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La speranza oltre la Passione, due capolavori in mostra a Castel Gandolfo


Inaugurata presso il Palazzo Papale di Castel Gandolfo l’esposizione di due dipinti straordinari del Rinascimento italiano: il noto “Compianto sul Cristo morto di Giovanni Bellini”, proveniente dalla Pinacoteca Vaticana, e l’inedito “Cristo morto sorretto da angeli” del Sodoma, prestito della Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto di Roma. La mostra è promossa dai Musei Vaticani in occasione della Quaresima e della Pasqua

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Due capolavori del Rinascimento a confronto. Un’opera molto nota e una pressoché inedita, mai esposta prima. Il Compianto sul Cristo morto di Giovanni Bellini, proveniente dalla Pinacoteca Vaticana, e il Cristo morto sorretto da angeli di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, concesso in prestito dalla Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto di Roma.


I due quadri a confronto in mostra

Due capolavori in dialogo

Per la Quaresima e per il tempo di Pasqua i due dipinti dialogano nelle sale espositive del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. È probabile che si siano già “incontrati” in Vaticano quando, negli anni Trenta del secolo scorso, il dipinto del Sodoma venne restaurato dall’allora nascente Laboratorio di restauro, fondato all’interno delle collezioni pontificie dal maestro Biagio Biagetti.

Giovanni Bellini, 1427-1516, Compianto sul Cristo morto con i Santi Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Maria Maddalena, Cimasa di pala d'altare, 1475 ca., olio su tavola, Pinacoteca Vaticana© Musei Vaticani ( prima del restauro)

Giovanni Bellini, 1427-1516, Compianto sul Cristo morto con i Santi Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Maria Maddalena, Cimasa di pala d’altare, 1475 ca., olio su tavola, Pinacoteca Vaticana© Musei Vaticani ( prima del restauro)

Nel segno della speranza

Il Compianto di Bellini fu realizzato negli anni settanta del Quattrocento. Il Cristo morto del Sodoma risale invece ai primissimi anni del Cinquecento. I due quadri, esposti uno di fronte all’altro, “ragionano sul tema della morte e Passione di Nostro Signore, che però è preludio della Risurrezione”, spiega il Direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta. “Nessuna delle due opere è tanto drammatica da non lasciare spazio alla speranza. La morte è preludio di speranza, e nel Giubileo della Speranza abbiamo voluto dare questo messaggio attraverso questa esposizione”.

Ascolta l’intervista con Barbara Jatta

Un capolavoro della Pinacoteca Vaticana

Pur essendo uno dei grandi capolavori della Pinacoteca Vaticana, Il compianto sul Cristo morto di Bellini vive spesso all’ombra di Leonardo, Raffaello e Caravaggio. “In mostra – osserva Barbara Jatta – lo si può godere e apprezzare ancora di più rispetto a come non si possa fare nel percorso di visita dei Musei Vaticani ”.

Un dettaglio delle mani del  Compianto sul Cristo morto di Bellini

Un dettaglio delle mani del Compianto sul Cristo morto di Bellini

Il confronto

“Il Giambellino”, prosegue il Direttore dei Musei Vaticani, “raffigura un momento particolarissimo della Passione di Cristo: l’unzione da parte degli amici. Il gioco di mani che lo caratterizza è straordinario. Potentissimo, d’altro canto, il disegno di chiara matrice raffaellesca che, con un’iconografia influenzata da Leonardo, caratterizza il dipinto pressoché inedito del Sodoma. Quest’ultimo, un vercellese che lavora alla corte di Ludovico il Moro, si sposta a Siena ed è poi attivo, a stretto contatto con Raffaello, sia nell’appartamento di Giulio II che nella Villa Farnesina alla Lungara”.

