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Perché il calcio è un’impresa fondata sulle scommesse, alla luce del sole


Mentre dai tribunali riemerge, come accade ad ora incerta, la questione delle scommesse nel calcio, verrebbe quasi naturale essere tentati di far la morale a ragazzi, privilegiati per stipendio e visibilità, che sperperano nell’azzardo illegale la fortuna dei loro talenti, ma sarebbe guardare alla punta di un iceberg rovesciato.

I calciatori che si lasciano tentare da scommesse su siti illegali sono infatti la punta sommersa dell’iceberg enorme di un’impresa fondata a livello mondiale sull’azzardo e sulle scommesse alla luce del sole. 

«Solo tra il 2006 e il 2023 la raccolta delle scommesse su competizioni calcistiche è aumentata di oltre 7 volte, passando da 2,1 a 14,8 miliardi di euro, (con un gettito erariale pari a 371,4 milioni di euro, mentre il secondo sport, ovvero il tennis, non supera i 3,6 miliardi di euro di raccolta e i 93,3 milioni di gettito). La Serie A di calcio maschile nel 2023 ha prodotto una raccolta in Italia pari a quasi 2,8 miliardi di euro (solo nel 2012 non si superavano gli 807,1 milioni), mentre quella stimata a livello mondiale tocca i 34,6 miliardi di euro, giocati in gran parte in Asia e in Europa».

Tutto questo non si legge in chissà quale inchiesta tratta dalle confidenze di gole profonde, ma nella fotografia più trasparente e ufficiale dell’economia del calcio: il Report annuale del calcio 2024 pubblicato dalla Federazione italiana giuoco calcio.


UNA QUESTIONE MONDIALE

Non è un fatto italiano anzi, è il calcio come impresa mondiale a vivere molto di scommesse legali, legalissime: «Considerando il settore delle scommesse sportive» si legge nel Report, «con una raccolta annua pari a 735 miliardi di euro il calcio incide invece per oltre il 50% del movimento prodotto a livello mondiale, davanti al basket (193 miliardi) e al tennis (179 miliardi)». Ovviamente tutto questo rappresenta un potenziale rischio per la regolarità delle partite, inclusa la tentazione di venderle e comprarle, ovviamente illegalmente: «Sport, azienda leader a livello mondiale per i servizi finalizzati alla tutela dell’integrità delle competizioni, ha sviluppato dei software basati su IA per aumentare la qualità nel servizio di individuazione di flussi anomali sulle competizioni sportive; nel solo 2023 sono stati analizzati 850.000 eventi sportivi in 70 diverse discipline». 

La situazione in Italia

  

«Nel 2022-2023 si stima che la raccolta complessiva da scommesse sportive effettuate dagli italiani sia stata pari a quasi 20 miliardi di euro. La quota afferente alle scommesse sul calcio è stata di oltre 14 miliardi, costituita per il 23% da raccolta fisica in agenzia (3.290 milioni) e per il 77% da raccolta online (10.750 milioni). Tuttavia, solamente una quota minoritaria degli oltre 14 miliardi di raccolta a valere sulle scommesse calcistiche contribuisce effettivamente a generare impatti socioeconomici nel territorio italiano. (…) Complessivamente, a livello diretto, indiretto e indotto, si stima quindi che le scommesse sportive sul calcio effettuate dagli italiani contribuiscano a generare 1.584 milioni di impatto sul PIL, e a sostenere 13.778 Unità Lavorative Annue in Italia. Una quota rilevante dell’impatto economico complessivo è rappresentata da circa 520 milioni di gettito fiscale diretto, indiretto e indotto, dei quali 380 milioni fanno riferimento alla stima dell’Imposta Unica sulle scommesse sportive a quota fissa, versata direttamente dalle società di scommesse, la cui base imponibile è costituita dalla differenza fra raccolta e vincite, ossia dalla spesa». Insomma ci guadagnano il calcio e l’erario, ma enormemente di più le agenzie di scommesse, perché vince quasi sempre il banco.


