La Madonuccia arriva portata a spalla dalle confraternite. La statua della Madonna che salvò la Corsica dalla peste, nel 1656, facendo cambiare i venti impendendo a una nave carica di malati di attraccare nel porto di Ajaccio diffondendo la malattia, apre le braccia in segno di protezione. Patrona dell’isola è anche apellata come Nostra SIgnora della MIsericordia.
Guarda a lei papa Francesco quando ricorda che la pietà popolare ha un ruolo importante nel trasmettere la fede e le confraternite «possono educare al servizio gratuito del prossimo» Il Pontefice celebra messa a Place d’Austerlitz e, commentando il Vangelo di Luca, riprende la domanda fatta a Giovanni Battista: «Che cosa dobbiamo fare?». Bisogna ripartire da lì per rinnovare la nostra vita, spiega il Pontefice. «Sono i più lontani ad esprimere questa volontà di conversione: non i farisei e i dottori della legge, ma i pubblicani e i soldati domandano: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”». Perché, dice Francesco, «chi si ritiene giusto non si rinnova. Coloro invece che venivano considerati pubblici peccatori vogliono passare da una condotta disonesta e violenta a una vita nuova. I lontani diventano vicini quando il Cristo si fa vicino a noi». La risposta di Giovanni indica la strada: «Praticate la giustizia; siate retti e onesti». La venuta del Signore «ridesta le coscienze, perché Egli viene a salvare, non a condannare chi si era perduto». Tutti noi siamo peccatori e con questa verità dobbiamo avvicinarci a Gesù, non con un maquillage. E oggi dobbiamo porci questa domanda. «Durante questo tempo di Avvento troviamo il coraggio di chiedere, senza paura: “che cosa dobbiamo fare?”. Domandiamolo con sincerità, per preparare un cuore umile e fiducioso al Signore che viene», insiste il Papa. Spiegando che ci sono due modi di aspettare il Signore: uno sospettoso e uno gioioso. Il primo è «pieno di sfiducia e di ansietà». Occupati in pensieri egocentrici e presi da progetti mondani smarriamo la letizia dell’animo. Non ci fidiamo della Provvidenza, ci angosciamo, diventiamo tristi e delusi. «Quanto sono diffusi questi mali spirituali, oggi, specialmente là dove dilaga il consumismo! Una società così invecchia insoddisfatta, perché non sa donare: chi vive per sé stesso non sarà mai felice, chi vive così non è felice», spiega Francesco.
Al contrario, la fede in Dio ci fa sperare. «Proprio in questi giorni», spiega Francesco, «nel Congresso che ha avuto luogo qui ad Ajaccio, è stato messo in luce quanto sia importante coltivare la fede, apprezzando il ruolo della pietà popolare. Pensiamo alla preghiera del Rosario: se riscoperta e praticata bene, essa insegna a tenere il cuore centrato su Gesù Cristo, con lo sguardo contemplativo di Maria. E pensiamo alle confraternite, che possono educare al servizio gratuito del prossimo, sia spirituale sia corporale. Queste associazioni di fedeli, così ricche di storia, partecipano attivamente alla liturgia e alla preghiera della Chiesa, che abbelliscono con canti e devozioni del popolo». Da qui deriva il secondo atteggiamento: l’attesa gioiosa. «La gioia cristiana non è affatto spensierata, superficiale, una gioia da CArnevale. È invece una gioia del cuore, basata su un fondamento saldissimo, che il profeta Sofonia, rivolgendosi al popolo, esprime così: gioisci, perché “il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente”». E Dio «è “potente”, dice la Scrittura: Egli può redimere la nostra vita perché è capace di realizzare quello che dice!». La gioia cristiana non è una «consolazione illusoria, per farci dimenticare le tristezze della vita. La gioia è frutto dello Spirito per la fede in Cristo Salvatore, che bussa al nostro cuore, liberandolo dalla mestizia e dalla noia. Pertanto l’avvento del Signore diventa una festa piena di futuro per tutti i popoli: in compagnia di Gesù scopriamo la vera gioia di vivere e di donare i segni di speranza che il mondo attende».
Il primo segno di speranza, ricorda il Pontefice, «è quello della pace. Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore». Il Papa invita a prendersi cura degli anziani, , che sono la saggezza del popolo, e dei bambini lodando la Corsica. “Soltanto a Timor est ho visto tanti bambini”. Para dei piccoli ucraini presenti a messa che non sorridono e chiarisce che, anche se «sappiamo bene che non mancano tra le nazioni gravi motivi di dolore: miseria, guerre, corruzione, violenza», non dobbiamo dimenticare che la Parola di Dio «ci incoraggia sempre. Davanti alle devastazioni che opprimono i popoli, la Chiesa annuncia una speranza certa, che non delude, perché il Signore viene ad abitare in mezzo a noi. E allora il nostro impegno per la pace e la giustizia trova nella sua venuta una forza inesauribile».