di Lorenzo Rossi
Nella rissa tra Grillo e Conte il primo chiama di continuo il secondo “il Mago di Oz”. Ma chi era costui? Si tratta di un personaggio, diciamolo subito, nato dall’ingegno di L. Frank Baum nel 1900, che di magia aveva solo l’apparenza. Il Mago di Oz non era né un potente incantatore né un visionario profeta: era un uomo comune, un illusionista arrivato per caso in un mondo che non conosceva, ma che riuscì a conquistare con il gioco di prestigio più vecchio del mondo, quello dell’apparenza.
Oz era il suo regno, diviso in quattro province e governato al centro dalla sfavillante Città di Smeraldo. Un regno che sembrava uscito da una favola, ma con un fondo di amare verità: chi lo abitava viveva nell’inganno, credendo che il Mago fosse onnipotente. Ma il “Mago” era, appunto, solo un uomo. Un furbo, certo, ma anche un pragmatico: sapeva che il potere si regge su quello che gli altri vogliono vedere.
Quando Dorothy e i suoi improbabili compagni – uno Spaventapasseri che si credeva privo di cervello, un Uomo di Latta che cercava un cuore e un Leone che si sentiva vigliacco – si mettono in viaggio per chiedere al Mago di esaudire i loro desideri, trovano un altro inganno. Il “grande e terribile Oz” si rivela un semplice prestigiatore, un vecchio che tirava le fila da dietro un sipario. Niente poteri, solo fumo e specchi.
Eppure, il Mago di Oz non è un cattivo, né un burattinaio malvagio. È uno specchio delle illusioni che ci costruiamo e delle bugie che accettiamo per non guardare in faccia la realtà. Alla fine, è lui stesso a indicare ai protagonisti una verità disarmante: ciò che cercavano era già dentro di loro. Cervello, cuore e coraggio non si comprano né si mendicano; si tirano fuori quando smettiamo di credere agli illusionisti.
Chiamare “Mago di Oz” qualcuno oggi, come fa Grillo con Conte, significa dunque una cosa precisa: accusarlo di essere un venditore di fumo, uno che regna non grazie alla forza o al merito, ma per la capacità di raccontare storie che affascinano gli ingenui. Ma attenzione: spesso, come ci insegna Baum, il “Mago” è lo specchio di chi vuole illudersi. E forse, anche stavolta, non fa eccezione.