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Myanmar, oltre 1700 morti. Si scava a mani nude tra le macerie

Cresce ancora il bilancio delle vittime del terremoto che venerdì scorso ha sconvolto il Myanmar: almeno 3400 feriti e oltre 300 dispersi, ma per le organizzazioni umanitarie internazionali la situazione è di gran lunga peggiore

Roberta Barbi – Città del Vaticano

La terra continua a tremare in Myanmar, dopo il violento terremoto di magnitudo 7.7 che venerdì ha devastato il Paese ieri la scossa di assestamento più forte – 5.1 di magnitudo – sempre con epicentro a Mandalay. Nonostante le difficoltà per la mancanza di macchinari per la rimozione delle macerie altre 29 persone sono state estratte vive dalle macerie. I soccorritori proseguono le operazioni in condizioni drammatiche, scavando anche a mani nude. e con temperature che superano i 40 gradi.

Ancora incerta la portata delle devastazioni

Il bilancio dei morti continua a crescere, ma i danni alle infrastrutture rendono complicate le comunicazioni e molte aree del paese sono ancora irraggiungibili. Secondo quanto riferito dal Comitato internazionale di soccorso in Myanmar sono sei le regioni birmane coinvolte nell’emergenza. In Thailandia la città più colpita è Bangkok dove 18 persone hanno perso la vita nel crollo di un edificio in costruzione e altre 78 risultano ancora disperse.

La situazione degli aiuti

L’Organizzazione mondiale della Sanità sta rispondendo all’emergenza al suo massimo livello di attivazione: in 24 ore ha distribuito quasi tre tonnellate di forniture mediche, ma ha comunicato in una nota che nei prossimi 30 giorni sarà necessario un budget da 8 milioni di dollari per fornire cure traumatologiche salvavita, prevenire focolai di malattie e ripristinare i servizi sanitari essenziali. A scendere in campo, anche l’Unicef avverte che ci sono milioni di bambini a rischio: “Questo terremoto è un altro brutale colpo per i bambini del Myanmar, molti dei quali stavano già affrontando conflitti, sfollamenti e privazioni”, ha dichiarato la direttrice generale dell’organizzazione Onu, Catherine Russell.

L’appello della Caritas

A lanciare l’allarme anche la Caritas, attraverso Giuseppe Pedron, responsabile dei progetti in Asia per Caritas Italiana: “Serviranno aiuti per almeno cinque anni – ha fatto sapere – nell’immediato si porrà il problema delle abitazioni perché la maggior parte, nella zona dell’epicentro, sono andate distrutte e serviranno dei rifugi semipermanenti. Non vanno bene le tendopoli che in queste occasioni vengono installate per la prima emergenza perché in quella zona sono in arrivo anche i monsoni tra giugno e luglio”.

Proseguono le violenze nel Paese

Nonostante il dramma, non si arrestano le violenze in Myanmar: sette ribelli birmani, tra cui cinque donne, sono stati uccisi in un raid condotto con almeno cinque aerei dalla giunta al potere contro una base dell’Esercito di Liberazione del popolo Danu, una delle minoranze dello Stato di Shan, nel distretto di Naungcho. Ieri i guerriglieri antigovernativi hanno dichiarato una tregua parziale di due settimane per facilitare le operazioni di soccorso.



Dal sito Vatican News

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