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L’abbraccio del popolo al Papa: “Faro di solidità e speranza in un tempo di caos”

Ancora migliaia di fedeli affollano Via di Porta Angelica fino a Via Ottaviano per rendere omaggio a Francesco, nella Basilica Vaticana. Voci e testimonianze da tutto il mondo per un ultimo saluto al Papa della prossimità

Lorena Leonardi e Daniele Piccini – Città del Vaticano

L’iconica valigetta nera con la scritta spagnola “valores” da cui penzola la sciarpa rossoblù del San Lorenzo. Sullo sfondo un sentiero sterrato, con in primo piano il simbolo della pace. Più giù, laddove la stradina si snoda verso l’orizzonte, un salvagente arancione e un annaffiatoio di latta accanto a un germoglio. La pace, i migranti, il creato. In basso a sinistra, la scritta: “L’eredità”. Che è poi il titolo dell’opera – comparsa stamani a Borgo Pio –  firmata da Maupal, l’artista di strada romano divenuto famoso per il murale del 2014 raffigurante Papa Francesco-Superman. Già all’epoca teneva in mano la valigetta nera piena di “valores” e dopo dodici anni il bagaglio è ancora lì, anzi qui a due passi dal Vaticano, un lascito concreto per quanti oggi piangono il Pontefice argentino.

Impressiona, pochi minuti e alcune centinaia di metri dopo presso la basilica di San Pietro in cui il Pontefice defunto è esposto alla venerazione dei fedeli, che a pronunciare il termine “valori” siano le sorelle Irene, Teresa e Sofia, spagnole di Bilbao. “Il Papa ha dimostrato l’importanza della pace e di contrastare la discriminazione”, spiega la maggiore delle tre adolescenti: sono sedute a terra, hanno appena omaggiato il feretro, si trovano a Roma in vacanza con la famiglia e sono consapevoli di prendere parte a un “evento speciale”.

Lunghe file per un ultimo saluto

La straordinarietà della situazione si percepisce non solo per la massiccia presenza di forze dell’ordine e volontari delle Misericordie e della Protezione civile. Nelle ultime dodici ore decine di migliaia di persone hanno portato l’estremo saluto al Pontefice. Un flusso ininterrotto fino a stamani alle 5.30, quando la basilica  è stata chiusa per poco più di un’ora. I portoni si sono riaperti intorno alle 7 per i fedeli in attesa: prima di essere convogliati in piazza, in un silenzio composto consumano l’attesa lungo via Ottaviano, nel perimetro di via Risorgimento e in via di Porta Angelica.

Papa “moderno e indimenticabile”

All’altezza dell’ingresso di Sant’Anna, dietro le transenne con due passeggini, Leonardo e Adriana tengono in braccio le figlie di tre e sei anni. Originari di Calascibetta,  in provincia di Enna, erano in Umbria quando la notizia della morte del Papa li ha raggiunti. E sono partiti, senza temere di stravolgere i piani familiari. Nel cuore il desiderio di non mancare al saluto di un Pontefice “moderno” e indimenticabile, sottolineano, “per le lezioni di umiltà” e la cura “per chi ha più bisogno”.

Una prossimità che rimane nel cuore

Per molti l’addio a Papa Francesco si è innestato su un pellegrinaggio pianificato da tempo, come per Anastasia e il marito Pasquale, originari di Molfetta, in Puglia. “Dovevamo esserci”, spiegano i coniugi, raccontando di una “conversione tardiva” e di molteplici impegni parrocchiali. Ricordano in particolare un incontro con il Papa, nel marzo 2024, accompagnati a Casa Santa Marta per una messa dall’amico arcivescovo corregionale Vincenzo Turturro dopo la nomina a nunzio apostolico in Paraguay. Francesco salutava tutti, “e un po’ mi vergognavo, temporeggiavo in attesa di Pasquale per avvicinarci insieme”, spiega la donna commossa, “quando il Papa se n’è accorto, mi ha preso la mano e mi ha detto sorridendo ‘non ti preoccupare, non ho mai fatto male a nessuno’. Ecco, questa prossimità ci rimarrà nel cuore”.

