Le ombre russe si allungano sull’Europa orientale. Dal Mar Nero al Caucaso, Mosca cerca di condizionare la vita politica e di influenzare l’opinione pubblica in quella che considera la sua sfera di influenza.
Si tratta di una guerra ibrida, le cui strategie stanno diventando sempre più sofisticate e pervasive. Ne fanno le spese quei Paesi che cercano di integrarsi con l’Europa e l’Occidente (come la Georgia e la Moldavia) e altri, come la Romania, che pur essendo membri dell’Unione europea e della Nato, vivono una condizione di fragilità e di vicinanza geografica al “cortile di casa” del Cremlino.
Una messa in guardia autorevole contro le interferenze russe era arrivata nel settembre del 2024 con un inusuale intervento sul Financial Times firmato da Bill Burns (allora direttore della Central Intelligence Agency degli Stati Uniti) e da Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service, l’agenzia di spionaggio estero del Regno Unito. «Al di là dell’Ucraina», scrivevano il capo della Cia e il capo del MI6, «continuiamo a lavorare insieme per interrompere la sconsiderata campagna di sabotaggio in tutta Europa messa in atto dall’intelligence russa e il suo cinico uso della tecnologia per diffondere menzogne e disinformazione, progettate per spingere i cunei tra di noi».
Nel giro di pochi mesi la Romania ha vissuto l’annullamento delle elezioni, le dimissioni del presidente della Repubblica e l’esclusione dalle elezioni presidenziali di Calin Georgescu, il candidato nazionalista che aveva vinto a sorpresa il primo turno nel novembre del 2024. Uno shock dietro l’altro per il pilastro del fianco orientale dell’Alleanza atlantica, confinante con l’Ucraina devastata da tre anni di guerra.
Il semisconosciuto Georgescu si era imposto al primo turno delle elezioni presidenziali grazie a una fulminea ascesa favorita da un voto di protesta alimentato da una campagna TikTok senza precedenti. Tuttavia, la Corte costituzionale del Paese ha annullato il voto in seguito a una serie di rapporti di intelligence che mostravano il coinvolgimento della Russia nell’influenzare gli elettori attraverso i social media per sostenere il candidato al quale i sondaggi accreditavano meno del 10 per cento dei voti. Così l’8 dicembre non si è svolto il secondo turno elettorale.
Georgescu sta affrontando anche procedimenti penali. I capi d’accusa nei suoi confronti sono molto pesanti. Tra questi l’istigazione ad azioni contro l’ordine costituzionale, false dichiarazioni finanziarie, promozione in pubblico del culto di persone colpevoli di crimini di genocidio e crimini di guerra, il suo sostegno ai simpatizzanti della Guardia di ferro, un famigerato movimento e partito politico fascista e antisemita, illegale per la legge romena. Tagliato fuori Georgescu, resta da vedere su chi orienteranno il loro voto gli elettori nelle nuove elezioni fissate per il 4 maggio (con eventuale ballottaggio il 18 maggio).
Intanto venerdì 7 marzo le proteste antigovernative in Georgia sono entrate nel loro centesimo giorno. Il movimento di protesta è partito da quando, il 28 novembre 2024, il primo ministro Irakli Kobakhidze ha annunciato la sospensione, almeno fino al 2028, dei negoziati per l’adesione all’Unione europea. Da allora, migliaia di persone sono scese a manifestare lungo l’ampio viale Rustaveli di Tbilisi per chiedere al Governo di proseguire sulla strada dell’integrazione europea.
Il partito al potere Sogno georgiano, però, non ha fatto concessioni, ricorrendo a modifiche legislative e arresti a tappeto. La situazione si è inasprita a dicembre quando Sogno georgiano ha scelto come candidato alla presidenza della Repubblica Mikheil Kavelashvili, un ex calciatore dalla modesta carriera, ora un politico dalle posizioni fortemente anti-occidentali. Poi Kavelashvili è stato eletto da un Collegio elettorale di 300 membri (150 parlamentari più altri 150 rappresentanti delle autonomie e degli organi regionali e locali), succedendo alla battagliera Salome Zurabishvili, la figura più rappresentativa del movimento pro Europa.
In Georgia la grande maggioranza della popolazione vuole legami più stretti con l’Europa e chiede di allontanare il Paese dall’orbita di Mosca (la Russia occupa il 20 per cento del territorio georgiano dopo la guerra dell’agosto del 2008). E tra i georgiani è sempre stato forte anche il sostegno all’Ucraina. Nelle strade di Tbilisi sono numerosissime le bandiere ucraine, esposte oppure dipinte sui muri, spesso accanto a quella georgiana. Abbiamo visto anche bandiere georgiane con i colori gialli e blu dell’Ucraina.
Intanto gli sviluppi della situazione in Georgia hanno provocato a febbraio una dura presa di posizione da parte dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue (e vicepresidente della Commissione) Kaja Kallas e della commissaria per l’allargamento Marta Kos.«Stiamo assistendo», hanno dichiarato, «a un ulteriore allontanamento delle autorità georgiane dagli standard democratici: la frettolosa adozione di emendamenti al Codice dei reati amministrativi, al Codice penale e alla Legge sulle assemblee e le manifestazioni avrà effetti di vasta portata sulla società georgiana. Questi sviluppi segnano una grave battuta d’arresto per lo sviluppo democratico della Georgia e sono al di sotto delle aspettative di un Paese candidato all’adesione all’Ue».