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Sinodo italiano: l’Assemblea critica il testo

Un testo che può essere interamente cambiato. Perché, dopo che oltre il 95 per cento degli interventi sulle 50 proposizioni sinodali è stato critico, «la presidenza del Comitato del Cammino sinodale, che aveva fissato un numero limitato di possibili emendamenti, ha lasciato invece che potranno entrare tutti gli emendamenti che ciascun gruppo deciderà di votare  a maggioranza dei due terzi». Monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato, non nasconde le contestazioni che, numerose, sono arrivate sul documento che fa sintesi dei quattro anni di lavoro della Chiesa italiana. «Piuttosto che un’Assemblea sonnacchiosa, che non è interessata, ne preferisco una che critica. Per me questa è la sinodalità: confrontarsi liberamente senza preoccuparsi di ferire, magari anche di colpire chi ha lavorato ai testi». E anche se «ci sentivamo come due orsacchiotti cui si tirano le palle», ironizza guardando monsignor Valentino Bulgarelli, segretario del Comitato, racconta ai giornalisti, senza finzioni, che «siamo stati contenti della partecipazione. Ci sono stati 50 interventi, ma iscritti a parlare erano 155». Un cammino sinodale in salita quello che la Chiesa italiana sta percorrendo, da 2021 e che è arrivato adesso alla Seconda Assemblea. Compito dei delegati (957 di cui 176 vescovi, 246 presbiteri, 442 laici, 31 consacrati, 18 diaconi, 44 tra religiosi e religiose) delle 226 diocesi (su 229) è quello di arrivare alla definizione di un testo da consegnare poi all’assemblea di maggio della Cei perché i vescovi italiani lo convertano in un documento normativo per la Chiesa italiana. Riuniti in Vaticano fino al 3 aprile continueranno a confrontarsi dopo la vivace mattinata di oggi. «Sperando arrivino anche proposte concrete», aggiunge monsignor Bulgarelli. Tra i temi al vaglio dell’assise anche l’accoglienza delle coppie Lgbtq, e la responsabilità ecclesiale delle donne. «Questo testo è introdotto da alcune riflessioni che agganciano il cammino fatto in precedenza in tre grandi ambiti», spiega monsignor Castellucci. « La missione come prossimità, l’iniziazione cristiana, la corresponsabilità. Che contiene anche il tema della femminilità nella Chiesa e dei giovani». Su questo alcune delle maggiori critiche perché le Proposizioni sono state ritenute «un testo che ha ristretto la ricchezza del cammino fatto finora». È stato detto «che è un testo povero e allora», insiste monsignor Bulgarelli, «i gruppi di studio, una trentina, hanno due mezze giornate per esaminare le tre parti del testo e proporre degli emendamenti, delle integrazioni, delle cancellazioni». In modo tale che, ha aggiunto don Gianluca Marchetti, sotto segretario della Cei, «si possa convergere su un testo da consegnare poi all’Assemblea Cei. Sapendo che si tratta di un cammino, di un percorso in divenire».

Dalla «mancanza di afflato missionario» alla critica della parola «accompagnamento» giudicata troppo paternalistica fino «all’uso, giudicato eccessivo, del linguaggio degli auspici –  “si provveda, si faccia, ci si muova” – si è chiesto di essere più incisivi». In ogni caso, è stato ribadito «questo testo, anche se verrà fatto a pezzi, se verrà integrato, è una base, non è il testo finale del sinodo. Si tratta di una serie di proposte per capire dove converge l’Assemblea. Il testo con le Proposizioni, in tutto 38 pagine, è diviso in tre sezioni, la prima preceduta da una introduzione generale che si intitola “Perché la gioia sia piena”. Qui, elenca monsignor Castellucci, si parla di «missione nello stile della prossimità, promozione dello sviluppo umano integrale, formazione alla vita affettiva, cura delle persone fragili, servizio di tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari, ambiente educativo e accompagnamento dei giovani. Ma anche di organismi di partecipazione, della liturgia, delle omelia, della revisione dei testi liturgici e della pietà popolare. Della comunicazione, dell’ambiente digitale, del patrimonio artistico, dell’ecumenismo, degli stili di vita sostenibili, della dignità del lavoro, delle opere segno delle Caritas, del disarmo e del commercio etico». E ancora si parla di «iniziazione cristiana, del servizio per le persone con disabilità e dei percorsi di formazione per educatori, animatori, presbiteri e diaconi, con la richiesta abbastanza diffusa di rivedere i cammini di formazione, per lo meno per quanto riguarda l’integrazione di donne e famiglie nella formazione anche dei futuri preti». Infine  le «proposizioni sulla corresponsabilità. Qui si potrebbero già prendere delle decisioni sulle riconfigurazioni territoriali. E poi sui referenti di comunità, queste figure, soprattutto nelle piccole parrocchie non più abitate dai parroci». Le richieste di snellire i modelli di curia, «la burocrazia, la certificazione, la possibilità di trovare delle forme di alleggerimento della gestione delle parrocchie attraverso deleghe, procure e altre forme di corresponsabilità. E quindi anche di una guida sinodale delle comunità dove il pastore è pastore, ma ci sono anche altre figure che condividono la responsabilità pastorale. E poi ce n’è una, la quarantottesima sulla trasparenza economica e la rendicontazione diocesana».

Tra le critiche più severe quelle riguardanti l’omoaffettività e il ruolo delle donne. La proposizione 5,«che è stata anche oggetto di alcune osservazioni, dice che “le diocesi, avvalendosi anche di esperienze formative, prassi già in atto, si impegnino nella formazione di operatori e nuovi percorsi perché le comunità siano compagne di viaggio e favoriscano l’integrazione delle persone che soffrono perché si sentono ai margini della vita ecclesiale a causa delle loro relazioni affettive o condizioni familiari ferite o non conformi al matrimonio sacramentale (sposati civilmente, divorziati in seconda unione e conviventi eccetera) o del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere». Così pure alla proposizione 43 che «riguarda la responsabilità ecclesiale e pastorale delle donne. VI si legge: “Al fine di riconoscere che la Chiesa è comunità di donne e uomini che vive per l’apporto corresponsabile di competenza, parola, servizio degli uni e delle altre, si raccomanda alle diocesi di promuovere la nomina di donne (laiche e religiose) a guida di uffici diocesani, in ruoli di responsabilità pastorale in diocesi, parrocchie e associazioni, di favorire l’apporto di esperti in scienze bibliche e teologiche nelle istituzioni di formazione del clero e dei laici, di garantire una consistente presenza di donne negli organismi di partecipazione, nell’equipe di guida Sinodale delle comunità, nei tribunali ecclesiastici, di promuovere il loro accesso ai ministeri istituiti, perché – come lettrici, accolite, catechiste e referenti di piccole comunità – possano servire le comunità cristiane in modo competente, autorevole e stabile». La critica, in questo caso è all’aver espunto il riferimento al diaconato. Anche se, chiosa monsignor Castellucci, «come vedete non sono neanche tanto chiuse, queste proposizioni». Per esempio, aggiunge monsignor Bulgarelli, «quando si parla di donne come guida sinodale c’è un’evoluzione nel pensiero non indifferente. Bisognerà poi vedere come incarnare queste parole. Un processo che è in cammino, non semplice, ma che continua ad andare avanti».





Dal sito Famiglia Cristiana

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