Il romanzo di Rossella Postorino Le assaggiatrici, uscito nel 2018, e vincitore poi del Premio Campiello, rese nota anche in Italia una vicenda che sembrava uscita dalla fantasia di un autore distopico ed invece era una delle tante follie pianificate e condotte da Hitler durante la seconda guerra mondiale.
Qualche anno prima una donna tedesca di 95 anni, Margot Wölk, aveva svelato al giornale tedesco Der Spiegel una vicenda che era rimasta fino a quel momento segreta. Dal 1942 in un villaggio della Prussia orientale vicino alla cosiddetta “Tana del lupo” uno dei quartieri generali del Führer, alla fine del 1944 furono assoldate quindici donne costrette ad assaggiare le portate destinate ai pasti di Hitler, in modo da intercettare eventuali tentativi di avvelenamento.
Ora il romanzo della Postorino (che è stato tradotto in 38 paesi) è diventato un film, diretto da Silvio Soldini, nelle sale dal 27 marzo, con un cast tutto tedesco tra cui l’attrice Elisa Schlott nei panni della protagonista del libro, Rose Sauer, ispirata a Margot Wölk.

Chi era Margot Wölk
Nell’inverno del 1941, a 24 anni, Margot Wölk, sposata con Karl, partito come soldato subito dopo il matrimonio, abbandonò la casa dei suoi genitori a Berlino, danneggiata dai bombardamenti dell’aviazione britannica, per trasferirsi in un paesino della Prussia Orientale di nome Gross-Partsch (oggi Parcz, nella Polonia nordorientale) dove viveva la suocera.
A pochi chilometri da Gross-Partsch, però, si trovava il quartier generale di Adolf Hitler sul fronte orientale, il Wolfsschanze – ovvero “Tana del lupo” – di Rastenburg: un gruppo di bunker seminascosti nella foresta da cui Hitler diresse le operazioni in Unione Sovietica fino alla fine del 1944, quando venne abbandonato frettolosamente a causa dell’avanzata dell’Armata Rossa.
Stando ai ricordi di Wölk, poco dopo il suo arrivo, le SS si presentarono alla sua porta e la costrinsero a seguirli. Cominciò il suo periodo da “assaggiatrice”: veniva periodicamente portata insieme ad una decina di altre donne in una caserma del vicino paese di Krausendorf, dove alcuni cuochi preparavano il cibo per Hitler.
Il personale di servizio portava piatti e zuppiere di verdura, salse, pasta e frutta esotica, piazzandoli in una stanza con un grande tavolo di legno. Poi bisognava assaggiarlo. «Non c’era mai carne perché Hitler era vegetariano» ricorda Wölk «e il cibo era buono, perfino molto buono. Ma non potevo godermelo».
Le SS portavano quindi le pietanze al quartier generale, ma Hitler non mangiava mai prima di un’ora dall’assaggio (che avveniva tra le 11 e mezzogiorno) come ulteriore precauzione contro i veleni. Wölk veniva svegliata tutti i giorni alle 8 dalle SS, che le gridavano «Margot! Alzati!» da dietro la finestra di casa sua, e doveva essere disponibile tutti i giorni, ma veniva portata in caserma quando Hitler era a Rastenburg, ovvero, tra il 1941 e il 1944, in media due giorni su tre. La donna non vide mai il dittatore di persona.
La famiglia di Margot Wölk, e la ragazza stessa, non era nazista: lei aveva rifiutato di aderire all’organizzazione giovanile della Gioventù Hitleriana, la Lega delle Ragazze Tedesche (Bund Deutscher Mädel) e suo padre, così raccontò Margot a Der Spiegel, non era stato promosso sul lavoro perché non aveva la tessera del partito nazista. Il marito di Margot, Karl, era in guerra e non mandava sue notizie da due anni.
Dopo il mancato attentato a Hitler da parte di una congiura capitanata da colonnello von Stauffenberg il 20 luglio 1944 (raccontata nel film Operazione Valchiria con Tom Cruise), in cui rimasero uccise quattro persone – tre ufficiali e uno stenografo, le misure di sicurezza si inasprirono e alle assaggiatrici non fu più permesso tornare a casa la sera ma vennero trasferite in un edificio abbandonato vicino al quartier generale.
Una notte, racconta Wölk, un ufficiale delle SS usando una scala appoggiata alla facciata entrò nella stanza dove dormiva e la stuprò. Poche settimane più tardi, quando l’Armata Rossa si trovava a poca distanza da Rastenburg, la donna riuscì ad abbandonare la base salendo su un treno per Berlino, con l’aiuto di un ufficiale che l’aveva presa da parte e le aveva detto che era arrivato il momento di andarsene da lì.
Wölk racconta che dopo la guerra incontrò di nuovo l’ufficiale che l’aveva messa sul treno, che le disse che le altre assaggiatrici rimaste a Rastenburg erano state uccise dai soldati sovietici.
Negli ultimi mesi della guerra, Wölk rimase diverso tempo nascosta a casa di un medico, ma tornò dopo qualche tempo a Schmargendorf, la zona a sudovest di Berlino dove vivevano i suoi genitori. Qui venne catturata dall’Armata Rossa, che la tenne prigioniera per due settimane: una prigionia molto dura, con ripetuti stupri che le impedirono in seguito di avere figli.
Nel 1946, Margot Wölk si riunì al marito Karl, che era stato a lungo un prigioniero di guerra. La coppia visse insieme fino alla morte di lui nel 1980. Margot non aveva mai parlato a nessuno della propria esperienza nel quartier generale di Hitler, e l’occasione per questa rivelazione in extremis fu l’intervista di un giornalista locale sulla vita durante la guerra, vista la sua età (95 anni).
La donna, forse intuendo che se non l’avesse fatto, quel segreto sarebbe morto con lei, decise di svelare al cronista i peggiori anni della sua vita.
È morta nell’aprile del 2014, all’età di 96 anni.