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Natale, tra corse e affanni abbiamo bisogno di fermarci ad adorare

Cari amici lettori,
con il numero che avete in mano siamo arrivati a Natale: desidero fare a ognuno e ognuna di voi, insieme alla redazione tutta, gli auguri di un buon Natale.

La Notte santa viene a dirci ancora una volta che c’è un Dio che si è fatto uomo per amore: un Dio vicino a ciascuno di noi, che condivide la nostra condizione. Nessuna situazione, per quanto difficile e penosa, è lontana da lui.
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito»,
ci ricorda lapidariamente l’evangelista Giovanni (3,16).

Dio ci dona ciò che ha di più prezioso, il suo Figlio. E in Lui ci dona il massimo dell’intimità: diventare suoi figli (Giovanni 1,12-13).

È un messaggio tanto “semplice” quanto difficile da accogliere.
E, tra tanto darsi da fare, rischiamo di non accorgercene nemmeno.

È da qualche settimana che nelle nostre città si corre per acquisti, brindisi e preparazione della “grande cena”.
La fretta rischia di farci “passare accanto” al Natale senza gustarne il senso.
Non solo il senso oggettivo, ma il senso che ha per me, per noi.

Diceva papa Francesco, nell’omelia del Natale 2022:
«Sappiamo tante cose sul Natale, ma ne scordiamo il significato».

Se andiamo a rileggere le sue omelie natalizie, ritroveremo una grande ricchezza di spunti.
Ne richiamo sinteticamente qualcuno.

Il Papa ci rimanda anzitutto al cuore dell’evento, al «Verbo che si è fatto carne», al Dio che si è spinto a tanto
«perché a Dio interessa tutto di noi, ci ama al punto di ritenerci più preziosi di ogni altra cosa».

Un annuncio non facile da accogliere per una mentalità diffusa per cui tutto in fondo dipende dall’uomo e dalle sue iniziative.
«Ma oggi, per favore, lascia l’iniziativa a Gesù, che ti dice:
“Per te mi sono fatto carne, per te mi sono fatto come te”».

Come i pastori, che hanno lasciato le loro greggi, lascia il recinto delle tue malinconie e abbraccia la tenerezza di Dio bambino.

È l’accoglienza della fede, che papa Francesco declina in tanti modi, indicandoci Maria e Giuseppe, i pastori, i magi come modelli da cui imparare il giusto atteggiamento verso il Natale:
«Stanno con lo sguardo fisso su Gesù, con il cuore rivolto a Lui. Non parlano, ma adorano».

Dall’atteggiamento di Dio all’atteggiamento dell’uomo:
la fede che accoglie, ma anche una vita che si lascia plasmare dall’atteggiamento di Dio, che impara dalla sua povertà, dalla piccolezza, dal suo farsi bambino, dalla ricchezza di amore e relazioni intorno a Lui…

«Dio vuole venire nelle piccole cose della nostra vita, vuole abitare le realtà quotidiane, i semplici gesti che compiamo a casa, in famiglia, a scuola, al lavoro. È nel nostro vissuto ordinario che vuole realizzare cose straordinarie».

Cari amici,
per vivere il Natale abbiamo bisogno di contemplare con stupore di bambini l’annuncio evangelico, dobbiamo lasciare che «il Cristo abiti per mezzo della fede nei nostri cuori» (Efesini 3,14), perché anche le nostre piccole vite siano un riflesso di questa Bontà di cui ogni anno facciamo memoria.

È questo l’augurio più bello che possiamo farci.
Buon Natale a tutti voi!





Dal sito Famiglia Cristiana

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