Arrivati stamattina a Mosca gli inviati della Casa Bianca. Trump, dopo che gli Usa hanno raggiunto un accordo con l’Ucraina a Gedda, in Arabia Saudita, ha minacciato sanzioni “devastanti” se Putin non accetterà la tregua di 30 giorni. Mosca però chiede un’intesa a lungo termine, non un cessate-il-fuoco temporaneo. Intanto ancora attacchi russi sull’Ucraina, che ritira le proprie truppe dal Kursk.
Roberto Paglialonga – Città del Vaticano
Il negoziato per la tregua in Ucraina si sposta a Mosca. L’aereo dell’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, è atterrato questa mattina nella capitale russa per discutere con i negoziatori russi i termini di una tregua con l’Ucraina. “Mosca è pronta a discutere le iniziative proposte a Gedda”, in Arabia Saudita, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova.
A Mosca arrivato l’inviato della Casa Bianca
L’arrivo dei rappresentanti di Washington, attesi inizialmente entro il fine settimana, è stato confermato anche dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il quale ha tuttavia avvertito ucraini e statunitensi: “State correndo troppo”, le sue parole agli inviti affinché la Russia si affretti ad aderire alla proposta di cessate-il-fuoco di 30 giorni emersa nei colloqui svoltisi nella città saudita martedì. Già in quella giornata, in realtà, Usa e Russia si sono parlati, attraverso un colloquio tra il capo dell’intelligence russa, Sergej Naryshkin, e quello della Cia, John Ratcliffe.
Le pressioni di Trump su Putin
Dopo aver messo all’angolo il leader di Kyiv, Volodymyr Zelensky, prima minacciandolo di non voler continuare a sostenere la difesa ucraina, poi portandolo a firmare l’accordo sulle terre rare nel Donbass, infine tornando a sbloccare gli aiuti militari (attraverso la Polonia) e la condivisione dei dati di intelligence, il presidente statunitense, Donald Trump, ha dunque iniziato il pressing sull’omologo russo, Vladimir Putin. Una logica da “dealmaker”, dunque, non solo nel metodo, ma anche negli argomenti toccati per provare a spingere sulle due parti. Se Mosca “non accetta la tregua”, ha minacciato Trump durante un incontro con il premier irlandese, Micheál Martin, ci potranno essere conseguenze “potenzialmente devastanti”, adombrando quindi la possibilità di imporre sanzioni finanziarie pesanti alla Russia. “Si possono fare cose spiacevoli. Posso farle. Ma non voglio farle, perché voglio arrivare alla pace”, ha dichiarato. Tra i due leader di Mosca e Washington ci potrebbe essere una telefonata nel corso della giornata odierna, ha anticipato il Cremlino. Che, per parte sua, attraverso il consigliere diplomatico, Yuri Ushakov, ha fatto sapere che la Russia “non vuole una tregua temporanea, ma è interessata a un accordo a lungo termine”, perché un cessate-il-fuoco “sarebbe solo un imbroglio in grado di consentire a Kyiv di riprendere fiato”.
Le condizioni del Cremlino e il no a una tregua temporanea
Putin, intanto, ha comunicato quali sono i punti che ritiene imprescindibili perché una trattativa vada in porto: anzitutto, “inaccettabile” l’invio di peacekeeper europei in Ucraina “sotto qualsiasi bandiera”, perché “tutto ciò comporterebbe il coinvolgimento” dei Paesi che dovessero aderire “in un conflitto fisico diretto, al quale risponderemo con tutti i mezzi disponibili”, ha chiarito Zakharova, secondo quanto riporta l’agenzia Interfax. Tra le altre richieste fornite al team negoziale americano, è l’anticipazione della Reuters, riportando fonti vicine alle trattative, il no secco all’ingresso di Kyiv nella Nato e il riconoscimento della sovranità russa sulle regioni conquistate di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kharkiv.
I nuovi attacchi russi
Sul terreno proseguono gli scontri e gli attacchi russi. L’aeronautica militare ucraina ha affermato che la Russia ha lanciato nella notte 117 droni contro il Paese, 74 dei quali abbattuti. Le aree colpite sono state le regioni di Sumy, Odessa, Kharkiv e Kyiv. Il governatore di Dnipropetrovsk ha riferito che tre persone sono rimaste ferite nella città di Dnipro. Le armi russe hanno colpito anche il porto di Odessa, dove un missile balistico ha ucciso 4 persone e danneggiato una nave cargo che stava caricando grano da esportare ad Algeri.
Il ritiro ucraino dal Kursk
La situazione sul campo resta critica anche nella regione russa del Kursk. Qui si è recato ieri, in mimetica, il presidente russo Vladimir Putin, per una visita alle truppe per la prima volta dall’inizio degli attacchi ucraini nell’area. I soldati di Mosca stanno procedendo nella loro controffensiva e sono riusciti a entrare nella città di Sudzha, dove, nella piazza centrale, è tornata a sventolare la bandiera russa. Le truppe ucraine si stanno ritirando, ad ammetterlo in un post su Facebook il generale Oleksandr Syrsky, comandante in capo delle Forze armate di Kyiv. “Nella situazione più difficile, la mia priorità è stata e rimane quella di salvare le vite dei soldati ucraini”, scrive. E questo mette in difficoltà la posizione di Kyiv, che – secondo diversi analisti – aveva fatto affidamento sulle conquiste nel Kursk per ottenere come contropartita nel corso dei negoziati la restituzione delle aree occupate dai russi.