Nella cappella del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, l’Arcivescovo Matteo Zuppi ha tenuto un’omelia intensa in occasione della Giornata del Malato. Le sue parole risuonano con forza in un momento in cui la fragilità della vita si manifesta chiaramente anche nella figura del Papa, ricoverato in ospedale per proseguire le sue cure. «Un mondo come il nostro che esalta la vita e poi la considera inutile e senza senso perché fragile, richiede amore, attenzione, risorse per curarla e difenderla sempre» ha detto Zuppi, mettendo in luce una contraddizione che oggi si riflette nel dibattito sulla salute e sulla dignità umana. Una riflessione che trova un’eco nella situazione del Pontefice, la cui malattia viene seguita con apprensione dai fedeli di tutto il mondo.
Papa Francesco, con la sua costante testimonianza di vicinanza ai malati, incarna quelle beatitudini che Zuppi ha richiamato: «Beati. Lo siete e di una gioia che nessuno può portare via. Lo siete oggi», ha detto ai malati del nosocomio emiliano. La sua stessa sofferenza, vissuta con spirito evangelico, diventa un segno di speranza e consolazione.
L’Arcivescovo ha ammonito sull’illusione della ricchezza come rifugio dalla fragilità: «La ricchezza non ci può consolare quando ci scontriamo con quella fragilità da cui ci pensavamo protetti». Le condizioni di salute del Papa ci ricordano che nessuno, neanche il successore di Pietro, è immune dalla debolezza umana. Ma proprio in questa debolezza si manifesta la vera forza del Vangelo: «Chi è malato ha bisogno di luce nel buio, e di vicinanza in quel mistero che dà la vertigine così impenetrabile della vita».
Il Pontefice ha spesso ribadito il valore della cura e della prossimità ai sofferenti: «Le sofferenze degli ammalati possono trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono». Oggi, nella sua malattia, Papa Francesco sperimenta quella stessa consolazione che lui stesso ha sempre predicato. La Chiesa intera, come ha sottolineato Zuppi, deve essere «madre che non lascia mai soli, segno di speranza concreta».
L’Arcivescovo ha ricordato che la vera speranza cristiana è la certezza che, nonostante la sofferenza e la morte, «la vita non è tolta, ma trasformata». Un messaggio potente, che risuona forte mentre il Papa, con la sua infermità, continua a testimoniare l’importanza di un amore che non abbandona e che rende preziosa ogni esistenza.
Gesù stesso, ha ricordato Zuppi, ha vissuto e insegnato questa prospettiva: «Piange ed è consolato. Non piange su di sé, non si commisera. Piange sugli altri e per questo è consolato». La malattia può essere un momento di dolore, ma anche un’occasione per sperimentare una vicinanza autentica, un amore che si fa concreto nella cura. «L’ospedale è luogo di condivisione vera. Ci si rende conto, che siamo ‘angeli’ di speranza».
Infine, Zuppi ha sottolineato la necessità di un impegno collettivo per sostenere i più deboli: «La cura per loro è un inno alla dignità umana, un canto di speranza che richiede la coralità della società intera». Un richiamo alla responsabilità di tutti, per non lasciare nessuno indietro, specialmente chi soffre.
L’omelia si è conclusa con una preghiera di affidamento a Maria: «Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio». Una supplica che oggi diventa corale, unita al desiderio di vedere Papa Francesco ristabilito nella salute e ancora guida sicura per la Chiesa. La malattia può essere una prova, ma nella prospettiva cristiana è anche occasione di speranza e di rinnovata fiducia nel mistero della vita eterna.