La nuova proposta della stagione 2024/25 del Piccolo Teatro stavolta srotola i fili oltre l’orizzonte storico, imperniando il bandolo nel passato e sviluppandolo verso il futuro. Memory of mankind, “la memoria dell’umanità”, lo spettacolo di Marcus Lindeen che andrà in scena al Teatro Studio Melato dal 15 al 18 gennaio, è un progetto sui generis che si ispira all’omonima opera del ceramista austriaco Martin Kunze, ideata tredici anni fa: in una miniera di sale austriaca, l’artista ha raccolto testimonianze, esperiente, informazioni stampate su tavolette di ceramica. Il progetto mira a creare una ” capsula del tempo della nostra era”, aperta alla partecipazione collettiva. «L’idea che l’era digitale non ci permetterà di conservare la memoria per lungo tempo e le future generazioni non avranno accesso a quello che creiamo oggi, alle idee che abbiamo» racconta Kunze «ha scatenato l’esigenza di preservare questa memoria. Per citare Humboldt: solo chi conosce il proprio passato avrà un futuro». Leggendo la notizia sul New York Times, l’autore, regista e dramaturgo svedese Marcus Lindeen ha deciso di raccontarlo e di farne un intero spettacolo: «Mi sono chiesto “come si riassume la nostra esperienza di vita oggi per chi ne verrà a sapere fra migliaia di anni? Cosa dobbiamo conservare? Chi deve scegliere cosa tenere? Per cui ho contattato Martin, gli ho fatto una prima intervista e poi sono andato a trovarlo in Austria. Ho fatto molta ricerca sul suo progetto. All’inizio aveva collaborato con musei e università per raccogliere più materiali possibili, ma poi si è accorto che la scienza non era abbastanza e quindi ha aperto l’archivio alle vicende e alle storie private» dice Lindeen «questo mi ha molto toccato perchè mi ha imposto di riflettere su come riassumerei la mia esistenza, se la dovessi mettere su una piastrella di venti centimetri per venti. Nello spettacolo, che mi ha impegnato per oltre due anni, c’è un attore che interpreta l’archivista, Martin stesso, e in scena ci sono proprio le piastrelle del museo. Ci sono anche altri personaggi che si interrogano sulla memoria e sull’amnesia da prospettive diverse. C’è un’altra storia documentaria su una persona che soffre di una forma particolare di amnesia: il suo cervello puntualmente si spegne e cancella ciò che aveva conservato. Per cui racconta la propria esistenza personale e mette in rilievo il progetto di Martin come modo particolare di lavorare sulla memoria e di pensare alla perdita della memoria».
In scena ci sono numerosi attori non professionisti, le cui storie strettamente connesse al progetto sono state attentamente scelte e trovate dalla persona che si è occupata dei casting. Colui che interpreterà Martin Kunze, ad esempio, sarà l’astrofisico e cosmologo Jean-Philippe Uzan che vuole costruire un archivio della conoscenza umana sulla luna. È un archivio diverso ma con finalità simili. Lo scienziato interpreta quindi Kunze ma è influenzato dalle proprie esperienze personale.
Sarà presente anche la tavoletta di un oncologo, intervistato da Lindeen, che ha voluto scrivere la ricetta del pan di zenzero della nonna, «perchè ha voluto dare il ricordo di qualcosa di semplice, di allegro, perchè in futuro le persone si ritroveranno nella miniera a mangiare biscotti».
Conclude il direttore del Piccolo Claudio Longhi: «Continuando a esplorare le potenzialità di un teatro-documentario che impasta realtà e invenzione per modellare narrazioni a stretto contatto con il pubblico, Memory of Mankind si spinge fino alle soglie di quella particolare forma di oblio che, secondo Nietzsche, permette di “trasformare e incorporare cose passate ed estranee, di sanare ferite, di sostituire parti perdute, di riplasmare in sé forme spezzate. […] “Ciò che non è storico e ciò che è storico sono ugualmente necessari per la salute di un individuo, di un popolo e di una civiltà».