Cristo morto sorretto da angeli di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma

Cristo morto sorretto da angeli di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma

“Sono due opere molto lontane tra loro”, conferma Fabrizio Biferali, curatore del Reparto per l’Arte dei secoli XV-XVI dei Musei Vaticani:

Ascolta l’intervista a Fabrizio Biferali

“Quello di Bellini è un caposaldo della pittura veneziana degli ultimi decenni del Quattrocento. Diverrà modello, fino al Cinquecento inoltrato, per Giorgione, Tiziano, Lorenzo Lotto. Il dipinto del Sodoma, di trent’anni successivo, riprende la tradizione lombarda, ma anche le stampe tedesche allora circolanti di Schongauer o la serie delle xilografie della Grande Passione di Dürer. I due temi sono declinati in maniera differente: uno, quello di Bellini, più pausato, riflessivo, contemplativo; l’altro, più metafisico, con gli angeli che fanno da corona al Cristo morto, ma al tempo stesso molto straziante, con il sangue in evidenza e lo scorcio della mano già bloccata dal rigor mortis”.

Un dettaglio del quadro del Sodoma

Un dettaglio del quadro del Sodoma

Il restauro

La tavola di Bellini è una cimasa, ovvero un elemento che sormontava una grande pala d’altare con l’Incoronazione della Vergine, un tempo collocata a Pesaro nella Chiesa di San Francesco, oggi nei Musei Civici della città. Prima dell’esposizione nel Palazzo Pontificio dei Castelli Romani, è stata sottoposta a un delicatissimo restauro, completato in soli tre mesi per consentirne l’esposizione entro la Quaresima.

Il restauro

Il restauro

Il lavoro è stato condotto dal maestro Marco Pratelli, giunto al termine della sua trentennale attività presso il Laboratorio di Restauro Dipinti e Materiali lignei dei Musei Vaticani.

Ascolta l’intervista con Marco Pratelli

“È stato un lavoro di grande impegno, soddisfazione e fatica”, confida. “Per me è un congedo decisamente prezioso e importante. Devo ringraziare il Direttore Barbara Jatta per avermi affidato l’incarico e il capo del Laboratorio, Francesca Persegati, che mi ha seguito costantemente e mi ha supportato. È stato un bel regalo per concludere il mio percorso con questo restauro”.

La mostra a Castel Gandolfo

La mostra a Castel Gandolfo

“Rimuovendo le vecchie vernici alterate, ingiallite dal tempo”, prosegue, “abbiamo trovato una superficie fortemente rovinata dalle puliture ottocentesche eseguite con sostanze aggressive. Questo ha inciso molto sulla tempistica dell’intervento e sullo studio di una metodologia che ci consentisse di restituire il tessuto pittorico, che risultava fortemente compromesso”.

Il restauro

Il restauro

I danni lungo la storia

L’opera di Giovanni Bellini ha attraversato varie vicissitudini storiche: dalla depredazione napoleonica con il conseguente trasporto in Francia, al rientro in Vaticano grazie ad Antonio Canova. “Le vicende storiche e i viaggi – conferma Pratelli – hanno influito sullo stato di conservazione del manufatto. Dopo il suo rientro in Italia, la cimasa, ormai separata dalla pala di cui faceva parte, è andata ad arricchire la collezione vaticana. Non possiamo escludere che la pulitura con sostanze fortemente aggressive sia stata fatta in Francia o subito dopo il suo rientro”.

L’intervento condotto da Marco Pratelli, supportato dalle indagini del Gabinetto Ricerche Scientifiche dei Musei del Papa, ha riportato in luce i contrasti cromatici e il gioco di volumi e velature che le vernici protettive stese nei precedenti restauri, l’ultimo risale ali anni Ottanta, avevano appiattito. “Rimuovendo le vernici – spiega – sono emerse le abrasioni, le lacune, le mancanze, che hanno comportato un intervento mirato di ricucitura nel rispetto dell’opera d’arte, senza reinterpretarla”. Oggi la tavola dipinta è protetta grazie a un climate frame: la cornice che la contiene, dotata di un vetro antiriflesso, ha sul fondo una sostanza utile a controllarne climatizzazione e umidità.

Il restauro del Compianto su Cristo morto di Giovanni Bellini

L’ingresso alla mostra è incluso nel biglietto ordinario del Palazzo Papale di Castel Gandolfo.



Dal sito Vatican News

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