Abbiamo una figlia di 18 anni che ha iniziato a manifestare
ansia frequente: fin dal mattino, si alza col batticuore, dice, e nel corso della giornata si sente sempre agitata
da una tensione interna. Non ha mai avuto veri e propri attacchi di panico, ma momenti di oppressione al petto,
vuoto allo stomaco, paura di svenire, che per fortuna passano abbastanza in fretta.
Lei dice che non è per la scuola, anche se ci tiene ai buoni risultati.
TIZIANO E NICOLETTA
Risposta di Fabrizio Fantoni
– Sembra che l’ansia sia il male endemico degli adolescenti di oggi, femmine e maschi. Entrano in gioco molti fattori: il timore di non farcela rispetto a ciò che si vorrebbe diventare, la pressione dei social, le preoccupazioni dei genitori per il futuro dei figli. E, più in profondità, la tensione tra una percezione elevata di sé e la paura di valere molto poco. Ma spesso penso che queste manifestazioni d’ansia siano una specie di passepartout emotivo, un nome generico da attribuire ai propri stati d’animo in mancanza di un linguaggio che possa dire meglio che cosa si prova.
Di parole autentiche, che dicano davvero desideri e paure. L’ansia diventa il segnale di una disorganizzazione del pensiero emotivo che i ragazzi non sanno come prendere, perché racchiude fatiche e angosce difficili da riconoscere. I genitori, gli adulti tutti, sono spesso assediati dalle loro preoccupazioni per porgere l’orecchio a quelle dei figli. E quando lo fanno, il più delle volte è per rassicurare che tutto andrà bene o proporre le soluzioni giuste.
Dare spazio alle parole dei ragazzi come ai loro silenzi; non tappare loro la bocca con le risposte adulte, ma chiedere loro quali soluzioni propongono e quali risorse possono mettere in gioco; riconoscere che il dolore è segnale di forza e non di debolezza. Sono questi i primi necessari passi da compiere perché le ansie diventino strumenti di crescita.