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Rom e sinti, in Italia il pregiudizio resiste

Si intitola “Bagliori di speranza” il IX rapporto sulla condizione delle comunità rom e sinte in Italia, presentato oggi in Senato dall’Associazione 21 Luglio. Diminuiscono le presenze nei campi, ma resta lo stigma che ostacola l’integrazione

Stefano Leszczynski – Città del Vaticano

“E’ la prima volta – ammette Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio – che il rapporto annuale sulla condizione delle comunità rom e sinte in Italia permette di guardare con ottimismo al futuro. Bagliori di speranza vuol dire che ci sono dei segnali importanti che indicano che stiamo andando verso il superamento dei campi e che questo processo che sta diventando irreversibile”. Oggi si stimano circa 11.100 rom e sinti in Italia che vivono in insediamenti monoetnici e dal 2016 la riduzione del numero delle persone che vivono nei campi è stata del 53%. “Si tratta di un dato importante – sottolinea Stasolla – perché superare i campi significa anzitutto ridare dignità a quella che è la cittadinanza di tutti. Significa pensare a una società diversa”.

Ascolta l’intervista con Carlo Stasolla

Pregiudizi e discriminazioni resistono

Ci sono ancora pilastri culturali da scardinare per rendere possibile e reale l’integrazione di rom e sinti in Italia. “C’è ancora un problema di linguaggio – spiega Mauro Palma, già Garante per le persone private della libertà – soprattutto politico. Ad esempio in relazione alle comunità rom ancora si sente evocare la differenza tra persone ospitate e ospitanti. Mi colpisce in negativo questa sensazione sociale, che nel linguaggio poi è molto evidente, di considerare altra una certa comunità rispetto alla quale al più si deve essere tolleranti”.

Ascolta l’intervista con Mauro Palma

La Chiesa può fare molto

Nel cambiare la percezione sociale e il linguaggio nei confronti delle comunità rom le realtà ecclesiali possono giocare un ruolo molto importante, dice don Benoni Ambarus, vescovo ausiliario della Diocesi di Roma. “Io penso che le comunità ecclesiali possono imparare il Vangelo molto di più dalla comunità rom di quanto non possiamo immaginare. In questo Anno Santo dedicato alla speranza queste persone hanno molto da insegnare sul modo di vivere il Vangelo. Le difficoltà innumerevoli che queste comunità devono affrontare ogni singolo giorno sono talmente tante e talmente grosse che senza una forza interiore enorme non sarebbe possibile resistere”.

Ascolta l’intervista con monsignor Benoni Ambarus

Il problema abitativo

L’Associazione 21 luglio denuncia nel rapporto appena presentato “l’infelice primato” europeo dell’Italia, in quanto “dedica maggiori risorse, sia umane che economiche, alla gestione di strutture abitative con un chiaro profilo discriminatorio”. Secondo il rapporto i rom e sinti che vivono in baraccopoli sono almeno 10.580, sparsi in 75 comuni di 13 regioni. Le baraccopoli formali più grandi sono concentrate a Napoli e a Roma. L’accesso ad un’abitazione dignitosa dovrebbe essere un diritto umano scontato, ma così non è. “Molti rom – spiega Dragan che con la moglie Brenda vive nel campo di Casoria – non hanno accesso alla burocrazia e questo significa non poter avere alcun tipo di documento. Vivono da fantasmi”.

Ascolta l’intervista con Dragan e Brenda

Il nodo della scolarizzazione

Vivere negli insediamenti al di fuori dei centri urbani implica una grave condizione di emarginazione, di fatto discriminatoria. “Quella dell’accesso all’istruzione per noi è una sfida fondamentale, – ribadisce Stasolla –perché siamo un’associazione che guarda all’infanzia con grande attenzione. È importante puntare alle nuove generazioni e da parte delle istituzioni serve un impegno che vada ben oltre quello di portare l’istruzione ai campi. Bisogna poter portare i bambini nella scuole, perché solamente se si supera questa barriera mentale e fisica si può iniziare a parlare di successo scolastico”.

 



Dal sito Vatican News

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