il peso del “betting” nelle sponsorizzazioni

Tra i 237 Sponsor di maglia nelle 10 principali leghe europee il  “betting” ossia il settore relativo alle scommesse è la prima voce con il 18% Il mercato globale del betting, secondo Sportradar, è stimabile in quasi 1.500 miliardi di euro nel 2023, di cui oltre il 50% relativamente solo al calcio. «La commercializzazione dei diritti betting», spiega il Rapporto, «rappresenta una fonte di ricavo sempre più in crescita per le organizzazioni sportive, soprattutto in una fase di saturazione della crescita dei diritti media». Ognuna delle 5 Top League calcistiche europee ha più che raddoppiato i suoi ricavi derivanti dai diritti delle scommesse: «Negli ultimi accordi (il valore totale di Premier League, Liga, Bundesliga, Serie A e Ligue 1 è passato da 66,1 milioni di dollari del 2019-2020 ai 164,5 del 2024-2025)».

Secondo il Report 2024 sono 131 i title sponsor provenienti dal Betting, di cui 67 in Inghilterra, Germania, Francia e Spagna, in Italia sono 0 perché in Italia a causa del Decreto dignità dal 2018 è vietato pubblicizzare e pure portare sulle maglie agenzie anche legali di scommesse. I title sponsor sono quelli che non si limitano a rappresentare lo sponsor principale, ma contribuiscono a dare il nome a una squadra (come succede anche in Italia per pallacanestro o pallavolo), a un evento sportivo (è il caso, per esempio, degli Internazionali d’Italia di tennis che hanno il nome di una banca) o a un impianto sportivo. Il 3% totale delle sponsorizzazioni delle prime 10 top league eccetto l’Italia viene dal betting, il valore più alto lo ha il campionato russo con il 9%. In Europa e in America Latina è betting il più rappresentato settore merceologico di title sponsor rispettivamente per il 30% e il 50%.

L’Italia ha regole più rigide ma si aggirano con facilità

  

Le norme che pure vietano in Italia il diretto legame commerciale tra sport e agenzie di scommesse si aggirano con facilità: basta sostituire i siti delle agenzie di scommesse legali con siti di “notizie” sportive che si chiamano “bet” o “win” qualche cosa, che evocano le scommesse senza darvi accesso diretto, e i giochi sono fatti. Si spiegano così: lo sponsor dell’Inter, la pubblicità di Luca Toni, i tanti riferimenti alle statistiche di questi siti cui fanno riferimento le trasmissioni sportive e gli innumerevoli spot relativi che interrompono le partite.

Se il sito si mostra come un sito di “informazione” e allude alle scommesse legali ma non vi devia direttamente, anche se vi è di fatto finalizzato senza dirlo, cosa che chi ci va sa benissimo, rispetta il “decreto dignità” nella forma aggirandone la sostanza. Il meccanismo è lo stesso di quando si mettono gli spot subito dopo e subito prima delle sigle per aggirare il divieto di interrompere con pubblicità di qualsiasi tipo le puntate dei cartoni animati destinate ai bambini.


Buoni consigli e cattivo esempio

In tutto questo nel rapporto sul Calcio 2024 si parla anche dell’attività a tutela delle competizioni e della lotta al match-fixing ossia alle partite combinate: «Rappresenta», si legge, «uno dei capisaldi dell’impianto normativo della FIGC e dell’azione federale, e viene portata avanti anche grazie ad una apposita collaborazione con Sportradar, che si concretizza con l’analisi dei trend delle scommesse, la valutazione su eventuali anomalie e lo sviluppo di una significativa attività di formazione e sensibilizzazione sui rischi del betting e sulla regolamentazione in materia». Si parla di decine di corsi che hano coinvolto migliaia di calciatori tra professionismo e giovanili.

Lodevoli iniziative, che in un contesto in cui si vive di fatto circondati, se non immersi, in continui riferimenti alle scommesse e al gioco d’azzardo sanno tanto, con tutta la buona volontà, di foglia di fico trasparente.

