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Prendersi cura: il legame che definisce la nostra identità



La copertina del numero di dicembre di Studi Cattolici.

Il numero speciale di Studi Cattolici dicembre esplora il tema del prendersi cura degli altri, con interventi di Paola Binetti, Giovanna Razzano, Antonio Monteleone, Vincent Nagle, Massimo Pandolfi, Marinella Vedani, Giuseppe Genduso, Pietro Angelo Rossi ed Emmanuel Exitu. Paola Binetti, medico psichiatra e deputata, introduce il fascicolo partendo da riferimenti biblici e analizzando esempi di “non-cura”, come la maternità surrogata, e di “cura positiva”, come le Cure palliative. L’autrice critica l’idea di autodeterminazione assoluta come unico valore della modernità, sottolineando che la vera umanità si manifesta nella relazione di cura, dalla quale nascono gratitudine e generosità, pilastri della nostra identità umana. Anticipiamo un estratto dell’articolo.

di Paola Binetti

Dopo aver creato il mondo, Dio promise all’uomo: «Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Questo segna il culmine della creazione: un modello relazionale in cui il bisogno umano di condivisione trova piena espressione. L’uomo è fatto per relazionarsi, sperimentando emozioni e sentimenti autentici, radicati nei valori essenziali della vita. La solitudine, al contrario, rappresenta un rischio esistenziale. La complementarità tra persone diverse, basata sui talenti individuali, consente il reciproco aiuto, in un equilibrio continuo tra autonomia e fragilità. Solo chi conosce le proprie debolezze può davvero prendersi cura degli altri, come ricorda l’antica metafora del “guaritore ferito”. Il racconto biblico evidenzia l’importanza delle relazioni: con Dio e con gli altri. «In principio era la relazione» suggerisce che nessuno può esistere senza l’altro. La solitudine può trasformarsi in opportunità per aprirsi all’altro, superando i propri limiti attraverso nuovi slanci di generosità e intelligenza. Nella Bibbia, la relazione di cura riflette l’immagine di Dio: una paternità e fraternità che si manifestano nella condivisione e nel sostegno reciproco.

L’autonomia assoluta è un’illusione che porta l’uomo alla tentazione più infelice: pensare di poter vivere senza gli altri. Al contrario, la cura reciproca è il fondamento della vita. Gratitudine e generosità, nate dalla relazione di cura, non solo definiscono la nostra umanità ma garantiscono la coesione sociale e la solidarietà tra le generazioni. Perché la relazione di cura abbia senso, è fondamentale un’identità personale solida. La cura non si limita al desiderio di aiutare l’altro, ma richiede empatia, saggezza e una comprensione profonda dei bisogni altrui. La fragilità condivisa permette di trasformare la paura della solitudine in uno spirito di servizio. Ogni relazione contribuisce a cambiare chi siamo. Alcune vengono abbandonate, altre trasformate, mentre nuove relazioni arricchiscono la nostra esistenza. Anche a distanza, legami importanti continuano a influenzarci, come quelli con genitori, maestri o amici che hanno lasciato un’impronta indelebile. Anche le istituzioni, per avere senso, devono incarnare il principio della cura. Devono andare oltre la dimensione economica e tecnica, mettendo al centro la persona e i suoi bisogni.

La cura istituzionale significa garantire dignità a ogni individuo, specialmente ai più fragili, attraverso un approccio etico che tuteli la vita e la sua trascendenza. La maternità surrogata, esempio di “non-cura”, spezza il legame primordiale tra madre e figlio, fondamentale per lo sviluppo emotivo del bambino. Al contrario, le cure palliative rappresentano l’essenza della relazione di cura. Accompagnano la persona nella fase finale della vita, alleviando il dolore e offrendo dignità. Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di queste cure come risposta alla “cultura dello scarto”, che sacrifica i più deboli in nome dell’efficienza. Le cure palliative, integrate con l’ascolto e l’empatia, mostrano come la vera cura non sia solo un atto medico, ma un impegno umano e spirituale. In un mondo sempre più individualista, prendersi cura dell’altro è un atto rivoluzionario. Gratitudine e solidarietà sono il motore di una società giusta, come ricorda l’enciclica Fratelli tutti. La vera carità si manifesta nella relazione di cura, che ci invita a riconoscere il valore intrinseco di ogni vita, soprattutto quella dei più fragili. La cura reciproca, dunque, non è solo un dovere morale, ma il fondamento su cui costruire una società più umana e coesa.





Dal sito Famiglia Cristiana

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