Redazione FC
Che l’accordo per la tregua fosse fragile e pieno di incognite era chiaro fin dal principio. Pochi credevano che la trattativa dello scorso gennaio avrebbe portato alla pace. E così è stato. Il Medio Oriente è di nuovo in fiamme e Gaza è ripiombata nell’incubo della guerra. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu accusa Hamas di non voler rilasciare gli ostaggi ancora nelle loro mani e di respingere le proposte dei mediatori per quella che doveva essere la seconda fase del cessate il fuoco (la prima è cominciata il 19 gennaio ed è durata sei settimane). La conseguenza è stata che la notte scorsa le Forze di difesa israeliane hanno lanciato nuovi, massicci raid aerei in diverse zone della Striscia, a Gaza city, nel Nord, a Deir al-Balah, nel centro, a Khan Younis e a Rafah, nella parte meridionale, con un bilancio di oltre 400 vittime – fra i quali molti bambini – e più di 560 feriti, secondo i dati del ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas. Una nuova, grande campagna militare lanciata a sorpresa che è stata denominata “Forza e spada”. Nei bombardamenti cinque alti funzionari dell’amministrazione civile e politica di Hamas sono stati uccisi: a dimostrazione, come hanno sottolineato i media locali, che Israele non fa distinzioni tra i vertici militari e politici dell’organizzazione. Dal canto suo, Hamas ha dichiarato che con questa campagna militare «il Governo di Netanyahu mette a rischio il destino degli ostaggi».
Con il nuovo attacco Israele punta a esercitare una pressione militare che superi la situazione di stallo nei negoziati sul rilascio degli ostaggi. Inoltre, il governo di Netanyahu vuole inviare un messaggio chiaro e diretto ai mediatori, e in particolar modo all’Egitto, sul fatto che Israele si oppone all’idea che Hamas rimanga nel prossimo futuro come organismo governativo o militare nella Striscia di Gaza. Ma la ripresa della campagna militare è stata fortemente criticata dalle famiglie degli ostaggi – che dovrebbero essere una sessantina – e da quelli rilasciati che davanti al Parlamento israeliano si sono riuniti in protesta e hanno dichiarato in una nota che l’affermazione secondo cui la ripresa degli attacchi sia avvenuta per la liberazione di tutti gli ostaggi è una menzogna, cbe l’escalation degli scontri mette ancora di più in pericolo la vita dei loro cari nelle mani di Hamas e chiedendo di tornare al cessate il fuoco.
L’accordo per la tregua prevedeva che, dopo la prima fase di sei settimane, le due parti tornassero al tavolo delle trattative per la seconda fase del cessate il fuoco, con la possibilità che Israelle riprendesse le operazioni militari se lo avesse ritenuto necessario. La trattativa era già saltata all’inizio di marzo, quando Hamas non ha accettato il piano proposto dall’inviato degli Stati Uniti Steve Witcoff e il Governo israeliano ha reagito bloccando di nuovo l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Una decisione fortemente criticata dalle Nazioni unite così come dai mediatori Egitto e Qatar, e che peggiora la già gravissima crisi umanitaria in cui versa la martoriata popolazione palestinese della Striscia.
(Foto Ansa: un edificio distrutto dai nuovi raid aerei israeliani su Gaza)