di Lorenzo Rossi
Quando un omicidio in pieno centro a Manhattan si trasforma in una soap opera nazionale, c’è da chiedersi se l’America abbia davvero un problema con la giustizia o, più semplicemente, con il buon senso. Il 4 dicembre, Brian Thompson, amministratore delegato di UnitedHealthcare, la più grande compagnia privata di assicurazioni sanitarie del Paese, viene freddato sulla soglia di un hotel di lusso. Il suo assassino, Luigi Mangione, 26 anni, viene catturato dopo una rocambolesca fuga durata cinque giorni. Fin qui, un classico noir metropolitano. Ma, come spesso accade, il vero spettacolo è cominciato dopo.
Appena il nome di Mangione è trapelato, i social sono esplosi. Nel giro di poche ore, il profilo Instagram dell’aspirante giustiziere è passato da 2.000 a 45.000 follower, mentre su X (ex Twitter) è diventato una celebrità da 180.000 seguaci. A stupire non è solo la velocità con cui l’America costruisce i suoi miti, ma la leggerezza con cui li giustifica. Video montaggi, meme e hashtag come #FreeLuigiMangione si sono diffusi come un virus, trasformandolo in un Robin Hood dei tempi moderni. “Non solo è intelligente e colto, ma si batte anche per noi,” scrive una fan, aggiungendo che “è pure bello”. Sembra quasi che il reato passi in secondo piano: chi si occupa di estetica, chi di morale, chi di entrambe.
Mangione, figlio di una famiglia benestante, laureato in ingegneria e, per alcuni, icona di una protesta contro il sistema sanitario americano, ha innescato un dibattito che sta scuotendo il Paese. Perché sì, il sistema sanitario statunitense è un labirinto di avidità e ingiustizia, un meccanismo che spesso lascia indietro i più fragili. UnitedHealthcare, con i suoi 16,4 miliardi di dollari di profitti nel 2023, respinge un terzo delle richieste di rimborso dei pazienti. È normale che questa realtà generi rabbia. Ma è giusto trasformare un omicida in un simbolo?
Gli inquirenti hanno trovato un manifesto scritto da Mangione, in cui attacca il sistema sanitario americano definendolo “il più costoso al mondo, ma con un’aspettativa di vita miserabile”. Sul suo profilo X è apparsa anche una radiografia di vertebre danneggiate, che suggerisce possibili motivi personali alla base del gesto. Ma è difficile capire dove finisce la rivendicazione sociale e dove inizia la vendetta privata. Nel frattempo, la Casa Bianca ha preso posizione. “L’uso della violenza per opporsi all’avidità delle imprese è inaccettabile,” ha dichiarato la portavoce Karine Jean-Pierre. Parole che pesano come un mattone, ma scivolano sull’America come pioggia sul vetro.
Mangione divide. Tra chi lo vede come un martire e chi, più sobriamente, lo considera solo un assassino, il dibattito si è fatto aspro. Ma una cosa è certa: l’America ha bisogno di simboli, di eroi e anti-eroi, di volti che rappresentino le sue contraddizioni. Luigi Mangione, consapevole o meno, è finito al centro di un cortocircuito tra indignazione e idolatria. E Brian Thompson, l’uomo che ha perso la vita in questa vicenda? Nel mare di speculazioni, sembra quasi scomparire, schiacciato sotto il peso del mito che si sta costruendo sul suo carnefice. E con lui il significato sacrale della vita umana, per la quale nessun omicidio è giustificabile. Anche questa, in fondo, è una storia americana.