Topografare e mappare un nuovo ramo di gallerie: ecco cosa era scesa a fare nell’Abisso di Bueno Fonteno Ottavia Piana, la speleologa anni tratta in salvo questa notte dopo 80 ore di operazioni di soccorso. Sabato 14 dicembre la trentaduenne, socia del Club alpino di Lovere e istruttrice di speleologia, si era immessa nella cavità assieme ai compagni del Progetto Sebino, nato per studiare l’area carsica di Fontena, nella Bergamasca, indagandone gli aspetti scientifici. Siamo nell’area carsica del Sebino Occidentale, fra la Val Cavallina e la costa bergamasca del Lago di Iseo, e da studiare c’è un sistema sotterraneo fra i più ampi e promettenti d’Italia. Tanto che, negli anni, le ricerche hanno già portato a scoperte che il Progetto Sebino non esita a definire «clamorose»: «L’attività di tracciamento è la seconda in ordine di importanza per la disciplina speleologica, infatti, scoprire e poi conoscere le sorgenti connesse ad ogni sistema carsico è una attività di estrema rilevanza, soprattutto in territori carsici, nei quali quasi tutte le sorgenti di questo tipo sono utilizzate a scopo idropotabile», spiegano gli speleologi. In pratica, l’obiettivo delle perlustrazioni è definire le potenzialità idriche del sistema carsico per arrivare alla definizione di un bilancio idrogeologico dell’area. Poi ci sono le indagini biospeleologiche, per studiare gli organismi che vivono negli ipogei.
Piana contribuiva proprio a queste indagini sul mondo sotterraneo, potenzialmente insidioso come tutti gli ambienti, ma anche del tutto affascinante. Entrare in un’area carsica significa infatti partire per un’esplorazione. Camminando, strisciando, calandosi con le corde e attraversando specchi d’acqua su gommoni, si perlustrano posti sconosciuti, in cui l’uomo – inteso come il genere umano intero – arriva per la prima volta. Accendendo torce e fonti luminose, prende vita un paesaggio inedito, quanto mai variegato: un universo tutto da esplorare.
Ecco perché non possiamo dire che Piana – e i suoi compagni – siano incoscienti o amanti dell’estremo: sono speleologi ricercatori. «Gli speleologi lavorano per la società per restituire gratuitamente dati sul sottosuolo a enti pubblici e di ricerca», ha dichiarato nei giorni scorsi anche Sergio Orsini, presidente della Società Speleologica Italiana, al Fatto Quotidiano. «Stavamo facendo la mappatura di nuove diramazioni prima sconosciute. In quelle ore avevamo trovato nuovi ambienti, circa due chilometri di gallerie in una sola giornata, un risultato scientifico incredibile», ha raccontato anche Giorgio Pannuzzo, che era con la donna nella grotta, a La Presse.
Piana – che pure lo scorso anno era già stata coinvolta in un incidente, sempre nella stessa grotta – è descritta da quanti la conoscono come una speleologa esperta, preparata, per nulla avventata. Le prime ricostruzioni della dinamica dell’incidente parlano del cedimento improvviso della roccia su cui poggiava i piedi: può succedere, soprattutto quando il terreno è friabile, in questo caso perché costituito da roccia calcarea con inclusione di selce.
Estratta da Bueno Fonteno, Piana è stata trasportata in elicottero all’ospedale di Bergamo. Pare abbia detto che non tornerà più sottoterra. Per ora c’è solo da augurarle una pronta guarigione e poi chissà che la vocazione all’ignoto non si faccia sentire ancora.
Nella foto: La barella con la speleologa Ottavia Piana, portata fuori dalla grotta Abisso Bueno Fonteno nella notte del 18 dicembre.