Senza il rilascio degli ostaggi, ancora nelle mani di Hamas, la guerra potrebbe riprendere entro dieci giorni. Il premier israeliano risponde alle accuse sul blocco degli aiuti minacciando il taglio di elettricità e acqua a Gaza
Roberta Barbi – Città del Vaticano
É stata una seduta plenaria molto movimentata quella di ieri alla Knesset, davanti alla quale il premier israeliano Netanyahu è stato chiamato a rispondere alle richieste di istituire una commissione d’indagine sui fatti del 7 ottobre, respingendo con forza le richieste stesse. “Siamo ancora all’interno dei termini dell’accordo con Hamas – ha dichiarato – ma se gli ostaggi non saranno rilasciati ci saranno conseguenze inimmaginabili”. Durante la riunione si è svolta anche la protesta dei familiari degli ostaggi che hanno voltato le spalle al premier mentre parlava.
L’accusa di Hamas: Israele lavora per affossare cessate il fuoco
Israele è pronto a riprendere la guerra entro dieci giorni, dunque, mentre conferma di aver effettuato un attacco nel nord-ovest della Siria per colpire una struttura militare dell’ex governo di Assad. Da Doha, intanto, Hamas risponde accusando Israele di lavorare per far saltare l’accordo sul cessate il fuoco. Oggi al via al Cairo, in Egitto – uno dei Paesi mediatori della tregua assieme a Stati Uniti e Qatar – il vertice d’emergenza proposto dalla Lega Araba per contrastare il piano del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di costruire una “Riviera” nella Striscia di Gaza, al quale è atteso anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, in rappresentanza dell’Ue.
La questione del blocco degli aiuti
Sulla decisione di bloccare l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia che ha sollevato un’ondata di proteste a livello internazionale, il portavoce del governo israeliano Mencer ha detto che c’è cibo a sufficienza, ma che i rifornimenti sono nelle mani del gruppo islamista che non li condivide con la popolazione. Per Israele il mancato accesso degli aiuti è solo l’inizio della fase di massima pressione su Hamas, i cui prossimi passi saranno l’interruzione di acqua ed elettricità a Gaza.