dal 1999 e che così riuscirebbe a barattare anche la sua scarcerazione o un regime carcerario più mite. «L’arresto di Imamoglu – spiega il giornalista Yavuz Baydar, scappato dalla Turchia in seguito al ‘golpe fallito’ del 2016 – è una cosa che non ha precedenti. Nemmeno per Erdogan. Si è trattato di mettere fuorigioco preventivamente un avversario. Così la Turchia sprofonda dall’autoritarismo verso la dittatura».
Una Turchia che somiglia sempre più alla Russia, dunque, ma dove il popolo è determinato a fare sentire la sua voce. Il Chp, il Partito Repubblicano del Popolo, dove milita Imamoglu, continua a fare appelli perché le persone scendano in piazza e domenica 23 marzo ha comunque tenuto simbolicamente le primarie, le stesse che avrebbero dovuto incoronare Ekrem Imamoglu, unico candidato, come sfidante di Erdogan alle presidenziali del 2028. Le code ai seggi, rappresentanti dalle sezioni del partito, sono state lunghe, soprattutto a Istanbul, dove i cittadini hanno atteso anche ore pur di dare la loro preferenza al primo cittadino – anche se difficilmente lo potranno fare in sede elettorale. Quella dell’ex sindaco pare una sentenza già scritta, soprattutto perché Murat Ongun, uno dei suoi più stretti collaboratori, ha ammesso di aver assistito al pagamento di alcune tangenti ai tempi del congresso del Chp, perché Özgür Özel, sponsor dell’ex sindaco, venisse eletto come segretario.
Intanto, l’arresto di Imamoglu sta avendo da giorni serie ripercussioni anche sui mercati, con la borsa che chiude in negativo e gli investitori che scappano dai bond turchi. Forse, questa volta, Erdogan potrebbe davvero aver osato troppo.