Nel terribile terremoto che ha devastato il Paese asiatico, rasi al suolo anche numerosi luoghi di culto buddisti e moschee. In molte città inizia a scarseggiare anche acqua e cibo mentre l’elettricità manca da oltre ventiquattr’ore. Il dolore della chiesa che non abbandona la popolazione
Federico Piana- Città del Vaticano
La Chiesa di San Giuseppe a Mandalay, città con più di un milione di abitanti, parzialmente distrutta; la cattedrale di Taunggyi, capoluogo dello Stato dello Shan, del tutto irriconoscibile per i crolli che hanno intaccato anche le fondamenta; due conventi di Myo Thit senza più neanche le pareti con alcune delle suore che si sono salvate per miracolo. La voce del missionario in Myanmar, che chiede di mantenere l’anonimato e che i media vaticani iescono a contattare con estrema difficoltà perché in molte zone l’elettricità è diventata un miraggio ed i telefoni funzionano a singhiozzo, è estremamente preoccupata, quasi si incrina dall’emozione.
Distruzione e morte
Confermare che nelle città e nei villaggi colpiti dal terremoto il numero di morti stia di ora in ora crescendo esponenzialmente e raccontare che numerosi templi buddisti come alcune moschee e luoghi di culto cristiani si siano letteralmente pieganti in due come semplici pezzi di burro al sacerdote spezza il fiato in gola. «Molte chiese cattoliche — dice — sono state danneggiate, hanno profonde crepe che ne minano la stabilità. Ieri in tutte quelle coinvolte è stata annullata la Via Crucis per evitare di mettere a rischio le persone».
Profondo dolore
Un dolore profondo che nel tempo di Quaresima si amplifica fino a stordire non solo tutta la Chiesa ma l’intera popolazione: «Quando ieri ci sono state quelle terribili scosse io, tra la gente, ho percepito un profondo, drammatico, silenzio perché tutto questo rappresenta un’altra triste vicenda che colpisce davvero tutti. Non bastavano le violenze innescate dal colpo di Stato e le inondazioni che lo scorso anno hanno portato vita centinaia di vite. Ma la Chiesa non si tira indietro e continua ad aiutare come può, camminando e soffrendo insieme a tutti i suoi fratelli, di qualsiasi condizione, di qualsiasi religione».
Criticità in aumento
Che la situazione stia diventando critica anche nelle aree urbane non direttamente colpite dal sisma lo si capisce quando il missionario descrive cosa sta accadendo nella città dove vive, Yangon. Nell’ex capitale del Paese, che conta il numero più alto di abitanti in assoluto, fortunatamente i crolli non sono stati molti ma, nelle ultime 24 ore, la corrente elettrica è completamente sparita e l’acqua comincia a scarseggiare: «Anche il cibo sta iniziando a finire perché una delle più importanti arterie stradali, quella che collega Mandalay a Yangon, è completamente interrotta. E poi ci sono gli effetti sui prezzi dei beni essenziali che stanno già aumentando vertiginosamente. Questa mattina, qui in città, chi ha potuto ha fatto scorte di benzina: le file ai distributori erano enormi». E tutto questo rischia di affamare ulteriormente una popolazione già stanca e provata.