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La Via Crucis degli Invisibili, incroci di sguardi e storie


Tra le vie adiacenti la stazione Termini di Roma, luogo di riparo per molti senzatetto, la Passione di Gesù, per il secondo anno, è stata segnata dagli stessi passi di tante persone fragili che della strada hanno fatto la propria casa. Il vescovo ausiliare della diocesi del Papa, monsignor Michele Di Tolve ha sottolineato che solo lo sguardo di Gesù ci rende capaci di incontrare gli occhi di chi è invisibile

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

C’è una città che brulica intorno alla stazione Termini, è fatta di persone che corrono per non perdere il treno, per arrivare in tempo all’appuntamento concordato o per attendere qualcuno che sta tornando magari da una vacanza. Ma c’è anche un’altra città che difficilmente si mescola con la prima: è quella dei cartoni che diventano giaciglio, di buste della spesa che sono armadi da tenere stretti, di una bottiglia e di una sigaretta che fanno compagnia. È la città degli invisibili, persone che in strada probabilmente non hanno scelto di vivere, i “poveri Cristi” spesso sono chiamati così.

Cristi che hanno scelto di rivivere la passione di Gesù tra le strade accanto alla stazione e insieme a quei volti divenuti famigliari perché incrociati alla mensa “Giovanni Paolo II” o all’ostello Caritas “Don Luigi Di Liegro”, due realtà che offrono riparo e calore a chi vive ai margini della stazione. La Via Crucis degli Invisibili è incentrata sullo sguardo che diventa apertura all’altro, relazione, cura. Giunta alla seconda edizione, l’iniziativa è stata organizzata dalla Caritas di Roma in collaborazione con i Salesiani della Basilica del Sacro Cuore di Gesù a Castro Pretorio.


La Via Crucis lungo via Marsala

Nello sguardo troviamo Dio

All’interno della Basilica si vive la prima stazione: Gesù ci guarda con amore. “Questa sera – si legge nel libretto delle meditazioni – scegliamo non soltanto di vedere chi ci circonda ma di essere visti a nostra volta, di essere toccati dallo sguardo dell’altro, che può avere un potere di cambiamento profondo. Consapevoli che in quello sguardo possiamo trovare Dio”. Il corteo composto da persone comuni, ospiti dell’ostello Di Liegro, poveri, suore e sacerdoti si sposta all’esterno su via Marsala. Le preghiere scandiscono i passi insieme al frastuono del traffico del venerdì, degli annunci che arrivano dalla stazione, da chi corre per qualcosa di importante. Il contrasto però pian piano si attutisce, c’è chi guarda con curiosità questa umanità che cammina, chi si ferma, chi si fa il segno della croce. Non c’è indifferenza ma forse curiosità per comprendere questa Via Crucis che sembra inusuale in un luogo così.

Prima stazione nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù

Prima stazione nella Basilica del Sacro Cuore di Gesù

Monsignor Di Tolve: “La relazione ci fa vivere”

A guidare il corteo monsignor Michele Di Tolve, vescovo ausiliare della diocesi di Roma. “Dovremmo ricordarci dello sguardo di Gesù nei confronti di Zaccheo – sottolinea ai media vaticani – se ci lasciamo incontrare dallo sguardo del fratello ci rendiamo conto che è il Signore che ci cerca in quello sguardo, è quello che vogliamo testimoniare, camminando umilmente in mezzo agli altri ma incrociando lo sguardo della gente”. L’invito del vescovo è quello di riconoscere in chi consideriamo diverso proprio noi stessi “perché noi siamo fragili, poveri, bisognosi, il bisogno dell’altro dovrebbe farci accorgere dei nostri bisogni – aggiunge – e questo farebbe bene, spesso siamo troppo agitati per raggiungere gli obiettivi prefissati che ci distolgono dalla relazione che invece ci fa vivere”.

Trincia: la Via Crucis della speranza

Mentre cala il sole, questa umanità di invisibili continua a camminare verso l’ostello di via Marsala, ultima tappa della Via Crucis. “Questa è una città – spiega Giustino Trincia, direttore della Caritas di Roma – da invisibili che sono molto visibili ma che spesso non si vuole vedere. E quindi il tema che noi portiamo anche in questa Via Crucis, da un lato è quello degli sguardi, invitare tutti a guardare queste persone e anche a farsi guardare, ma dall’altro anche il grande tema della speranza. La Via Crucis è anche una via che suggella la speranza, perché in fondo alla Via Crucis c’è Gesù Cristo, morto ma risolto, che sconfigge la morte”. Una speranza che diventa sostegno, solidarietà, vicinanza se si incrocia lo sguardo dell’altro perché in quell’incrocio ci si vede “riconosciuti come persone, con la propria dignità, perché non c’è cosa peggiore al di là della povertà materiale dell’essere evitati o addirittura considerati un problema”. “Non ci si rende conto – conclude il direttore della Caritas – che in effetti tutto ciò non è la causa, ma l’effetto delle grandi disuguaglianze, delle ingiustizie di un’economia, di una società che non mette al centro la persona, la dignità dell’essere umano”.

Andrea porta la Croce

Andrea porta la Croce

Andrea e la sua croce

Sono sette le stazioni che vedono diverse persone, tra questi anche Andrea, portare la croce. Lui vive all’ostello, ha occhi chiarissimi, è impossibile non incrociare quello sguardo che mostra una sofferenza antica, un peccato che non si è ancora perdonato perché sente la gravità di aver malmenato il proprio padre. C’è una parola che ripete sempre: “famiglia”, ne sente il bisogno, la cerca, la vorrebbe riconquistare, ne ha nostalgia. Vuole tornare a fare il padre di sua figlia Michela e gli manca la sua compagna ma sa che ormai deve continuare il percorso di rinascita che ha intrapreso per il quale ringrazia di cuore gli operatori che lo stanno sostenendo. “Perché hai partecipato alla Via Crucis? È un gesto che dovevo, che mi sentivo di fare, perché – è la sua risposta – siamo un po’ tutti invisibili”. “Nella vita è importante, secondo me, la preghiera, la musica e sapersi riconciliarsi con Dio”. In questo Giubileo della speranza, lui torna a parlare di quello sguardo che è il filo rosso della Via Crucis. “La speranza è la luce dei nostri occhi, è l’incontrarsi e parlare direttamente con le persone, sia di cose belle, cose brutte, le cadute, i viaggi, i chilometri da fare ancora soprattutto per riunire un giorno la mia famiglia, non ce la faccio più a stare lontano ma so che lassù c’è chi è dalla mia parte, basta pregare!”. 

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La Via Crucis degli Invisibili



Dal sito Vatican News

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