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Trump scatena la guerra dei dazi

Quella compiuta da un pistone prima di finire all’interno di un’automobile venduta negli Stati Uniti è una piccola odissea. Prima di tutto l’alluminio grezzo utilizzato per fabbricare il pistone viene trasportato dal Michigan (Stati Uniti) in Ontario (Canada). Dopo una prima fase della lavorazione, il pistone viene rispedito in Michigan, da lì  prende la strada del Messico per una ulteriore rifinitura. Dal Messico il pistone viene rimandato negli Stati Uniti, questa volta in Wisconsin, dove viene assemblato con bielle ed anelli. A questo punto il pistone è pronto per essere inserito nel motore e questa fase avviene in Michigan. Dal Michigan il motore prende nuovamente la strada del Canada, in Ontario, per messere finalmente montato all’interno dell’autombile. Questa viene quindi esportata in Messico e negli Stati Uniti, dove sarà in messa in vendita dai concessionari.

Questo complicato processo, con vari attraversamenti di frontiere, è stato raccontato dal quotidiano Wall Street Journal per spiegare la stretta interconnessione fra le economie di Stati Uniti, Canada e Messico.

Si calcola che il 40 % delle componenti di ogni auto prodotta negli Stati Uniti siano made in Mexico, mentre il 10,3 % è made in Canada. Ora su questa fitta rete di interconnessioni cala la scure dei dazi annunciati da Donald Trump e in vigore da martedì 4 marzo. Si tratta di dazi del 25 per cento sulle merci provenienti da Canada e Messico e del 10 per cento sulle importazioni cinesi. Trump ha dichiarato che i suoi dazi contro Messico e Cina mirano a bloccare i migranti illegali e il traffico di droga, tra cui il fentanyl. I due Paesi hanno espresso l’intenzione di reagire. La Cina invece hai già reagito. Dal 10 marzo entreranno in vigore dazi del 15%  sulle importazioni dagli Stati Uniti di pollo, grano, mais e cotone, mentre il 10% sarà imposto su sorgo, soia, carne di maiale, manzo, prodotti acquatici, frutta, verdura e prodotti caseari.

Il Ministero del Commercio ha dichiarato inoltre che 15 aziende statunitensi non potranno più acquistare prodotti dalla Cina se non con un permesso speciale. Tra queste c’è Skydio, il più grande produttore americano di droni e fornitore dell’esercito e dei servizi di emergenza statunitensi.

Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha descritto martedì le contromisure della Cina contro l’aumento dei dazi del 10% sulle esportazioni cinesi come un passo “giusto e necessario” per salvaguardare i propri interessi, esortando Washington ad abbandonare le “tattiche di bullismo” e a tornare al tavolo del dialogo e della cooperazione in buona fede.

Intanto il premier dell’Ontario Doug Ford ha minacciato restrizioni sull’energia elettrica se gli Stati Uniti procederanno con i dazi: “Se vogliono cercare di annientare l’Ontario, farò di tutto, anche tagliare la loro energia, con il sorriso sulle labbra”.

Questo è il clima, da occhio per occhio e dente per dente, creato dalle decisioni di Trump. Che intanto hanno fatto affondare le borse, prima negli Stati Uniti e oggi nel resto del mondo.  E Trump non intende fermarsi qui.

Il 12 marzo gli Stati Uniti prevedono tariffe mondiali del 25% sulle importazioni di alluminio e acciaio. Un mossa che, secondo Trump, renderà l’America “di nuovo ricca”. Il 2 aprile Trump imporrà anche tariffe sui prodotti agricoli d’oltreoceano, anche se non è chiaro quali prodotti saranno colpiti nello specifico e se ci saranno eccezioni. Sempre per il 2 aprile, Trump ha dichiarato di voler imporre tariffe sulle importazioni di auto straniere “nell’ordine del 25%” Il presidente americano ha anche ordinato un’indagine sulle importazioni di rame e legname, senza che siano ancora stati definiti i tempi e le modalità di applicazione dei dazi su questi materiali.

Insomma, come previsto il presidente che non vuole impegnarsi in guerre militari ha invece scatenato una guerra commerciale su tutti i fronti. La sua intenzione, guidata dal mantra “America first” è quella di proteggere le aziende statunitensi, creare nuovi posti di lavoro e difendere il paese dalla presunta invasione di fentanyl. Ma ora il rischio è quello di aver avviato una escalation di rappresaglie che rischia di danneggiare prima di tutto i consumatori e anche i risparmiatori, vista la reazione negative delle borse.





Dal sito Famiglia Cristiana

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