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Se n’è andata Suor Paola, ci raccontò: “Mia mamma denunciò il convento per impedirmi di diventare suora”

Per il pubblico televisivo, almeno all’inizio, la “veste” di suor Paola erano la sciarpa e la bandiera della Lazio, anche se la sua presenza ad A sua immagine, di recente, aveva abituato gli spettatori a vederne sempre di più il lato reale, religioso. Nel 2023 Suor Paola D’Auria aveva celebrato i 50 anni di vita consacrata, e raccontò a Famiglia Cristiana con intelligenza e autoironia che sapevano arrivare alla sostanza, di come era diventata suora a caro prezzo con dolore e fatica, e di come aveva coniugato l’abito delle Suore Scolastiche di Cristo Re con la visibilità pubblica, credendo convintamente che le vie del Signore sono infinite.

Di convinzione del resto doveva averne avuta tanta da subito, perché per conquistarsi quell’abito aveva dovuto lottare non poco dato che la sua vocazione era stata contrastatissima in famiglia: «Ero appena diventata maggiorenne», raccontava, «mia madre è andata a denunciare le suore convinta che mi tenessero contro la mia volontà. Lei che lavorava alla posta rimandava indietro tutte le mie lettere perché non mi voleva più vedere né sentire. Per fortuna mi sono stati vicini i miei fratelli. Poi sono andata in un convento dove c’erano tante suore straniere. Da fuori mi dicevano: “Come mai hai fatto tutta questa battaglia per finire in un posto così?”. Si vede che era la mia vocazione. Per 50 anni ho insegnato, poi mi sono dedicata ai poveri, andando in carcere i detenuti mi chiedevano di portare i saluti alle loro famiglie e lì ho scoperto un mondo nuovo che non conoscevo».

All’epoca dell’intervista suor Paola era l’anima del Villaggio So.Spe., da Solidarietà e speranza, gruppo di case famiglia che ospita ragazze in difficoltà: «Le mandiamo a scuola, cerchiamo di inserirle nel mondo del lavoro, a molte quando sono pronte cerco una casa dove vanno a vivere, anche se tornano a stare con noi, ci portano i figli quando non hanno tempo di tenerli, però cerco sempre di dar loro una vita normale».

In comunità aveva contatti con le novizie: «Ci sono tante ragazze che mi dicono: “Vorrei condividere con te questa vita», raccontava, «forse perché mi vedono giorno e notte con i poveri e pensano che faranno anche loro la stessa cosa, però tante volte a muoverle non è proprio la voglia di diventare suora, ma il desiderio di fare qualcosa per gli altri. Per questo esiste il noviziato, perché ogni persona che decide di intraprendere la vita religiosa faccia un cammino di studio, di preghiera. Se è vero che la maggior parte entra con la reale convinzione di intraprendere la vita consacrata, c’è anche chi entra perché insoddisfatta: in questi casi c’è chi resta e chi si accorge pian piano che la vita religiosa non è per lei».

Spiegava così il ruolo della comunità religiosa in questo percorso: «La persona facendo il cammino di preparazione capisce da sola se è la sua strada. Quando venivano questi pensieri, forse mia madre aveva ragione, ogni tanto te lo chiedevi alle prime difficoltà, ma è stata più forte la voglia di fare qualcosa di diverso della mia vita e per gli altri. Sono stata per 12 anni a Quelli che il calcio, ma non ho mai avuto problemi perché la mia presenza in televisione parlava tutta di una presenza religiosa, dentro di me c’era quella forza».





Dal sito Famiglia Cristiana

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