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Stato di emergenza nelle Filippine per il prezzo del riso



Manila corre ai ripari per combattere il raddoppio del prezzo del cereale, nutrimento principale nel Paese. La voce della Chiesa locale e l’appello della conferenza episcopale per la situazione umanitaria dei pescatori. In attesa delle elezioni legislative del prossimo maggio, si consuma lo scontro tra Marcos e Duterte.

Paolo Affatato – Francesco Ricupero

Il ministro dell’Agricoltura delle Filippine, Francisco Tiu Laurel, ha dichiarato lo “stato di emergenza alimentare” per consentire lo smistamento delle scorte tampone di riso dai magazzini della National Food Authority ai mercati locali. Il Paese è ormai travolto dagli alti costi del principale nutrimento locale, che ha raggiunto i 50-60 pesos al chilo, circa il doppio del costo che in media si registrava al dettaglio.

L’allarme lanciato dai vescovi

L’emergenza è stata sollevata anche nel messaggio dei vescovi filippini a conclusione della recente assemblea: “L’aumento della povertà, che si manifesta con l’aumento della disoccupazione e dei prezzi delle merci e dei servizi, allarga la forbice tra ricchi e indigenti”, hanno ammonito i presuli, invocando misure concrete per ridurre le disuguaglianze. Padre Baltazar Obico, frate francescano della parrocchia di Sant’Antonio a Manila, nota in un colloquio coi media vaticani che “se le persone facoltose o della media borghesia non hanno grandi problemi, quelle delle fasce meno abbienti ne risentono fortemente. Tutti coloro che hanno bassi salari, gli operai a giornata, le migliaia di lavoratori informali hanno visto raddoppiare il costo del riso e di altri alimenti. C’è inflazione anche su tanti altri beni di prima necessità. Che questo avvenga per il nostro alimento base desta forte preoccupazione per il sostentamento quotidiano. È dunque necessario un intervento politico”, ribadisce. I frati francescani, come altre realtà ecclesiali, hanno organizzato un servizio di mensa per i poveri e “due volte alla settimana nella nostra parrocchia vengono oltre duecento persone a mangiare”, racconta padre Baltazar.

Le ragioni della crisi

Nelle Filippine il fabbisogno nazionale di riso non si riesce a colmare con la produzione locale e la nazione non è autosufficiente. È una questione antica che tocca la strutturazione del sistema economico, la condizione del settore agricolo e la necessità di una riforma agraria. Tutti temi che, ora, entrano di prepotenza nella campagna elettorale, dato che il presidente Ferdinando Marcos jr, in carica dal 2022, aveva promesso agli elettori di portare il prezzo del riso a 20 pesos al chilo. Ad ogni modo, le ragioni della crisi che sta generando malcontento sociale non sono ben chiare: per questo la Camera dei rappresentanti ha disposto un’indagine ad hoc che toccherà le materie prime agricole e la potenziale collusione tra commercianti all’ingrosso e al dettaglio. Nel frattempo, per indurre un calo dei prezzi, il ministero dell’Agricoltura mira a rilasciare sul mercato 300.000 tonnellate di riso, immettendone circa 30.000 tonnellate al mese. Ciò significa che, secondo le previsioni, l’emergenza alimentare potrà durare almeno dieci mesi.

I pescatori comunali sono a rischio

C’è poi un altro tema alimentare e umanitario su cui cinquanta vescovi filippini, tra cui il cardinale Pablo Virgilio Siongco David, vescovo di Kalookan, e presidente della Conferenza episcopale, hanno espresso forte preoccupazione. La Corte Suprema filippina ha deciso di eliminare l’accesso preferenziale dei piccoli pescatori alle acque comunali. I presuli dell’arcipelago si erano fermamente opposti alla recente controversa risoluzione della  della Corte Suprema che consente la pesca commerciale all’interno delle acque municipali di 15 chilometri. Ora hanno diffuso un comunicato a firma del presidente Siongco David in cui si legge che “chiediamo a tutti i settori — governo, società civile e organizzazioni religiose — di allinearsi alla saggezza delle nostre leggi e ai valori della nostra fede, garantendo che le politiche favoriscano la sostenibilità, rafforzino la governance locale e proteggano i diritti dei nostri pescatori”. Nei giorni scorsi, durante una conferenza stampa, monsignor Gerardo A. Alminaza, vescovo di San Carlos e vice direttore di Caritas Filippine, ha detto che il provvedimento della Corte Suprema  — che ha confermato la decisione del tribunale regionale di Malabon di consentire la pesca commerciale nella zona di pesca municipale entro 15 chilometri — avrà un impatto significativo sul sostentamento dei piccoli pescatori del Paese. Infatti, secondo il presule, porterebbe alla loro definitiva emarginazione, legittimando il monopolio e il saccheggio da parte delle aziende delle zone di pesca tradizionali; per questa ragione ha esortato i politici e la società civile a scendere in campo a difesa dei piccoli pescatori.

Lo stallo interno

Tutto ciò avviene mentre nelle Filippine si sta consumando l’ennesimo scontro ai vertici del potere, che vede come protagoniste le principali famiglie politiche locali, Marcos e Duterte. La scorsa settimana la vicepresidente delle Filippine Sara Duterte è stata messa sotto impeachment dalla Camera dei Rappresentanti dopo la petizione firmata da 240 deputati. L’iniziativa dovrà ora essere confermata da almeno due terzi dei 24 senatori ma, nel frattempo, può essere letta secondo due chiavi. La prima è interna e riguarda l’iniziativa di Marcos di consolidare il potere legislativo in vista delle elezioni del prossimo maggio, far approvare la legge di bilancio del 2025 senza troppi dibattiti e screditare la figura di Duterte, con cui ormai è in aperta conflittualità su temi che vanno dalla lotta al narcotraffico all’intelligence, in vista delle elezioni presidenziali del 2028. La seconda chiave è invece geopolitica ed è radicata nel modo in cui Manila percepisce il ruolo di Washington e Pechino. La famiglia Marcos sta favorendo l’interventismo americano nelle acque locali per affermare la sua sovranità sulla zona economica esclusiva — l’ultima esercitazione congiunta si è svolta la scorsa settimana. I Duterte, invece, di fronte ai recenti incidenti con la Guardia costiera cinese, hanno rimarcato la necessità di evitare scontri con la Cina e  possibili ritorsioni con il principale partner economico, insistendo su un modello di dialogo inaugurato nel 2018 con il “gentlmen’s agreement” firmato da Manila e Pechino, non riconosciuto però da Marcos Jr.



Dal sito Vatican News

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