Il Paese medio orientale si trova oggi ad un crocevia: dopo anni difficili si aprono spazi per ripartire. Una conferenza alla Villa magistrale dell’Ordine di Malta all’Aventino, ieri sera, ha fatto il punto sugli aiuti umanitari e sull’importanza di preservare le diverse anime che compongono la nazione. Il Libano è “un simbolo”, ha dichiarato il cardinale Gugerotti: “Se perdiamo questo simbolo viene meno anche la possibilità della ricostruzione”
Valerio Palombaro – Città del Vaticano
Il Libano è più di una nazione, è “un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente” che dobbiamo preservare. Le peculiarità del Libano, sintetizzate in queste parole sempre attuali di San Giovanni Paolo II, sono state al centro della conferenza “Rebuilding Lebanon, preserving its diversity”, svoltasi ieri sera nella splendida cornice della Villa magistrale dal Sovrano Ordine di Malta (Smom) sull’Aventino. Una definizione quella di “Paese messaggio” che non è un cliché, ma una caratteristica aderente alla realtà unica della nazione libanese fondata sulla convivenza tra le diverse comunità.
Il messaggio del presidente Aoun
“Il Libano e l’intero Medio Oriente si trovano ad un crocevia”, ha dichiarato il presidente libanese, Joseph Aoun, nel video messaggio diffuso in apertura della conferenza organizzata dallo Smom e dall’ambasciata tedesca presso la Santa Sede e l’Ordine di Malta. Le sfide sono tante ma i recenti eventi aprono oggi nuovi spazi per la pace. Dalla tregua tra Israele e Hezbollah che, seppur fragile, da alcuni mesi ha allontanato lo spettro di una nuova guerra, fino all’elezione del presidente Aoun lo scorso gennaio che ha posto fine al pericoloso stallo istituzionale aprendo le porte alla formazione del governo guidato da Nawaf Salam. Gli “immensi anni di crisi”, ha ammesso Aoun, “hanno reso la ricostruzione un compito molto difficile”.
Un Paese in transizione
Il Libano ricorda proprio in questi giorni, il 13 aprile, l’inizio 50 anni fa della guerra civile che si è combattuta tra il 1975 e il 1990. Un conflitto al quale seguirono anni piuttosto floridi per l’economia, interrottisi con la crisi economica del 2019, l’esplosione del porto di Beirut e la complessiva instabilità degli ultimi anni. È in questo contesto difficile che diventa fondamentale l’Ordine di Malta, con il suo tradizionale impegno nel servire le comunità più vulnerabili del Libano, indipendentemente dall’appartenenza etnica o religiosa, attraverso una rete di 60 progetti e programmi, composta tra l’altro da 11 centri sanitari, 11 unità mediche mobili e 7 centri agro-umanitari. “Il Libano oggi si trova in transizione e ha bisogno del sostegno della comunità internazionale”, ha aggiunto il presidente, “insieme costruiremo il Libano che sogniamo”.
Il Libano “simbolo” di dialogo
Il Libano è uno dei Paesi più “promettenti” della regione – ha affermato il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali – perché “è un simbolo” fino ad ora non replicato. “Se perdiamo questo simbolo viene meno anche la possibilità della ricostruzione”, ha fatto notare il porporato durante la conferenza, osservando che in un mondo segnato dalla competizione si deve fare una scelta “tra la legge dei mercati e quindi la divisione” e il “dare valore ai rapporti intercomunitari per cui il benessere del mio vicino è tanto importante quanto il mio”. Dal cardinale Gugerotti anche un appello ad aiutare i cristiani del Libano e del Medio Oriente: “Dobbiamo sostenere le Chiese del Libano” perché i cristiani sono “fortemente tentati” di lasciare il Paese, ha detto. Citando il caso della vicina Siria, dove negli scorsi anni i cristiani si sono ridotti dal 10 all’1 per cento della popolazione, Gugerotti ha evocato l’impegno a convincerli del fatto “che hanno un futuro” in patria e che per la Chiesa la loro scelta di partire significherebbe “perdere una parte dell’identità stessa della Chiesa”.
L’Ordine di Malta e l’aiuto a 360 gradi
Altro intervento alla Villa Magistrale dell’Aventino è stato quello del Gran Cancelliere dello Smom, Riccardo Paternò di Montecupo, di recente tornato da una missione in Libano, il quale ha osservato che “oggi ci sono opportunità significative per la ricostruzione e la stabilizzazione”. “Ogni centro medico riaperto, ogni medico formato, ogni paziente curato, ogni impianto di compostaggio installato è un seme di pace piantato in un terreno difficile, ma fertile”, ha dichiarato il gran cancelliere: “Il Libano necessita di essere curato, non solo nel corpo ma anche nell’anima”. E in questo ha un ruolo cruciale la diplomazia, fondata su “ascolto, pazienza e visione”. Il “Paese dei cedri”, nonostante le difficoltà interne, da anni ospita milioni di rifugiati palestinesi e siriani. “Questi rifugiati sono 2,4 milioni”, ha dichiarato Montecupo ai media vaticani. “Provvediamo ad aiutare una buona parte di loro con assistenza sanitaria e con distribuzione di cibo”, ha aggiunto il gran cancelliere ricordando la sua recente visita ad alcuni campi profughi: “Quello che è bello è vedere la riconoscenza per l’Ordine di Malta, che come al solito aiuta chi ha bisogno a prescindere dalla fede, dalla provenienza geografica o dalla cultura”.
La diversità come forza
“La diversità non è una minaccia ma una forza per il Libano”, ha dichiarato Oumayma Farah, direttrice della comunicazione dell’associazione libanese dei Cavalieri di Malta, che intervistata dai media vaticani ha ricordato l’importanza dell’attività dello Smom per un Paese in cui “l’80 per cento della popolazione è in stato di povertà”. Un sostegno, rafforzatosi dall’inizio della crisi economica del 2019 e a seguito delle “molteplici crisi che si sono sommate”, soprattutto in ambito sanitario, sociale e dal 2020 con programma agro-umanitari per rilanciare il settore. Dalla direttrice della comunicazione, infine, una citazione del motto che guida l’azione dell’Ordine di Malta: “Non ti chiedo quale è la tua razza o il tuo credo, ma ciò di cui hai bisogno”. Questo si riflette, ha precisato Farah, in un lavoro verso tutte le persone vulnerabili bisognose di aiuto: “La croce dell’ordine cura nelle Chiese e cura nelle moschee”.
Strumento di pace e di dialogo
Marwan Sehnaoui, presidente dell’Associazione libanese dell’Ordine di Malta, ha evidenziato ancora una volta come il Libano oggi abbia la possibilità di voltare pagina. Le nuove istituzioni, a suo modo di vedere, “meritano la fiducia comunità internazionale” e sono “in grado di portare il cambiamento”. L’Ordine di Malta e le sue attività umanitarie, ha detto ai media vaticani, sono “uno strumento di pace, che deve essere rafforzato per raggiungere ancora più persone bisognose di aiuto”. “La soluzione – ha concluso Sehnaoui – non sono le armi, ma è curare le anime dei libanesi che sono state disturbate da più di 55 anni di guerra”.