Ognuno con la propria croce

Anche Barbara, da Milano ma originaria di Viterbo, con la sorella avrebbe dovuto attraversare la Porta Santa, ma sente “che ciascuno tra quanti attendevano di vedere il Papa, portava silenziosamente addosso la propria croce”. È vivido, nei suoi ricordi di bambina, il funerale di Paolo VI – “eravamo lì”, indica un punto nell’emiciclo sinistro di piazza San Pietro, ma si emoziona ancora di più a rievocare l’ultima volta che ha abbracciato Papa Francesco. “Era il Giubileo della Misericordia e si è fermato a parlare qualche secondo con noi, mi trovavo con mio marito e i miei figli, tutti volontari Unitalsi”, racconta mentre recupera una foto sul cellulare. “Domandava a tutti: ‘Ti sei ricordato di pregare per me?’ L’ho anticipato, e lui ha risposto indicandomi ‘E io l’ho fatto per te!'”.

Travolti dalla gratitudine

Nell’Urbe per l’Anno Santo anche il gruppo accompagnato da don Leo Heinrich, parroco a Leiblfing, nell’arcidiocesi di Ratisbona, in Germania. “Mi sento molto grato – continua – di avere avuto un grande Papa come Francesco. Ci mancheranno la sua misericordia e il suo impegno per i poveri”. Nonché la capacità di veicolare messaggi difficili come l’accoglienza dei migranti: “Anche se è faticoso – ammette il parroco tedesco, paese in cui il tema dell’accoglienza dei migranti ha dominato le ultime elezioni – Papa Francesco aveva ragione: non possiamo lasciarli affogare nel Mediterraneo”.

Vite e storie dal mondo

Christian ed Emika, quest’ultimo in abiti tradizionali, sono arrivati dalla Nigeria per studiare rispettivamente Diritto canonico e teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Del Papa non dimenticheranno la “voce levatasi forte per i poveri” e l’esempio di “servizio alla Chiesa come pastore che arriva a tutti”.

Sulle stampelle si sorregge Addolorata,  con la figlia, piangendo per la propria salute cagionevole; la libanese Jamila, ogni giorno in basilica a pregare, il piccolo Federico di 9 anni, con la mamma, a cui manca il Papa per “la fiducia che aveva nei bambini”. Raccoglie le forze l’ottantacinquenne Maria in sedia a rotelle, per gridare “È il mio amore, il Papa!»: arrivata da Ostia  grazie all’impegno dell’Unitalsi – “per trent’anni ho spinto io le carrozzine, ora mi spingono” – l’ex volontaria non poteva mancare per “un lungo, ultimo abbraccio” a Francesco.

Oltre il proprio ego

Michael e Sabine, moglie e marito tedeschi di Engen, giungono dopo un pellegrinaggio sulle orme di san Francesco d’Assisi. Nonostante siano di confessione protestante, non possono nascondere il loro affetto e la stima il per Papa: “Ci ha sempre colpito la sua apertura  verso tutte le persone. Ci ha insegnato a vedere davvero gli altri, e non a concentrarsi solo sul proprio ego”.

La speranza al tempo del caos

Anche James,  da Sydney, Australia, viene “dalla fine del mondo”: Bergoglio “ha riportato l’attenzione sulla cura dei poveri in tutto il mondo ed è stato un grande leader religioso globale, un faro di solidità e speranza in un tempo in cui domina il caos nel mondo. Spero che tutto questo continui anche dopo di lui”.

Un Papa con un rapporto speciale con i sudamericani, con chi come lui venivano da un altro mondo, un’altra lingua, un’altra dimensione. “Quando fu eletto, il primo Pontefice sudamericano, sono stata davvero orgogliosa”, dice Juliette Romero, giovane peruviana che vive a Roma, volontaria alla Comunità di Sant’Egidio. “Ha aiutato, tutti noi che veniamo da un altro continente e parliamo un’altra lingua, a sentirci a casa nostra”.



Dal sito Vatican News

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