Secondo una stima dell’Unicef, sono stati circa 3.500 i minori morti o scomparsi in 10 anni nelle traversate lungo il Mediterraneo centrale. Quasi 21.000 le vittime totali. Il fondo Onu per l’infanzia chiede «percorsi sicuri e legali» e sollecita maggiore coordinamento «nelle operazioni di ricerca e soccorso, sbarchi sicuri, accoglienza su base comunitaria e accesso ai servizi per l’asilo», oltre che più investimenti
Giada Aquilino – Città del Vaticano
Una strage silenziosa, di fatto una strage quotidiana. È quella dei bambini migranti che perdono la vita o scompaiono nella loro disperata traversata nel Mediterraneo centrale. Negli ultimi 10 anni, il viaggio verso l’Europa, in particolare verso l’Italia, si è purtroppo rivelato mortale per circa 3.500 bambine, bambini e adolescenti. In media un bambino o una bambina al giorno, stima l’Unicef, ricordando che in totale sono state oltre 20.800 le vite perse lungo tale rotta, tra le più pericolose al mondo.
La tragedia del 18 aprile 2015
Il fondo Onu per l’infanzia, parla di un decennio che si è rivelato drammatico, inauguratosi dolorosamente il 18 aprile del 2015, con la tragedia nel Canale di Sicilia – seguita purtroppo da tante altre – quando il naufragio al largo delle coste della Libia di una sovraffollata imbarcazione in legno, partita da Tripoli, provocò la morte di 1.022 persone. Solo 28 furono i sopravvissuti.
Bambine e bambini, ha ricordato in un intervento a Ginevra Nicola Dell’Arciprete, coordinatore dell’Unicef in Italia, rappresentano quasi il 17% di coloro che attraversano il Mediterraneo centrale per arrivare in Italia. Di questi, circa il 70% viaggia da solo, senza un genitore né un tutore legale, stipati in stive buie e senza ventilazione, spesso a contatto prolungato col carburante, che causa ustioni e gravi problemi respiratori. A Lampedusa negli ultimi giorni sono arrivate circa 1.000 persone, tra cui 80 minorenni non accompagnati.
Sfruttamento, abusi, insicurezza
Tutti fuggono da guerre, violenze, povertà, conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici. Sono in pericolo durante il percorso, esposti a sfruttamento e abusi. Eppure scappano, affidando spesso la propria vita a trafficanti interessati «non alla sicurezza, non alla morale, solo al denaro», ha dichiarato Dell’Arciprete, facendo notare come tutto ciò sia il frutto di una «mancanza di percorsi sicuri e legali» e sollecitando maggiore coordinamento «nelle operazioni di ricerca e soccorso, sbarchi sicuri, accoglienza su base comunitaria e accesso ai servizi per l’asilo», oltre che più investimenti nei servizi per l’infanzia. Perché, in un momento dell’anno in cui si avvicina il picco degli arrivi di migranti, soprattutto a Lampedusa, le promesse di un “mai più” fatte dieci anni fa e ripetute nel tempo non sono state evidentemente mantenute.