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La prima domenica a San Pietro senza il Papa con i ragazzi del Giubileo: «Era un grande, sui social andava forte»



Il cardinale Pietro Parolin durante la celebrazione della Messa (Reuters)

Strano Giubileo, questo degli adolescenti. Un gruppo di ragazzi americani che segue la Messa all’inizio di via della Conciliazione ha preparato gli stendardi con il volto di Carlo Acutis, che doveva essere canonizzato questa domenica, e la sua fervente devozione per l’Eucarestia. Dopo i quasi quattrocentomila fedeli – tra piazza San Pietro e il tragitto verso Santa Maria Maggiore – del giorno dei funerali di papa Francesco, oggi i quasi duecentomila ragazzi che arrivano in piazza San Pietro sembrano quasi pochi. 

Doveva essere una grande festa, tra canti, balli, spettacoli, una kermesse al Circo Massimo (poi annullata in segno di lutto). È diventato un corale omaggio a papa Francesco che oggi, magari, sarebbe uscito a salutare i “suoi” ragazzi sul sagrato, o forse, chissà, anche sulla papamobile come ha fatto una settimana fa, a Pasqua. 

Sembra passato un secolo, sono passati solo sette giorni. È cambiato tutto. Il Papa non c’è più, i cardinali si preparano al Conclave, le postazioni di televisioni e cameramen da tutto il mondo sono disseminate in ogni angolo per le dirette no-stop con il Cupolone a favore di telecamera. Il mondo, non solo la Chiesa, guarda a questa piazza che con il sole di primavera oggi sembra ancora più bella del solito. 

«C’è smarrimento», ammette il cardinale Pietro Parolin nella Messa celebrata sul sagrato, la seconda dei Novendiali in suffragio di Bergoglio, che andranno avanti fino a domenica prossima.

Alle 12 il suono delle campane annunzia mezzogiorno. La finestra al terzo piano del Palazzo Apostolico, da dove il Papa si affacciava per l’Angelus, resta chiusa. Era da oltre un mese che non si affacciava più, certo, a causa del lungo ricovero al Gemelli e della convalescenza a Casa Santa Marta. Ma stavolta è diverso. Qualcuno guarda l’orologio e solleva lo sguardo verso l’alto. Uno dei fotografi appostato sul braccio di Carlo Magno, la terrazza di fronte, punta l’obiettivo proprio verso la finestra. «Speravamo di incontrarlo in un modo, lo abbiamo fatto in un altro», dice, in piazza, una ragazzina spagnola che richiama i compagni a non disperdersi per uscire dal colonnato. 

Strano Giubileo, tra cori e canti un po’ sommessi. Il pellegrinaggio dei ragazzi alla Porta Santa di San Pietro in programma nei giorni scorsi è stato spostato a San Giovanni in Laterano o Santa Maria Maggiore per permettere la preparazione dei funerali.

Un gruppo di teenager dell’Emilia Romagna canta A Riccione dei The Giornalisti. I gruppi di Treviso hanno come segnale un bastone con in cima una mano di cartone di colore giallo. La bandiera bavarese per un gruppo di ragazzi tedeschi.

Le campane di San Pietro, dopo i rintocchi a lutto di sabato, all’inizio e alla fine del funerale, suonano per annunciare l’inizio della Messa. Dopo il rosso delle esequie, ora predomina il bianco, il colore del tempo di Pasqua. Arrivano i cardinali e gli arcivescovi che concelebrano. Ultimo Parolin, che presiede. 

A sinistra dell’altare, dove sabato c’erano i potenti della terra, adesso ci sono gli adolescenti con le loro magliette colorate: gialle e verdi. 

«L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene anche lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero», dice Parolin all’inizio dell’omelia, «il Pastore che il Signore ha donato al suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù». Scatta un primo, timido applauso. 

Aleggia su San Pietro un’atmosfera rarefatta, come di sospensione. Ai ragazzi interessa poco il totopapa, il Conclave, le indiscrezioni e, anche, i veleni. Loro sono la “generazione Bergoglio” sono nati poco prima che Francesco diventasse Papa e hanno vissuto le prime esperienze di fede proprio con lui. «Ci colpiva la sua umiltà, è stata una grande emozione vederlo l’altro giorno a San Pietro», dice Matteo. Sono i ragazzi di TikTok e dei reels sui social e papa Francesco con le sue battute ironiche, i suoi gesti dirompenti, le sue frasi a effetto, sui social «spaccava», come dice un ragazzino che continua a postare foto su Instagram. 

«La gioia pasquale, che ci sostiene nell’ora della prova e della tristezza, oggi è qualcosa che si può quasi toccare in questa piazza; la si vede impressa soprattutto nei vostri volti, cari ragazzi e adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo», prosegue Parolin. L’applauso adesso è più forte. «Venite da tante parti: da tutte le diocesi d’Italia, dall’Europa, dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dagli Emirati Arabi … con voi è realmente presente il mondo intero!», aggiunge.

Sventolano le bandiere. «Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare – ricordo, ad esempio, quella della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca – non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo», dice Parolin. 

Piazza San Pietro è gremita, ma pochi chilometri più in là, fuori dalla Basilica di Santa Maria Maggiore le code dei fedeli sono cominciate all’alba per salutare papa Francesco e pregare sulla sua tomba: semplice, nella nuda terra, la Croce e il nome scritto in latino: Franciscus. È un’altra particolarità, o stranezza, di questo Giubileo a metà tra San Pietro e la Basilica mariana. Centinaia di migliaia di ragazzi sono qui per rendere omaggio al Papa.

«Il nostro affetto per lui, che si sta manifestando in queste ore, non deve restare una semplice emozione del momento», ammonisce Parolin, «la Sua eredità dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri». 

Ogni volta che Parolin evoca papa Francesco scatta l’applauso. «Siamo chiamati», dice con voce ancora più forte, «all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo, ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le sue debolezze e i suoi errori. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di papa Francesco».

Alla preghiera eucaristica non si prega più per il «tuo servo e nostro papa Francesco», come prevede la liturgia. Su San Pietro s’addensa, per un attimo, qualche nuvola. Poi il cielo torna terso e limpido. 

La Messa finisce con la benedizione di Parolin e il canto del Regina Caeli. I ragazzi, a fila indiana, cominciano a uscire a passo svelto. «Non disperdiamoci», grida un educatore.





Dal sito Famiglia Cristiana

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