In occasione del Giubileo degli Adolescenti, la storia di un legame coltivato sui campi di una variante del basket aperta a tutti. Un rapporto capace di andare oltre la disabilità motoria e le diffidenze, perché “vince chi sa restare bambino nel cuore. Non è fragilità, è speranza”
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
“Alcune persone sperano che le cose belle accadano. Altre, le fanno accadere.” Con queste parole, Michael Jordan — leggenda del basket — ha tracciato un confine sottile tra il desiderare e l’agire. Un limite che Edoardo Levanja, 12 anni, originario di Monterotondo Scalo, nella città metropolitana di Roma, ha oltrepassato con il cuore in mano, facendosi artefice di una speranza tanto concreta quanto spontanea. Un merito per il quale, lo scorso 5 aprile, il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella gli ha conferito l’attestato d’onore di Alfiere della Repubblica, riconoscendolo tra i 29 giovani italiani distintisi per impegno e virtù civiche. Con lui, in questa storia di speranza, c’è Gaia Nur, compagna di scuola e di squadra, che convive con una disabilità motoria.
La tenerezza come chiave di un legame
La loro amicizia non nasce da un progetto, da un gesto eclatante o da una missione educativa. Ha origine, come spesso accade per le cose più autentiche, per caso. “All’asilo, vedevo Gaia stare sola. E mi faceva tantissima tenerezza. Mi sono avvicinato, e da lì è iniziato tutto”, racconta Edoardo ai media vaticani, con la dolcezza dell’infanzia che vede e sente ciò che spesso gli adulti ignorano.
“Baskin”, la pallacanestro inclusiva
Anche se la scuola li ha separati in sezioni diverse, Edoardo e Gaia hanno trovato un nuovo campo dove continuare a camminare fianco a fianco: il baskin, una forma di basket inclusivo, in cui persone disabili e normodotate giocano insieme, ognuno con un ruolo calibrato sulle proprie possibilità, non sui propri limiti. “Il baskin è l’abbraccio tra sport e umanità”. Lo raccontano Edoardo e Michela Oriella — mamma di Gaia e presidente dell’Asd Baskin Sabina, un’associazione che dà forma all’inclusione, trasformandola in gioco, squadra, vita condivisa.
L’illusione di limiti e timori
“Cosa mi piace di Gaia? Che sorride sempre”, confida il neo Alfiere della Repubblica. È in quel sorriso che si nasconde una complicità fatta di gesti semplici, che spronano ad andare oltre quei limiti che, come affermava ancora Michael Jordan, al pari delle paure, sono spesso soltanto illusioni”. Farle assaggiare un pezzo di cioccolato, insegnarle a palleggiare, allenarla con pazienza. “Le faccio un po’ da personal trainer”, confessa ancora “Edo”.
“Io aiuto le persone”
Eppure, non tutti comprendono. C’è chi ha provato a ferirlo: “Se giochi con i disabili, allora sei disabile anche tu.” La risposta di Edoardo non lascia spazio a repliche: “Io aiuto le persone.”
Capirsi senza bisogno di parole
L’amicizia con Gaia è stata un dono anche per i genitori, Michela e Tevfik, originario della Turchia. “Nostra figlia non è verbale. Eppure c’è chi la capisce anche così. Con Edoardo, ma anche con altri compagni sensibili, l’intesa è nata da subito.” Capirsi senza parole è una forma d’amore rara. “Si tratta di voler entrare nel mondo di chi, per le sue caratteristiche, rischia di essere dimenticato. Quando si fanno le foto di gruppo, a volte si scordano di lei. Ma ci sono bambini come Edoardo, che non solo se ne accorgono, ma la vanno a prendere. La portano dentro.”
La compagnia, antidoto alla paura
Gaia parla attraverso i sorrisi, gli abbracci, le risate. Condivide tutto ciò che può, senza riserve. Ma il futuro a volte fa paura. “Ragazze e ragazzi come lei rischiano di restare soli crescendo. Da piccoli è più facile avvicinarsi. Poi, con l’adolescenza, se non c’è un’anima sensibile accanto, si rischia l’isolamento.” Michela invita le famiglie a cercare alleanze, ad aprirsi, a confidare le fragilità, perché esistono reti, persone, possibilità. Esistono storie come quella di sua figlia.
La rivoluzione della gentilezza
E tante sono ancora le cose che Edoardo e Gaia auspicano possano accadere. La loro speranza è fatta di gesti piccoli e grandissimi. Quella dell’Alfiere della Repubblica è limpida: “Che possiamo continuare così.” Quella della presidente dell’Asd Baskin Sabina, altrettanto: “Che storie come la loro possano ispirare. Perché la vera forza è nella normalità del bene. Vince chi sa restare bambino nel cuore, chi va controcorrente con gentilezza. Non è fragilità. È speranza. E io la auguro a tutti.”