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Musei Vaticani, in mostra il Mantegna ritrovato a Pompei


Per tutta la Quaresima di quest’anno giubilare, nell’ambito della rassegna Museums at Work, i Musei Vaticani invitano pellegrini e turisti a condividere la “riscoperta” di un capolavoro di arte e di fede: la “Deposizione di Cristo” di Andrea Mantegna. Del dipinto rinascimentale si erano perse le tracce. Ritrovato a Pompei, è stato restaurato in Vaticano e, al termine dell’esposizione, tornerà nel Santuario mariano fondato da Bartolo Longo

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Dal XVI secolo se ne erano perse le tracce, al punto che molti studiosi si erano interrogati sulla sua effettiva esistenza. La Deposizione di Cristo di Andrea Mantegna risulta documentata nel 1524 nella basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, poi scompare dalle fonti storiche. Incredibili le circostanze che hanno fatto riemergere il capolavoro.


La mostra ai Musei Vaticani

Il rosario tra le mani della Maddalena

“È un quadro potentissimo”, osserva la Direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta. “Al centro, il corpo esanime del Cristo in primo piano, con la testa reclinata e intorno alcune figure di mori che lo sorreggono, ma anche una Madonna in secondo piano, in ombra, con un’espressione di dolore fortissimo e intimo. C’è poi la Maddalena disperata che alza le braccia al cielo. In una delle mani ha un rosario. Molto probabilmente è questo il veicolo che, dalla Chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli, passando per altri proprietari nel corso dei secoli, ha fatto giungere il dipinto – finora attribuito a un anonimo – nel Santuario fondato da Bartolo Longo a Pompei”.

Ascolta l’intervista a Barbara Jatta

Da opera anonima a capolavoro d’autore

In anni recenti, l’opera è stata segnalata dal Santuario mariano sul portale della CEI BeWeB. Subito è saltata all’occhio di Stefano De Mieri, studioso dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, che, intuendone la raffinatezza oltre la coltre del tempo e delle vernici sovrapposte da restauri passati, ha avviato le ricerche.

L'opera prima del restauro

L’opera prima del restauro

Il sopralluogo a Pompei

Il quadro, ricondotto da De Mieri alla tradizione mantegnesca, ma in condizioni conservative molto compromesse, è stato affidato nel maggio 2022 – su intuizione dell’arcivescovo prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo – ai laboratori dei Musei Vaticani. Lì è stato sottoposto a un complesso intervento di restauro, preceduto da ricerche storiche e indagini avanzate non invasive. Una squadra di esperti è subito partita da Roma per il Santuario mariano.

Il sopralluogo a Pompei

Il sopralluogo a Pompei

La mano del maestro

“Ci siamo subito resi conto che, al di sotto di tanta ridipintura, c’era una bellissima materia: la mano di un pittore di qualità”, ricorda Barbara Jatta. “La prima cosa che abbiamo notato è stata l’impostazione del dipinto”, conferma Francesca Persegati, Capo del Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali Lignei dei Musei Vaticani: “Subito ci ha ricordato il Cristo morto di Brera. Ci hanno colpito anche altri dettagli, come i paesaggi”.

Riconducibili allo stile di Andrea Mantegna sono sicuramente lo sfondo con la città di Gerusalemme caratterizzata da edifici classici e rinascimentali e il taglio delle figure sui lati estremi della composizione.

Ascolta l’intervista a Francesca Persegati

Da Roma a Napoli

“La Deposizione di Mantegna, secondo le fonti, nel 1524 risulta presente a Napoli, quindi con una committenza probabilmente d’Aragona. Mantegna – osserva Barbara Jatta – non andò mai a Napoli, ma tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento si trovava in Vaticano, dove realizzò per Innocenzo VIII la famosa cappella per il suo palazzetto nel Belvedere Vaticano. È possibile quindi che da Roma l’abbia mandata a Pompei”.

