La sfida è tra il capo di Stato uscente, il magnate di centro destra Daniel Noboa del Movimiento Acción Democrática Nacional (Adn), e Luisa González, la candidata progressista del Movimiento Revolución Ciudadana (Rc). Sicurezza, debito e lotta al narcotraffico tra i temi caldi della campagna elettorale
Giada Aquilino – Città del Vaticano
Domani in Ecuador si svolge il secondo turno delle elezioni presidenziali. La sfida è tra il capo di Stato uscente, il magnate di centro destra Daniel Noboa del Movimiento Acción Democrática Nacional (Adn), e la correista Luisa González, la candidata progressista del Movimiento Revolución Ciudadana (Rc), esponente di quella sinistra di Rafael Correa al potere dal 2007 al 2017.
Quasi 14 milioni di elettori
Dopo il primo turno del 9 febbraio scorso, in cui il presidente uscente ha ottenuto a livello nazionale un esiguo margine di 16.746 voti in più su González (con un 44,17% contro un 43,97%, senza che nessuno quindi che abbia ottenuto il 50% più uno dei consensi), oltre 13,7 milioni di cittadini sono chiamati al ballottaggio per decidere se rieleggere Noboa per un mandato completo 2025-2029 — a due anni dalle consultazioni straordinarie del 2023, innescate dall’applicazione del meccanismo costituzionale della “muerte cruzada” da parte dell’ex presidente Guillermo Lasso — o riportare al potere il correismo, il che farebbe di González la prima donna nella storia dell’Ecuador a vincere le elezioni presidenziali.
I temi della campagna elettorale
Mentre gli ultimi sondaggi hanno rilevato un leggero vantaggio per Noboa, i due candidati hanno concentrato le loro energie sulle popolose province costiere, in particolare nella zona di Guayaquil, dove gli elettori chiedono a gran voce un’azione per affrontare la spirale di violenza legata al traffico di droga. La sicurezza è una delle grandi questioni di questo voto, come lo è stata pure nel primo turno, accanto a temi quali un debito che mette a rischio persino gli stipendi dei funzionari, la necessità di nuovi programmi sociali, l’emergenza legata ai blackout che hanno colpito negli ultimi mesi il Paese sudamericano per anche 12 ore al giorno, le concessioni minerarie, soprattutto nei territori abitati dalle comunità indigene.
Violenze e narcotraffico
All’inizio dello scorso anno, l’Ecuador è stato scosso da profonde violenze delle bande armate legate al narcotraffico, con attacchi a università, ospedali, studi televisivi, disordini nelle carceri, per le strade e nei centri abitati, nel quadro di una nazione che è salita tristemente in vetta nella lista delle più violente dell’America Latina, in un intreccio tra criminalità locale e cartelli internazionali della droga. L’insicurezza ha colpito ogni settore del Paese, dall’istruzione alla sanità, alla politica. Nell’agosto 2023, uno dei candidati alle presidenziali, Fernando Villavicencio, venne assassinato appena dieci giorni prima delle consultazioni. Da allora, denunciano varie ong, sono stati uccisi almeno 30 politici, compresi funzionari eletti. Per Noboa, il voto di questa domenica servirà a «porre fine al narcoterrorismo», al quale ha dichiarato «guerra» da subito dopo il proprio insediamento, proclamando il «conflitto armato interno» proprio per combattere il crimine organizzato. Ha chiesto più tempo per attuare il suo piano di sicurezza “Fénix”, assicurando che le condanne più severe e gli arresti dei capi delle bande l’anno scorso hanno ridotto le morti violente del 15%. González ha invece denunciato come l’Ecuador sia «precipitato» ulteriormente nella violenza, registrando una media di un omicidio all’ora nei primi mesi del 2025, promettendo più agenti di polizia, tecnologie anti-riciclaggio e una mobilitazione di migliaia di operatori sociali nei quartieri violenti per aiutare a creare posti di lavoro e assicurare che i bambini, spesso reclutati dalla criminalità, vadano a scuola.