di Michele Bertollo
Quattro anni fa, il 22 febbraio, si consumava una tragedia che ha segnato profondamente il panorama della diplomazia italiana e internazionale. Luca Attanasio, allora ambasciatore in Repubblica Democratica del Congo, perse la vita in un attentato a Goma mentre si trovava in missione per il World Food Programme. Con lui, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista congolese Mustapha Milambo furono vittime di una violenza che ha scosso non solo il tessuto politico italiano, ma l’intero equilibrio geopolitico della regione.
Gli sviluppi processuali degli ultimi anni hanno offerto una parziale risposta a questo drammatico episodio. Il Tribunale militare di Kinshasa ha condannato a ergastolo cinque uomini, giudicati responsabili dell’esecuzione materiale dell’attentato. Contestualmente, la Procura di Roma ha ritenuto di non procedere contro Rocco Leone e Mansour Rwagaza, figure che, pur essendo state coinvolte nelle gravi inadempienze organizzative relative alla missione, hanno invocato l’immunità diplomatica. Tale decisione, oltre a sollevare questioni di responsabilità istituzionale, evidenzia le difficoltà insite nella cooperazione internazionale in un contesto caratterizzato da fragilità istituzionali e tensioni geopolitiche.
Una nota di amarezza è stata aggiunta dalla mancata costituzione dello Stato italiano come parte civile nel processo italiano, una scelta che ha ulteriormente complicato un iter già oneroso e afflitto da problematiche di trasparenza e coordinamento tra le autorità competenti. In questo quadro, il caso Attanasio non appare come un semplice episodio isolato, ma come una lente attraverso cui esaminare la complessità delle relazioni diplomatiche in aree del mondo in cui lo Stato di diritto e la stabilità politica si dimostrano precarie.
Il contesto congolese, dove la presenza di insurrezioni e tensioni etniche si intreccia con interessi economici e geopolitici, offre ulteriori chiavi di lettura. La recente azione dei ribelli filo-ruandesi dell’M23, che ha interessato direttamente la città di Goma, sottolinea come le dinamiche di potere locali e regionali possano incidere pesantemente su eventi di risonanza internazionale. In questo scenario, l’omicidio di Attanasio diventa simbolo di una sfida in corso: quella di far dialogare il mondo della diplomazia con le realtà più complesse e spesso violente dei territori in crisi.
Il ricordo di Luca Attanasio resta quindi un monito, un invito a riflettere sui costi umani delle missioni diplomatiche e umanitarie in contesti difficili, e a rinnovare l’impegno per una cooperazione internazionale più efficace e trasparente, capace di tutelare chi, come lui, si è sacrificato per il bene comune.