«Il Papa è a Santa Marta, riposa e non vede nessuno, almeno a quella mia conoscenza». Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervenendo, a Sacrofano, alla Cattedra dell’accoglienza, parla della tanta gente che ancora continua a pregare per il Papa. «Credo che quello che dobbiamo fare è questo soprattutto: accompagnarlo con la nostra preghiera». A margine dell’incontro parla dell’importanza, per il Pontefice, di «trovare il tempo per riprendersi un po’ alla volta, stando tranquillo e senza svolgere attività pubbliche»: E proprio oggi viene alla mente la statio orbis, quando il Papa, da solo in piazza San Pietro, pregava per la fine della pandemia. «Questa solitudine, questo silenzio un po’ oggi ritorna sotto altra forma», sottolinea il cardinale, «anche se c’è sempre una partecipazione del Papa. Mi pare che il Papa è ben collegato con tutta la Chiesa e con tutti i fedeli. Ecco, lo hanno dimostrato tutte le manifestazioni di affetto e soprattutto di preghiera con cui è stato accompagnato durante i giorni della sua malattia. E che continuano, che continuano. Ricevo continuamente messaggi di persone che dicono che stanno pregando per il Papa, per la sua piena ripresa. Per un ristabilimento perché possa tornare a svolgere la sua attività, a governare la Chiesa, forse non come prima, forse con forme diverse, ma comunque a governare».
Il segretario di Stato commenta anche le dure parole di Trump contro l’Europa e gli europei che sarebbero «dei parassiti», ricordando, invece, le parole del Papa al direttore del Corriere della Sera: «Bisogna cominciare a disarmare Le parole per evitare che poi diventino conflitti e diventino guerra guerreggiata. Questo vale per tutti e soprattutto oggi, quando c’è questa situazione così tesa in tutti gli ambiti, è bene usare poche parole, fare silenzio il più possibile. E se si usano parole usare parole sagge, parole che possano aiutare a dialogare, ad incontrarsi e non a dividersi». Continua a nutrire speranze per l’Ucraina. «So che i negozianti continuano», dice, «e io spero che possano davvero arrivare a delle conclusioni positive. Credo che l’importante è che si negozi senza precondizioni in modo tale che si trovi un punto di accordo e si possa arrivare a una tregua prima e a un negoziato vero e proprio poi per giungere a quella pace giusta e duratura che tutti auspichiamo e che, penso, anche le parti stesse desiderano ottenere».
Per Gaza, la parola chiave, per il segretario di Stato, è «moderazione». «Avevamo tante speranze su questa tregua. Era temporanea, ma speravamo diventasse una tregua permanente. E anche che si potesse avviare un discorso di pacificazione e di ricostruzione. Credo che dalle due parti bisogna avere un grande senso di moderazione, che forse che non è stato esercitato. Sia da parte di Hamas, che da parte degli israeliani. Bisogna cercare di trovare una via per risolvere il problema che c’è senza bisogno di ricorrere alle armi».