Nel cuore di Milano, nel quartiere di San Siro per la precisione, l’incontro tra culture e fedi diverse è una realtà quotidiana. Un esempio concreto di dialogo interreligioso si è tenuto lo scorso giovedì 27 febbraio, quando un gruppo di adolescenti dell’oratorio Beata Vergine Addolorata del quartiere milanese ha fatto visita alla Casa della Cultura Musulmana di via Padova 144, per un momento di conoscenza e preghiera condivisa in occasione dell’inizio del Ramadan del 1° di marzo. Un gesto carico di significato, rafforzato da un’intenzione comune: pregare per la salute di Papa Francesco.
L’iniziativa si inserisce in un percorso di collaborazione che da anni vede la comunità musulmana e l’oratorio camminare insieme. «Volevamo fare qualcosa di simbolico per questo tempo molto importante per i nostri ragazzi, che per il 90% sono di fede musulmana» racconta Michele Ottonello, educatore dell’oratorio e anima del progetto “Villaggio“. «Abbiamo visitato la Casa della Cultura per conoscerne la storia e il significato, ma ciò che è successo dopo non era previsto: sono stati proprio i ragazzi musulmani a chiedere di pregare».
La richiesta, accolta con entusiasmo dall’Imam Mahmoud Asfa e da sua moglie Shaza Ahamad Ali, ha dato vita a un momento di preghiera comune, dedicato a Papa Francesco, figura di riferimento anche per il mondo musulmano. «Abbiamo concluso in una maniera fraterna, che rappresenta l’espressione più alta del nostro cammino insieme. Un cammino che non prescinde dalle identità di nessuno, anzi le valorizza: vogliamo che i musulmani crescano come buoni musulmani e i cristiani come buoni cristiani», sottolinea Ottonello. Che evidenzia anche l’importanza di questo cammino di condivisione: «Ciò che facciamo non è qualcosa di forzato o imposto, ma nasce da un bisogno reale del quartiere e dei nostri ragazzi. San Siro è un quartiere con tantissime nazionalità, una varietà incredibile di storie e culture. Non possiamo ignorare questa realtà, dobbiamo accoglierla e farne una risorsa. Il nostro oratorio è un luogo che unisce, non che divide».

Un oratorio unico nel suo genere
L’oratorio Beata Vergine Addolorata si distingue per essere l’unico a Milano ad aver organizzato una visita a una casa di cultura musulmana. «Esistono esperienze scolastiche simili, ma nel panorama oratoriano siamo i primi», spiega Ottonello con orgoglio. Un altro primato riguarda la presenza di suor Grazia Pizzarello, figura storica dell’oratorio, che ha festeggiato il suo 81° compleanno proprio in questo contesto. «Suor Grazia è da sempre un ponte tra le due realtà, ben voluta da tutti. La sua presenza ha dato un significato ancora più profondo alla giornata».
«Lei è una colonna portante del Villaggio, non si è mai fermata, nonostante l’età. Vederla sorridere, seduta accanto agli amici musulmani che la festeggiavano, è stata un’emozione incredibile. Questo è lo spirito con cui portiamo avanti il nostro lavoro», aggiunge Michele.
L’incontro del 1° marzo non rimarrà un episodio isolato. «Durante l’anno abbiamo due momenti di condivisione: il presepe vivente, realizzato con la comunità musulmana, e l’Iftar, la cena di interruzione del digiuno durante il Ramadan», racconta Ottonello.
Il prossimo appuntamento è fissato per il 22 marzo, quando le famiglie cristiane e musulmane si riuniranno in oratorio per un Iftar comunitario. «Si inizierà con la preghiera, separata per tradizione ma sotto lo stesso tetto, e si interromperà il digiuno secondo il rito musulmano, con latte e acqua, prima di condividere un banchetto con piatti tipici delle diverse nazionalità presenti nel quartiere», spiega Ottonello. «San Siro conta 88 nazionalità censite: non le avremo tutte a tavola, ma ci avvicineremo. L’Iftar è sempre un momento speciale. Non si tratta solo di mangiare insieme, ma di vivere un’esperienza di comunità. Ognuno porta un piatto tipico, si raccontano storie, si condividono momenti di vita. Questo aiuta i ragazzi a comprendere la bellezza della diversità e a creare legami profondi», sottolinea Ottonello.
L’esperienza dell’oratorio di San Siro dimostra che il dialogo interreligioso è possibile, soprattutto tra le nuove generazioni. «Un’età come quella adolescenziale, al di là del credo, ha tratti comuni. Creare spazi di incontro e di scambio è fondamentale per la crescita dei ragazzi e per costruire un tessuto sociale più solido», conclude Ottonello.
«Abbiamo la responsabilità di offrire ai ragazzi un’alternativa alla strada. Spesso ci chiediamo come prevenire il disagio giovanile, e io credo che la risposta sia qui: creare comunità. Un luogo dove ci si sente accolti, rispettati, dove si impara a convivere. Questo è il nostro obiettivo». L’oratorio, che è diventato un vero e proprio «osservatorio diocesano per il dialogo interculturale e interreligioso», sta già ricevendo richieste da altre parrocchie che vogliono replicare questo modello. Una speranza per il futuro, dove la fede e la comunità possano essere strumenti di unione anziché di divisione.