Le indagini scientifiche

Le indagini scientifiche

Le prime analisi

“Nel Santuario campano – ricorda Persegati – abbiamo potuto effettuare una prima osservazione a luce naturale e con la luce di Wood, che offre una risposta diversa a seconda della composizione della materia. Abbiamo subito notato che l’opera era ricoperta da numerose sostanze organiche, stese sia in modo diffuso per ridare brillantezza al dipinto, sia applicate come ritocchi, per lo più ad olio, che risultavano scuri”.

L'opera nei laboratori dei Musei Vaticani

L’opera nei laboratori dei Musei Vaticani

Una volta trasportata in Vaticano, prima sotto la guida “spirituale” del compianto Guido Cornini, delegato scientifico scomparso prematuramente nel 2022, e poi diretti da Fabrizio Biferali, i restauratori Lorenza D’Alessandro e Giorgio Capirotti, coadiuvati dal Gabinetto Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani, hanno potuto analizzare con maggiore precisione sia la superficie pittorica sia il supporto.

 L'opera in mostra ai Musei Vaticani

L’opera in mostra ai Musei Vaticani

Valore materiale e immateriale

“Mantegna – prosegue Persegati – lavorava su tavole, ma ha dipinto questo quadro con la tecnica del tüchlein, con una tempera magra, priva di preparazione, su tela di lino ad armatura saia, ancorata su un supporto senza forti tensionamenti. Il retro non era visibile a causa delle varie superfici lignee sovrapposte nei secoli. Le indagini a infrarosso, le riflettografie, le radiografie, la fluorescenza ultravioletta, ci hanno permesso di osservare cosa c’era sotto senza toccare l’opera”. “Il lavoro – tiene a precisare – è stato svolto in équipe tra la Prelatura di Pompei, lo storico dell’arte e i laboratori di restauro e scientifici. Sfogliando la stratigrafia, i vari strati sovrapposti nel tempo, analizziamo il valore materiale di un’opera che non va mai slegato dal suo valore immateriale. Ecco perché è fondamentale il confronto tra le varie professionalità”.

Il restauro dell'opera

Il restauro dell’opera

Dopo una iniziale pulitura superficiale, il dipinto è stato protetto con un doppio strato di velinatura, finalizzato a rimuovere i supporti aggiunti sul retro: truciolato e pannelli in noce.

Il recupero della leggibilità

Le diffuse mancanze di colore hanno condotto il Laboratorio di Restauro alla decisione di “abbassare l’interferenza della tela originale ritoccando ad acquerello, in modo che ciò che rimaneva della cromia originale risaltasse. In alcuni punti abbiamo ritoccato a tono lacune minime: un ritocco fatto a punta di pennello”, tiene a precisare Francesca Persegati, “per recuperare la leggibilità dell’opera senza interpretare troppo”.

Il restauro dell'opera

Il restauro dell’opera

Il lino e le molle

Il dipinto presentava numerose abrasioni e lacune a livello della tela. “Per ridare struttura – spiega Persegati – abbiamo deciso di risarcirle inserendo un tipo di lino con le stesse caratteristiche. Inoltre, la tela originale era molto rovinata, depolimerizzata: abbiamo dovuto foderarla, ovvero farla aderire a un’altra tela sul retro per creare un supporto più resistente”. Infine, è stato individuato un nuovo sistema di sostegno, progettato reinterpretando tecnologicamente l’assetto originale del tüchlein: attraverso una struttura di molle è stato provocato un leggero tensionamento che, senza stressare la tela, mantiene l’idea originaria.

Il restauro dell'opera

Il restauro dell’opera

L’esposizione vaticana e il ritorno a Pompei

L’esposizione temporanea per il periodo quaresimale nella Pinacoteca Vaticana della Deposizione di Cristo, dipinta dal celebre esponente del Rinascimento italiano, prelude a quella permanente che, spiega Barbara Jatta, “sarà allestita nella nascente pinacoteca a soggetto mariano che monsignor Caputo ha in animo di aprire per l’estate nel Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei”. La visita alla mostra è compresa nel biglietto di ingresso dei Musei Vaticani.



Dal sito Vatican News

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