di Francesco Racco
Inni a cappella nella Roosevelt Room. Preghiere “nel nome di Gesù” pronunciate nella Cabinet Room. Mani tese nello Studio Ovale, dove pastori evangelici citano versetti biblici sulla legittimazione divina dei re. Donald Trump sembra aver trasformato la Casa Bianca in una Chiesa. Anche per accontattare le chiese luterane, sue ferventi elettrici. Da quando è stato rieletto presidente, la destra cristiana americana ha colto l’occasione per rimettere radici. Il suo elettorato più fedele lo ha visto sopravvivere a un attentato nell’estate scorsa e tornare sulla scena come un uomo “salvato dalla grazia di Dio onnipotente”, parole sue. E così oggi, a Washington, i segni di questo “miracolo” si traducono in riti religiosi quasi quotidiani negli ambienti più riservati della Casa Bianca, come riporta il New York Times. In America le comunità religiose americane – dagli episcopali ai presbiteriani, dai metodisti ai battisti – hanno sempre giocato un forte ruolo nelle elezioni. L’essere sopravvissuto all’attentato di Butler, in Pennsylvania, nel luglio scorso, per Trump è stato fondamentale nel confermare il consenso della destra religiosa americana. Il presidente è considerato il “secondo vascello imperfetto”, dopo Ciro il Grande, nel 539 avanti Cristo, così definito perché aveva consentito agli ebrei di tornare nella terra promessa e ricostruire il Tempio. Non importa se il presidente creda o sia un cristiano tutt’altro che integerrimo, per usare un eufemismo. Pur essendo un peccatore, era il ‘vascello imperfetto’, il mezzo attraverso cui Dio compiva il suo volere.
Il nuovo ufficio per i fedeli
Il nuovo Ufficio della Fede, voluto direttamente dal presidente e collocato nell’ambita ala ovest, rappresenta il simbolo più evidente di questa svolta. Non un semplice sportello per i rapporti con le comunità religiose, come avveniva ai tempi di George W. Bush (che leggeva tutti i giorni la Bibbia, al mattimno presto, e poi invadeva l’Irak), ma una vera cabina di regia per dare forma politica alla visione religiosa dell’amministrazione. A guidarlo, la fervente pastora personale di Trump, Paula White-Cain, affiancata da Jennifer Korn. «Voglio portarlo più in alto possibile. Lo voglio nella West Wing», avrebbe detto Trump alla sua consigliera spirituale secondo il quotidiano americano. Nella sua stanza, oltre a Bibbie e icone religiose, campeggia una placca che raffigura il pugno alzato di Trump dopo l’attentato a Butler, in Pennsylvania. Non mancano nemmeno le coppe monouso per la comunione, che la pastora somministra quotidianamente a chiunque voglia riceverla.
Una solennità mai vista
Nella “Cattedrale Casa Bianca” la settimana di Pasqua viene celebrata con solennità mai vista: celebrazioni trasmesse in diretta, una dichiarazione ufficiale di Trump come “proclamazione” e inni religiosi che riecheggiano nel palazzo presidenziale. A chiudere l’evento, una versione cristiana di “‘O Sole Mio” trasformata in un inno d’amore per Cristo: «Oh quanto lo amo! Quanto lo adoro!». Il messaggio è chiaro: la Casa Bianca è tornata a essere un luogo sacro, dove il confine tra religione e politica si fa sempre più labile. L’ordine esecutivo che istituisce l’Ufficio della Fede promette di combattere «pregiudizi antisemiti, anticristiani e ogni forma di intolleranza religiosa». Ma dietro l’apertura interreligiosa – l’amministrazione ha organizzato anche un iftar (il pasto serale con cui i musulmani rompono il digiuno) e una celebrazione della Pasqua ebraica – c’è soprattutto l’intento di «riportare il cristianesimo» nella sfera pubblica, smantellando il principio della separazione tra Stato e Chiesa.
I pastori evangelici come “spin doctors”
In questa cornice, l’ascesa dei pastori evangelici alla Casa Bianca assume un ruolo strategico. Figure come Jackson Lahmeyer, fondatore di Pastors for Trump, si alternano nei corridoi del potere per portare benedizioni, ma anche per rilanciare la narrazione spirituale dell’amministrazione sui social media. «Qualcosa di speciale sta accadendo nel nostro Paese. L’ho visto con i miei occhi», ha scritto Lahmeyer dopo una delle sue visite. E anche i simboli contano. Dopo la firma dell’ordine esecutivo, Trump ha indicato due cherubini dorati sopra le porte dello Studio Ovale. Poi in un’intervista a Fox News, ha corretto il tiro: «Gli angeli portano fortuna». La religione alla Casa Bianca non è una novità: Nixon celebrava messe nella East Room, Obama si riuniva in preghiera con il suo “Cerchio di protezione”. Ma in questa seconda presidenza Trump, la fede non è più solo ispirazione, dicono gli osservatori. È qualcosa di più, è un progetto politico. E la storia insegna che quando la religione è troppo legata al potere rischia di diventare un pericolosissimo avallo di operazioni per nulla cristiane, come una guerra. Un esempio? La totale sintonia tra Putin e il patriarca Cirillo sull’invasione dell’Ucraina. Il confine tra spiritualità e farisaismo è molto labile.