Tanti anni fa, il volontariato era dono di tempo e denaro a cura di benemerite e antiche associazioni, nate intorno alle parrocchie, alle diocesi, dalla scuola di carità dei santi sociali.
Poi i movimenti ecclesiali hanno educato soprattutto i loro giovani a imparare dalla carità, a crescere nella carità, che è innanzitutto un bene per chi vive e testimonia l’amore a Dio e al prossimo, secondo i comandamenti di Gesù. La testimonianza, si sa, si dilata per contagio, quasi a gara, anche se alla carità si è sostituita sempre più la parola solidarietà.
Quanti uomini e donne di buona volontà e amore alla vita sono diventate presenze insostituibili:
- nelle periferie, per i compiti e il gioco dei più piccoli, per la compagnia e l’assistenza agli anziani;
- per le coperte e il cibo ai senza casa, per sostenere la giustizia dei più poveri, delle donne e dei bambini abbandonati, violati;
- per preparare pasti e pacchi alle famiglie più bisognose;
- per regalare un sorriso negli ospedali a chi è malato e un conforto a chi muore;
- per costruire chiese e luoghi di incontro, campi sportivi, case famiglia;
- per accogliere chi è solo e diseredato, per aiutare lo straniero o il carcerato, vestire gli ignudi, dar da mangiare e da bere agli affamati.
Sono le opere di misericordia, corporale e spirituale, che salvano l’anima di tanti, credenti e non, perché ti cambiano il cuore.
E in questi giorni di solerti compere per le feste, di corse affannose per apparecchiare le tavole, c’è chi si ricorda di chi non ha, e muove la fantasia, le mani e le gambe.
Trent’anni fa nasceva in Italia il Forum del Terzo Settore: quello del volontariato, che unisce tutti i gruppi, comunità, organizzazioni che non hanno come scopo primario il profitto e, se fanno profitto, lo reinvestono per il bene comune.
Mi piace ricordare un campione di creatività e passione, Riccardo Bonacina, fondatore e primo direttore del settimanale del non profit, Vita. Una testata rivoluzionaria nel panorama giornalistico, che ha aiutato la formazione, l’impegno per le normative, che ha dato voce alla galassia di opere nel sociale.
Una scommessa di libertà per raccontare l’Italia che vuole e sa costruire, proporre, più che lamentarsi soltanto o urlare, rompere, odiare. Vita, cioè amore e lavoro per la vita, per la realtà tutta e per gli uomini che la abitano.
Bonacina, che tanti hanno conosciuto e stimato, se n’è andato la settimana scorsa, dopo una lunga malattia serenamente vissuta. Nella fede, che ha mosso sempre la sua intelligenza, da quando lavorava al glorioso settimanale Il Sabato, sentinella di un impegno dei cattolici nel mondo politico, sociale, culturale.
Fino agli ultimi anni, quando partiva coi camion carichi di viveri per le lande fredde e devastate di Ucraina, perché la pace non si fa sventolando striscioni, ma essendo uomini e donne di pace.
Per fortuna, in questi tempi di consumismo e individualismo tristi, ci sono i santi, cioè gli uomini veri, che donano tutto, prendendo sul serio quel «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Non per volontarismo, non per sforzarsi di essere generosi, non perché i cristiani “fanno” le opere buone, ma per ricevere grazia su grazia.