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Se Elon Musk sbeffeggia e detta legge ai ministri di Trump

Ci hanno venduto l’illusione di una piazza pubblica globale, un’Agorà digitale dove ognuno poteva esprimersi liberamente, farsi sentire, contare qualcosa. Ma in realtà la stagione delle illusioni è finita. In realtà, le piattaforme di Google, Apple, Facebook e Amazon (riunite sotto l’acronimo Gafa) non sono altro che condomini planetari privati, proprietà di pochi oligarchi della Silicon Valley, che decidono chi può parlare, chi deve tacere, quali contenuti far emergere e quali far scomparire nelle nebbie dell’algoritmo. Ormai hanno un tale potere che si permettono di intervenire alle riunioni di gabinetto di Donald Trump alla Casa Bianca (che a loro deve molto per la sua elezione) presentandosi in tenuta “casual”,in piedi, sbeffeggiando idealmente tutti i principali collaboratori del presidente degli Stati Uniti. Una cosa mai vista.
L’Europa, e con essa l’Italia, si accorge troppo tardi di essere finita nella ragnatela di questa dipendenza tecnologica. Mentre negli Stati Uniti si preparavano da decenni a governare la rivoluzione digitale, qui si assisteva inermi alla progressiva colonizzazione informatica. Oggi le infrastrutture per la trasmissione, la conservazione e l’elaborazione dei dati sono nelle mani di aziende americane, di cui Donald Trump, con il suo potere e le sue criptovalute (è di ieri la notizia che è l’unico ad averci guadagnato, a scapito di 800 mila investitori) è il terminale politico. Ed è su queste infrastrutture che si fonda il concetto stesso di sovranità. Non sono più i confini materiali, ma quelli immateriali, digitali, che si scontrano nel cyberspazio. I dati sono quello che nell’antica Roma era il sale, nel Cinquecento le vele e i cannoni, negli anni ’70 il petrolio.
Senza il controllo dei dati, l’Europa non è una potenza, ma una colonia digitale. Già in passato abbiamo affidato la nostra sicurezza all’ombrello nucleare degli americani, ed era giusto così, e oggi accettiamo di farci proteggere sotto quello digitale, abdicando a ogni velleità di indipendenza. Si dirà che ormai è tardi, che non possiamo competere con i giganti della Silicon Valley. Ma questo significa accettare di essere sudditi, e non cittadini.
E poi c’è la questione del potere. Le Big Tech non sono semplici aziende: sono nuovi imperi. Imperi sotto le mentite spoglie della democrazia. Hanno il potere di influenzare le elezioni, di orientare l’opinione pubblica, di decidere chi esiste e chi sparisce nell’etere digitale. Con l’avvento di Trump hanno gettato la maschera: mostrano un’arroganza e una brutalità mai vista prima attraverso vari esponenti, a cominciare da Elon Musk: appoggiano i movimenti neonazisti, alzano il braccio alle convention, attaccano l’Europa dimenticandosi un’alleanza atlantica che dura da oltre 70 anni e per la quale sono morti decine di migliaia di giovani in Normandia.
le Big Tech decidono chi merita visibilità e chi deve rimanere ai margini, fuori dal flusso delle informazioni. Un potere che non risponde ad alcuna regola democratica, che non ammette contraddittorio, che si alimenta nella nebbia dell’invisibilità digitale che corre nell’etere e sui cavi transoceanici.
L’Europa ha davanti a sé una scelta: continuare a fare l’inquilina in una casa che non le appartiene, accettando passivamente le regole imposte dai padroni digitali, oppure cominciare a costruire la propria autonomia. Serve una politica tecnologica indipendente, investimenti concreti in infrastrutture digitali europee, regolamentazioni che ridimensionino lo strapotere delle multinazionali del web. Perché senza sovranità digitale, senza il controllo dei nostri dati e delle nostre informazioni, non esiste né democrazia né libertà. Esiste solo la sottomissione a un potere che non si vede, ma che ci governa ogni giorno, senza che ce ne accorgiamo. Bruxelles ha annunciato un piano di investimenti sull’Intelligenza Artificiale di 200 miliardi di euro. Solo cifre per impresionare o finalmente qualcosa di concreto? Faremo ancora in tempo?
 

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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