La senatrice a vita Liliana Segre intervenuta alla celebrazione ufficiale del 25 aprile a Pesaro
Nell’ambito del suo ruolo istituzionale di senatrice a vita Liliana Segre, come molti altri politici, ha presenziato alle cerimonie per il 25 aprile. Scegliendo una città a lei molto cara e di cui è cittadina onoraria: Pesaro, dove durante un soggiorno al mare (i nonni materni erano marchigiani) nel 1948 conobbe il suo futuro marito. Una giornata di festa funestata però da una valanga di insulti che si sono scatenati sui social, dove la senatrice è stata accusata persino di essere nazista. Purtroppo, non si tratta di un fenomeno isolato, ma di un’onda di odio che ha scelto Liliana Segre come bersaglio per i motivi più disparati: accusata dai no vax per essersi sottoposta per prima al vaccino in quando soggetto fragile e per aver sostenuto il provvedimento del green pass; odiata per i privilegi che la condizione di senatrice le garantisce; odiata dagli animalisti perché anni fa indossava una pelliccia; bersaglio di rigurgiti di antisemitismo; accusata di essere sopravvissuta ad Auschwitz perché collaboratrice dei nazisti. E soprattutto, invisa a chi la reputa di fatto complice del massacro sistematico dei palestinesi nella striscia di Gaza in quanto ha espresso dei distinguo sulla definizione di genocidio e non ha condannato con forza il governo Netanyahu. Una deriva sociale, certo, ma anche il sintomo di come sia facile manipolare i fatti, le parole, la stessa storia per confezionare un bersaglio dell’odio con un metodo davvero molto affine a quello nazista.
A provare dolore e sconcerto per quello che sta accadendo sono in primis i figli della senatrice, che negli ultimi anni le sono stati a fianco anche in ambito istituzionale, condividendo i principi e i valori che il suo ruolo e la sua figura comportano. Alberto Belli Paci, il primogenito, che porta il nome del padre di Lilliana Segre, morto di tifo pochi mesi dopo il suo arrivo ad Auschwitz, è impegnato da anni sul tema della riconciliazione all’interno dell’associazione di ispirazione cattolica Rondine – cittadella della pace, e su quello della memoria nel Comitato pietre d’inciampo di Milano, ci ha inviato una sua testimonianza scritta con i toni vibranti di un figlio, ma anche lucidi e fermi di chi crede nella giustizia, nel dialogo e della verità storica.

LE PAROLE DEL FIGLIO
«Sono cresciuto in una famiglia che mi ha insegnato a difendere i deboli contro i bulli e gli arroganti, il rispetto per la Patria e la Bandiera, a non sottomettersi e a non accettare le ingiustizie soprattutto se contro persone inermi, essere caritatevole con chi ha bisogno, non sprecare il cibo, essere disponibile e aperto verso il prossimo, avere una sola parola.
Mio padre, Alfredo Belli Paci, uomo severo, tutto di un pezzo, aveva preferito farsi 7 campi di prigionia di rigore in Germania, piuttosto che aderire alla Repubblica di Salò dove italiani fascisti e tedeschi combattevano per il Terzo Reich. Lui scelse di soffrire la fame e le privazioni, ma non si sottomise. Questo è stato il suo insegnamento, che mi ha sempre accompagnato nel corso della mia vita. In questo io credo, questo ho insegnato a mio figlio. Come lui sono cattolico, e non solo per essere stato battezzato, ma perché mi riconosco nel messaggio del Vangelo
Non avrei mai pensato di arrivare ai miei settant’anni e dover assistere al contrario esatto di ciò che mi è stato insegnato: cioè vedere una vecchia Signora, mia Madre, sopravvissuta bambina ad Auschwitz con il numero 75190 tatuato sul braccio, una persona che da sempre predica la Pace e ripudia l’odio in ogni sua forma, essere vilipesa e minacciata di morte da un branco di odiatori che non hanno il coraggio di presentarsi allo scoperto con nome e cognome, ma agiscono nell’ombra contro una persona di 95 anni, nominata Senatrice a vita nel 2019 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Spesso mi domando chi sono gli odiatori che la perseguitano, che cosa fanno nella vita, che età, che professione che cultura hanno dietro di sé per avere il tempo e la voglia di concentrarsi come avvoltoi su una donna di 95 anni. Le risposte sono tante, e tutte agghiaccianti, perché il quadro che ne deriva traccia un profilo comune di nichilismo e invidia, non ci sono fondamenti all’odio, non appaiono rivendicazioni oggettive dietro alle invettive più atroci, ma ignoranza, profonda ignoranza storica, mancanza di umanità, passione per chi la spara più grossa con lo scopo di far divertire i lupi in gabbia re assetati di sangue a cui loro stessi appartengono. I coraggiosi odiatori poi quando vengono identificati e obbligati a risponderne, appaiono smarriti si scusano, minimizzano, appaiono come ragazzetti in un orrendo videogame. Un po’ come i volonterosi collaboratori di Hitler, come Eichmann che protestava perché aveva diligentemente obbedito agli ordini.
Ho imparato da mia madre la dignità, il senso del dovere, il rispetto per gli altri, senza però mai chinare la testa davanti ai soprusi. Lei donna di Pace che ripudia l’ odio e la violenza, lei che ha fortemente voluto una Commissione che combatte i discorsi di istigazione all’odio, qualunque esso sia, lei che da sempre si dichiara contraria alla guerra, lei che ha più volte manifestato la sua vicinanza alle popolazioni vittime di azioni belliche, di qualunque provenienza e di qualunque bandiera, solidale con tutti i bambini del mondo senza distinguo perché l’ infanzia è sacra, lei viene attaccata e offesa continuamente da chi non ha niente di meglio da fare nella vita se non dare contro a una vecchia signora in quanto simbolo, in quanto difensore della Memori, in quanto portatrice verso le giovani generazioni di una narrazione di pace, non violenta, dove il dialogo abbia sempre la meglio rispetto alle armi, dove le persone comunichino con altre persone. che non sono il nemico a priori ma individui con cui confrontarsi.
Questo il messaggio inequivocabile di Liliana Segre, contro l’odio vince l’amore, nessun uomo donna o bambino nasce colpevole a priori se si ricerca in ogni modo il dialogo tra i popoli. Non esiste il torto o la ragione solo da una parte, ma ciascuno è responsabile delle proprie azioni.
È in questa ottica che sono state intraprese azioni penali giudiziarie verso chi la minaccia e la insulta, ci sono allo stato attuale circa 100 denunce ora esaminate dalla Magistratura e dalle forze dell’ordine, e altre ne seguiranno. Lo dobbiamo a nostra madre non solo come figli, ma come cittadini di uno Stato che deve arginare ogni deriva che violi la dignità della persona, affinché il dibattito, il confronto, anche il più aspro, possa svolgersi nell’ambito del rispetto reciproco,dell’educazione e dell’etica».