da Kyiv
Dopo tre anni, durissimi e dolorosi, di guerra, tutti in Ucraina sognano e aspettano la pace. Ma per tanti sarà necessario attendere ancora. Alla vigilia dell’anniversario dell’invasione russa e dell’inizio del conflitto, il 24 febbraio, a Kyiv si respira un’amosfera di grande incertezza. Nelle riflessioni, nei pochi commenti appena accennati, negli sguardi della gente sono palpabili la preoccupazione, l’amarezza, il senso di sfiducia, l’attesa mista alla paura per le decisioni che le superpotenze stanno prendendo sul destino dell’Ucraina, senza consultare gli ucraini. Pochi si fanno illusioni sui risultati dei colloqui avviati da Trump con Putin, mettendo da parte sia Kyiv che l’Unione europea. La pace vera, concreta, giusta e duratura, dicono, non è per adesso, non scaturirà da queste trattative.
«Vuoi che ti dica la mia opinione? Io sono molto pessimista». Volodymyr ha quasi trent’anni, è nato in Russia, da padre ucraino e madre russa, vive in Ucraina da quando era bambino. Nella zona di Kyiv in cui vive con sua moglie e il loro bambino i droni volano molto bassi, quasi tutte le notti. Uno stillicidio. «Noi cerchiamo di restare calmi. Ma molti abitanti della zona sono terrorizzati e sentiamo spesso i nostri vicini correre quando avvertono i droni o i missili sulle loro teste». E osserva: «La tendenza è chiara: più si parla di negoziati e di una rapida fine della guerra, più aumentano gli attacchi. Le ultime notti, ad esempio, sono state molto movimentate». Aggiunge Volodymyr: «In Occidente pochi pensano al fatto che Putin in realtà non ha alcun motivo o vantaggio per porre fine alla guerra. Tutti vogliono giocare secondo le regole con uno statista che, per definizione, non le riconosce. Eppure, dopo tre anni continuano a credere che finalmente inizierà a rispettarle. La condizione principale della diplomazia russa è sempre stata che l’altra parte deve riconoscere la superiorità della Russia e subirla. Il modello “win-win” esiste solo nella diplomazia occidentale. Qualsiasi concessione da parte dei russi viene fatta solo per ottenere ciò che loro vogliono».
Davanti a una tazza di caffè, Vyktoria, 48 anni, architetto d’interni originaria del Donbas ma da tanti anni residente con la sua famiglia a Bucha, a nord-ovest di Kyiv, racconta della sua vita in questi tre anni. Abbassa lo sguardo e sospira quando il suo pensiero va ai tanti giovani, tutti sotto i 30 anni, padri di famiglia, uccisi nella sua cittadina, massacrati nel primo mese della guerra, ritrovati nelle fosse comuni, senza essersi macchiati di alcun crimine. «Non voglio più vivere di nuovo tutto questo. Anche se adesso raggiungessero un accordo per la pace, la Russia potrebbe attaccarci di nuovo». Non si fida dei colloqui e delle trattative in corso. Non si fida di Mosca. Pensa alle campagne di disinformazione che, ad esempio, hanno messo in dubbio il massacro di Bucha. «I miei parenti che vivono in Russia credono che il massacro sia un’invenzione e hanno interrotto i rapporti con me. Purtroppo questo è ciò che è accaduto a tantissimi ucraini soprattutto dell’est che hanno familiari in Russia». E ammette: «Amo profondamente l’Ucraina, ma vorrei che i miei figli vivessero in Europa».
Sognano e aspettano la pace i giovani ucraini, dai 25 anni in su, che hanno il terrore di essere intercettati dai militari, magari mentre stanno andando al lavoro in auto, o mentre stanno viaggiando su un autobus, e di essere spediti al fronte. «Mio fratello, che ha 43 anni, è sposato ed è padre, è stato prelevato mentre faceva la spesa al mercato del pesce», racconta con tristezza Kateryna Chvalova, 38 anni, che vive a Fastiv, nella regione di Kyiv, e lavora nel Centro domenicano San Martino de Porres, dove dirige la scuola dell’infanzia e la scuola primaria. «Era la vigilia del Natale scorso. Lo hanno mandato a fare il corso di addestramento. Fra alcuni giorni lo spediranno al fronte, non si sa dove. Anche il marito di sua figlia era stato chiamato alle armi. Lo stesso giorno in cui mio fratello è stato prelevato dai militari, sua figlia ha ricevuto la notizia che suo marito era morto». Pensa con profonda tristezza alle notizie poco rassicuranti che arrivano in questi giorni, in queste settimane, sulle possibili trattative per decidere il futuro del suo Paese.
Per le strade di Kyiv grandi pannelli blu con l’immagine stilizzata dell’arcangelo Michele, patrono e protettore della capitale, recitano in lingua inglese: “Kyiv vi aspetta dopo la vittoria!”. Un richiamo ai visitatori stranieri, perché tornino presto in questa città. Uno sguardo in avanti, proiettato verso un futuro che adessp si presenta pieno di incognite. La vittoria, per l’Ucraina, forse mai come oggi è apparsa lontana.
(Foto: piazza Indipendenza a Kyiv)