Il Paese devastato dal terremoto di venerdì è, per metà, sotto il controllo della giunta militare e, per l’altra, dei gruppi della guerriglia. La coordinatrice dell’Ong Info Birmanie sottolinea la necessità di puntare sulla società civile per la distribuzione degli aiuti
Marie Duhamel e Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Nazioni Unite, organizzazioni regionali e singoli Paesi in tutto il mondo hanno avviato le procedure per mobilitare gli aiuti umanitari in favore delle popolazioni birmane colpite dal terremoto di venerdì scorso. In questo senso i ministri degli Esteri dei Paesi dell’Asean, l’associazione dei Paesi del sud est asiatico, hanno annunciato l’avvio di una stretta cooperazione per fornire assistenza al Myanmar e inviare aiuti nei soccorsi. Ammonta a 2 milioni di euro lo stanziamento previsto dalla Corea del Sud, mentre Pechino ha reso noto di avere destinato quasi 14 milioni di dollari per l’emergenza.
La Giunta rompe l’isolamento
Per la prima volta, la giunta militare, che ha preso il controllo del Paese nel 2021 con un colpo di Stato rovesciando il governo di Aung San Suu Kyi, si è rivolta alla comunità internazionale per chiedere di inviare aiuti e squadre di soccorso. Molti osservatori internazionali sono rimasti sorpresi dall’immediatezza e dall’intensità degli appelli lanciati personalmente dal capo della giunta, Min Aung Hlaing.
Il paese in ginocchio
A descrivere ai media vaticani la situazione sul terreno è Johanna Chardonnieras, coordinatrice dell’Ong Info Birmanie, organizzazione dedita alla promozione della pace e alla tutela dei diritti umani in Myanmar: “La richiesta di aiuto da parte della giunta militare ha sorpreso un po’ tutti, ma questo ci dà anche la misura del livello di devastazione che ha colpito il Paese e che non è ancora possibile quantificare nella sua interezza”. Tutte le infrastrutture strategiche del Paese asiatico sono state danneggiate: comunicazioni, arterie stradali, ponti, aeroporti. La fornitura elettrica è discontinua e suscitano forti preoccupazioni i possibili danni alle numerose dighe dei bacini idroelettrici.
In costante emergenza
Il Myanmar – nota Johanna Chardonnieras – è un Paese che era già in emergenza umanitaria prima del sisma, con una popolazione alla fame in vaste aree. “Di fronte a una catastrofe di questa portata è importante non fare riferimento soltanto alla giunta per la gestione degli aiuti umanitari, anche perché soltanto il 40% del territorio birmano è sotto il suo controllo diretto”.
Profughi e sfollati in aumento
“Il Paese è chiaramente in guerra – spiega Chardonnieras – e il rischio è che anche il fenomeno degli sfollamenti di massa ora rischia di aggravarsi. Purtroppo tantissime persone hanno perso tutto, oltre alla casa, in particolare nella zona di Mandalay. Trovare un nuovo alloggio in un Paese in guerra e devastato da una grave crisi economica con un’inflazione fuori controllo diventa molto difficile”.
Il ruolo della società civile
La società civile birmana, nonostante tutto, rappresenta ancora un punto di forza in Myanmar e si è già mobilitata per avviare raccolte di fondi e di beni di prima necessità. “È una società molto organizzata da questo punto di vista – nota la coordinatrice di Info Birmanie -. Esiste una fitta rete di auto-aiuto che è attiva in diversi settori, come si è potuto vedere anche nel periodo della pandemia. Si tratta di organizzazioni informali che sono presenti e ben radicate, ma certamente pronte a offrire un valido aiuto. Certo, bisognerà fornirgli i mezzi per agire”.