Tanto più che neppure sempre si mostra coerenza istituzionale: neanche ci si è posti il dubbio quando nel 2023 si è chiamato al posto di Gigi Riva, come Capo dellegazione della Nazionale di calcio, Gigi Buffon, grandissimo portiere, uno dei simboli dell’Italia campione del mondo a Berlino, ma che non ha mai fatto mistero di coltivare l’hobby dell’azzardo legale. Nulla di contro le regole formali, per carità men che meno di illegale o antisportivo, ma forse ci si sarebbe potuto porre un problema di opportunità, tanto più che Figc è istituzione nel calcio.

Mentre il Francesco Totti, volato in Russia, in cambio pare di un assegno a sei zeri, invitato da una chiacchierata agenzia di scommesse è oggi “solo” un simbolo.

Il “decreto dignità” ha i giorni contati?

  

Paiono del resto avere i mesi contati le stesse regole fissate nel 2018 con il decreto dignità per cui «in Italia è vietata “qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media».

Il 5 marzo scorso, la Commissione Cultura del Senato ha approvato una risoluzione (relatore Paolo Marcheschi Fdl), all’interno della cosiddetta “Riforma Calcio”, che prevede la revisione delle normative che disciplinano la pubblicità per il settore dei giochi. Se il testo dovesse essere definitivamente approvato, gli operatori di scommesse potranno riprendere a sponsorizzare eventi sportivi, a condizione che siano completamente regolamentati e autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM).


Quanto costa l’azzardo patologico

Il Decreto “dignità” sorgeva in un momento in cui era avvertita come una piaga sociale la dipendenza da gioco patologico, che non scomparsa anzi né è con ogni evidenza un problema solo di qualche calciatore, anche se fa più notizia se capita al Faggioli di turno, che ora ne è uscito. 

Secondo uno studio intitolato Social Costs of Gambling Harm in Italy (il costo sociale del gioco d’azzardo in Italia), pubblicato nel 2022 dai professori Fabio Lucchini e Simona Comi, i costi sociali del gioco d’azzardo in Italia ammontano a oltre 2,3 miliardi di euro all’anno. Lo studio ne offre una stima, suddividendoli in diverse categorie Costi sanitari e di assistenza sociale: 60,2 milioni di euro; Costi legati alla disoccupazione e alla perdita di produttività: 1.253,4 milioni di euro; Costi legati ai suicidi: 291,6 milioni di euro; Costi familiari (separazioni e divorzi): 9 milioni di euro; Costi relativi a criminalità e sistema giudiziario: 709,8 milioni di euro.

Secondo gli autori si tratterebbe di una sottostima, perché calcola i costi pubblici, senza tenere conto di quelli sostenuti dai giocatori cosiddetti moderati o a basso rischio, né l’impatto sulle famiglie dei giocatori problematici e rileva che stime basate su parametri diversi, porterebbero i costi sociali del gioco problematico in Italia, a un range variabile da 1,5 miliardi di euro (stima più bassa) a 4,1 miliardi di euro (stima più alta).

 

In Italia almeno un milione e mezzo i giocatori problematici

  

Secondo la prima indagine epidemiologica del 2018 dell’Istituto Superiore di Sanità sull’azzardo patologico: su 14 milioni e mezzo di italiani (pari al 36,4% della popolazione) che hanno ammesso di aver praticato il gioco d’azzardo almeno una volta all’anno, circa un milione e mezzo sono stati classificati come giocatori problematici. Probabile che la pandemia abbia aggravato la situazione soprattutto riguardo al gioco online. Secondo uno articolo pubblicato su Medicina delle Dipendenze, sull’impatto della pandemia da Covid-19 sul gioco d’azzardo in Italia: i risultati dello studio Lost in Italy: «Tra coloro che non giocavano d’azzardo prima del lockdown, l’1,1% ha iniziato a giocare. Tra coloro che giocavano d’azzardo già prima del lockdown, il 19,7% ha aumentato la frequenza o il tempo di gioco».





Dal sito Famiglia Cristiana

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